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di Roberta Polese

Corriere del Veneto, 17 dicembre 2023

Duro l’ex sindaco di Padova Zanonato, addolorati Casarini e Caccia. Sul ruolo del leader operaista la politica si è sempre divisa. Toni Negri è morto ieri alle cinque del mattino nella sua casa di Parigi, aveva 90 anni. A darne notizia è stata sua moglie Judith Revel. Era nato a Padova nel rione Palestro, poco lontano dal suo liceo, il classico Tito Livio. “Essere comunista per me voleva dire conoscere un futuro nel quale avremmo conquistato il potere di essere liberi, di lavorare meno, di volerci bene”. Il 17 agosto del 2023 Toni Negri aveva rilasciato una lunga intervista sul sito Euronomade. Era il suo testamento.

Antonio Negri era nato a Padova nel 1933 nel rione Palestro, quartiere popolare della città, poco lontano dal suo liceo, il classico Tito Livio. Nella sua biografia “Storia di un Comunista”, Negri racconta la sua vita all’ombra del Santo. Parla della madre vedova forte e coraggiosa, e di una ferita dolorosa, quella del fratello Enrico, che a 17 anni si arruola nell’esercito di Salò e poco dopo muore suicida - almeno questo dicono i documenti- per non farsi catturare dai partigiani. Un eroe fascista, dicono alla famiglia.

È l’infanzia di quello che molti anni dopo diventerà il “cattivo maestro” più noto d’Europa. Un epitaffio immeritato dicono in molti, un appellativo giustificato dai tempi e dal contesto, dicono altri. Certamente fu una figura radicale, “divisiva”. Mosse i primi passi nell’azione cattolica e poi fu socialista prima di votarsi al comunismo. Fondatore di Potere Operaio, e poi di Autonomia operaia nel 1973, Negri portava avanti la sua luminosa carriera universitaria diventando professore di Dottrina dello Stato a Scienze politiche a Pami dova, e dando corpo e sostanza alla corrente di pensiero dell’operaismo.

Il suo nome è legato a quello del “processo 7 aprile”, la retata del 1979 che portò in carcere professori, assistenti, studenti e sindacalisti sotto l’egida del “Teorema Calogero” che creava un collegamento diretto tra Autonomia e le Br. Il procuratore Pietro Calogero venne smentito dalle sentenze: Negri e gli altri intellettuali vennero assolti da questa accusa dopo oltre cinque anni di detenzione preventiva: i giudici non trovarono alcun collegamento tra gli atti sovversivi delle Br e i militanti della sinistra extraparlamentare.

A carico di Negri cadde l’accusa di sovversione armata, rimase quella di associazione sovversiva e la partecipazione, sotto il profilo del concorso morale, alla rapina di Argelato in cui morì il brigadiere dei carabinieri Andrea Lombardini. La condanna fu a 12 anni di carcere. Mentre era in cella Negri ricevette la proposta di candidarsi con i Radicali, venne eletto con oltre 13mila voti, uscito di prigione si rifugiò in Francia, protetto dalla “dottrina Mitterand” prima che il Parlamento votasse la sua autorizzazione a procedere nei suoi confronti. I rapporti con Marco Pannella si interruppero subito con molte polemiche da ambo le parti.

La morte di Negri non poteva lasciare indifferenti le molte anime della città in cui il docente ha vissuto per anni. “Per me era un padre - afferma Luca Casarini, ex leader dei centri sociali del Nordest, tra i fondatori di Mediterranea - è morto ma dovremmo gioire, ha avuto una vita straordinaria e lunga, ha cresciuto, gli devo molto, lui e Papa Francesco sono i miei modelli di ispirazione”. “Era stato a Venezia l’estate scorsa - gli fa eco Beppe Caccia, altro suo “allievo” - abbiamo passato una lunga serata alle Zattere a chiacchierare, un congedo che non dimenticheremo mai”.

Ma non mancano le voci critiche. Quelle dell’anima del Pci del tempo, che Negri contestava accusando il partito di essere stato soggiogato dall’impasto di potere che preannunciava il compromesso storico. “Non potrò mai dimenticare quegli anni - racconta l’ex sindaco Flavio Zanonato, all’epoca dirigente del Pci - vivevamo nel terrore di pestaggi e rappresaglie - spiega - molti docenti vennero picchiati, il professor Angelo Ventura venne fucilato a un piede, venne colpito anche il professor Oddone Longo, poliomielitico, e non furono i soli, le aggressioni erano all’ordine del giorno racconta - nei confronti di Negri ci sono sentenze che parlano chiaro, era a capo di un movimento partecipato da molti violenti, non ho nulla di personale contro di lui, il mio libretto universitario porta la firma di un suo 30 all’esame universitario che feci con lui, ma ha avuto pesanti responsabilità”. “Sono stato picchiato da esponenti di Autonomia operaia a

Monselice - spiega Piero Ruzzante, negli anni 80 segretario provinciale della Figc - furono tempi difficili, la non violenza contribuì, negli anni successivi, a creare un terreno di dialogo comune che appianò i dissensi”. Negli ultimi mesi Negri si era fatto sentire con alcuni amici storici, come Lauso Zagato, già docente di Diritto Internazionale a Ca’ Foscari a Venezia, anche lui finito nel blitz del 7 aprile: “Ci eravamo confrontati sulla guerra tra Russia e Ucraina, e mi aveva confidato di essere in grande crisi: “Non credevo che la Russia avrebbe invaso”, mi disse “adesso devo riflettere perché mi ero sbagliato”, ha dimostrato grande onestà intellettuale che lo portava a ritornare sui propri passi, aveva bisogno di tempo per formulare nuovi pensieri, ammettere gli errori non è cosa comune tra gli intellettuali”.