di Carlo Gregori
Gazzetta di Modena, 11 giugno 2022
Agenti che non sono accusati solo di lesioni ma in alcuni casi anche di tortura: i detenuti che li accusano, sette quelli presi in considerazione dalla Procura come parti offese, raccontano scene spettrali di violenza perpetrate subito dopo la sedazione della rivolta che aveva portato alla devastazione di buona parte del carcere di Sant’Anna e a un incendio.
“Come loro difensore non posso che ribadire la massima fiducia nella giustizia e nella correttezza dei due operatori della polizia penitenziaria e soprattutto la loro estraneità da ogni accusa e addebito nei loro confronti”. Con queste parole l’avvocato Cosimo Zaccaria si esprime sul coinvolgimento nell’inchiesta sui presunti casi di pestaggi, abusi e gravi angherie di due dei cinque agenti della polizia penitenziaria di Modena indagati per i gravi fatti dell’8 e 9 marzo 2020. Tre uomini e due donne.
Agenti che non sono accusati solo di lesioni ma in alcuni casi anche di tortura: i detenuti che li accusano, sette quelli presi in considerazione dalla Procura come parti offese, raccontano scene spettrali di violenza perpetrate subito dopo la sedazione della rivolta che aveva portato alla devastazione di buona parte del carcere di Sant’Anna e a un incendio. Violenze su detenuti che si dichiaravano apertamente estranei ai gruppi di facinorosi e rivoltosi che avevano messo a ferro e fuoco la struttura carceraria modenese restata poi parzialmente inagibile a lungo.
Era noto da molti mesi che almeno tre agenti della penitenziaria fossero indagati per questo terzo filone di indagine (il primo, ormai in chiusura, salvo altre proroghe, riguarda l’individuazione dei responsabili delle devastazioni, il secondo, archiviato, i nove detenuti morti, ufficialmente tutti per metadone). Ora grazie all’atto di richiesta per la proroga delle indagini pubblicato per sommi capi ieri dal quotidiano Il Domani, si viene a sapere che sono cinque gli agenti sotto indagine. E che sono tutti ancora in servizio nelle carceri. E che uno di questi è persino un sindacalista del Sappe, la sigla più nota tra gli addetti carcerari.
Una figura bene in vista che è intervenuta spesso per denunciare le condizioni vessatorie degli agenti in carcere, le tensioni a Sant’Anna ed è intervenuto per denunciare le violenze che alcuni detenuti hanno compiuto contro gli agenti anche sulla “Gazzetta”.
È uno dei due funzionari della penitenziaria difesi dall’avvocato Zaccaria. Non è noto in merito a quali episodi specifici sia accusato. Si sa invece che i racconti delle parti offese riportano scene di violenze e brutalità confermate dai detenuti anche alle pm Francesca Graziano e Lucia De Santis dopo le denunce e gli esposti scritti della scorsa estate.
Una decisione per loro ad alto rischio di ritorsione alla quale si sono esposti per far conoscere ciò che si sussurrava fin dai primi giorni ma che nessuno aveva fino allora mai osato dire: che subito dopo la rivolta, oltre ai detenuti in grave stato caricati su camionette e bus per altre carceri (ne moriranno quattro), c’era stata una “macelleria”, un pestaggio sistematico e indistinto contro un gruppo di detenuti. Accuse pesanti, certo, ma che ora hanno messo in modo la macchina giudiziaria degli accertamenti. Proprio perché vuole vederci chiaro, la Procura ha chiesto altri sei mesi di tempo.