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di Giorgia De Cupertinis

Il Resto del Carlino, 31 luglio 2023

La Corte Europea ha ritenuto ammissibile il ricorso dei familiari di un detenuto morto durante la rivolta nel carcere Sant’Anna. Il Governo è chiamato a rispondere alle presunte violazioni della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo.

Mancata protezione dei soggetti fragili da parte dello Stato e mancanza di indagini difensive. Ma anche rimedi interni che non sarebbero stati efficaci e assenza di comunicazione relativamente alla pandemia. E ancora: violazione del divieto di effettuare trattamenti inumani e degradanti. La Corte Europea ha ritenuto ammissibile il ricorso presentato dai familiari, ovvero il padre ed il fratello di uno dei nove detenuti deceduti durante la maxi rivolta nel carcere Sant’Anna dello scorso 8 marzo 2020. I parenti della vittima hanno infatti presentato ricorso attraverso i propri legali, l’avvocato del foro di Milano Barbara Randazzo e dall’avvocato Luca Sebastiani, membro dell’osservatorio carcere della camera penale di Bologna. Ora il Governo è chiamato a rispondere ai quesiti posti dalla Corte Europea relativamente alle presunte doglianze relative a diversi articoli della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Del ricorso, così come della strage avvenuta durante la rivolta ma anche della condizione delle carceri italiane si è parlato la settimana scorsa alla festa dell’Unità di Bosco Albergati, alla presenza degli avvocati, di Giuditta Pini della direzione nazionale del Pd e del consigliere regionale Federico Amico.

“Il giudizio interno si è aperto e concluso nell’ambito di neppure di un grado di giudizio, essendoci stata un’archiviazione per i nove decessi dei detenuti - spiega Barbara Randazzo - con questa archiviazione è stata chiusa definitivamente una vicenda senza che fosse stata fatta chiarezza sulle dinamiche che hanno dato luogo ai fatti”.