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di Viola Giannoli

La Repubblica, 10 maggio 2022

L’attivista, affetto da artrite reumatoide, era stato assolto nel processo per detenzione di droga. Coltivava la marijuana per curarsi. Si è spento nella notte di domenica Walter De Benedetto. La sua malattia, la sua storia, il suo processo (finito con una assoluzione piena) e, sopra tutto, la sua battaglia erano diventati un simbolo per tanti: tutti quei malati che, tra intoppi medici e burocratici, cercano sollievo nella cannabis terapeutica.

“Con il suo coraggio è riuscito a portare il tema della cannabis terapeutica, e di tutte le difficoltà in cui incorrono i pazienti che ne fanno uso, all’attenzione dell’opinione pubblica. È stato costretto a fare una cosa che nessun paziente dovrebbe fare: rendere pubblico il suo dolore” ha scritto Antonella Sodo, coordinatrice della campagna Meglio Legale.

De Benedetto aveva 50 anni, ne avrebbe compiuti 51 ad agosto. Da 36 la sua vita era cambiata e conviveva con una forma grave di artrite reumatoide. Per questo, oltre alle cure, aveva una prescrizione medica per la cannabis terapeutica. I quantitativi scarsi e le difficoltà nel reperirla lo avevano però costretto, per non rivolgersi al mercato nero, a coltivare qualche piantina nel suo giardino. I carabinieri si erano presentati nel 2020 a casa sua, Walter era stato denunciato e poi, nel 2021, indagato dalla procura di Arezzo. Così, oltre a quella della vita, ha affrontato anche una battaglia legale: un processo con rito abbreviato da cui era uscito assolto nell’aprile dello scorso anno. I giudici avevano riconosciuto la coltivazione non a fini di spaccio ma per uso medico.

Tante volte si era rivolto alla politica: al presidente della Camera Roberto Fico prima e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella poi. E ancora, dopo il giudizio in tribunale, non si era fermato e in seguita alla bocciatura del referendum sulla cannabis si era appellato nuovamente a Fico, alla ministra con delega alle politiche antidroga Fabiana Dadone e al presidente della commissione Giustizia Mario Pierantoni per chiedere una approvazione della legge sulla coltivazione di massimo 4 piantine di cannabis per uso personale. Una richiesta alla quale la ministra aveva risposto, aprendo alla legge: “Basta giochi di palazzo, sì alla coltivazione”.

In questo suo ultimo appello al Parlamento, Walter scriveva: “Ci sentiamo scoraggiati perché sembra che il nostro Stato preferisca lasciare 6 milioni di consumatori nelle mani della criminalità organizzata anziché permettergli di coltivarsi in casa le proprie piantine” e concludeva, come sempre, ricordando a tutti che “Il dolore non aspetta”.

Le sue richieste, però, sono finora andate a vuoto. De Benedetto è morto questa notte, prima di vedere quella legge avanzare. Marco Cappato ha ricordato: “La prima volta che sono stato a casa di Walter era perché voleva parlare del suo fine vita. Da allora, invece, ha scelto di battersi come un leone contro l’idiozia e la violenza di uno stato che l’ha portato alla sbarra perché si doveva curare con la cannabis. Ha vinto la sua battaglia processuale, non abbiamo fatto in tempo a vincere con lui in Parlamento o col referendum la battaglia politica per la legge. Andiamo avanti, anche in sua memoria”. Riccardo Magi, che a De Benedetto aveva ceduto marijuana, aggiunge: “Ha lottato tanto, non solo contro la malattia ma per cambiare questo Paese. Ora si approvi la legge che lui avrebbe voluto”. “Da vero leader gentile ha fatto della sua sofferenza una battaglia di e per molti. Noi continueremo la sua e la nostra lotta con maggiore forza e determinazione, come lui ci ha insegnato”, ha sottolineato Sodo.