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di Riccardo Noury*

Corriere della Sera, 26 agosto 2024

Il 25 agosto 2017 le forze di sicurezza di Myanmar lanciarono un attacco su vasta scala e sistematico contro i villaggi rohingya, dopo che un gruppo armato chiamato Esercito di salvezza dell’Arakan aveva portato a termine attacchi mortali contro posti di polizia. Arakan è un altro nome utilizzato per lo stato di Rakhine. La risposta delle forze armate di Myanmar si basò su esecuzioni extragiudiziali, distruzione di proprietà, incendi e saccheggi e aggressioni sessuali. A seguito delle cosiddette “operazioni di pulizia” militari, più di 740.000 donne, uomini, bambine e bambini rohingya fuggirono dal nord dello stato di Rakhine verso il vicino Bangladesh.

Amnesty International affermò che gli attacchi del 2017 contro i rohingya equivalevano a crimini contro l’umanità, raccomandando che almeno una dozzina di alti ufficiali venissero indagati per il loro ruolo nelle violenze, incluso il generale Min Aung Hlaing. La Corte penale internazionale sta indagando sui presunti crimini commessi nel 2016 e 2017 contro la popolazione rohingya, ma solo su quelli commessi in parte nel territorio del Bangladesh o di altri stati, poiché Myanmar non ha ratificato il suo Statuto.

Min Aung Hlaing non è mai stato chiamato a rispondere delle sue azioni e il 1° febbraio 2021, a seguito di un colpo di stato militare, è stato chiamato a presiedere il neocostituito Consiglio di amministrazione dello Stato. Da allora soldati, agenti di polizia e milizie sostenute da quell’organismo hanno ucciso più di 5000 civili. Amnesty International ha documentato maltrattamenti e torture, detenzioni arbitrarie e attacchi aerei illegali da parte dell’esercito di Myanmar. Ma non basta. Gli attacchi mortali contro i rohingya nello stato di Rakhine sono ripresi a causa dell’intensificarsi del conflitto tra le forze governative e l’Esercito dell’Arakan.

L’esercito di Myanmar ha risposto alle perdite sul campo con devastanti attacchi aerei che hanno ucciso rohingya e civili di etnia rakhine. Gli attacchi hanno preso di mira aree civili, distruggendo case, mercati e altre infrastrutture civili. A sua volta, l’Esercito dell’Arakan è sempre più accusato di atrocità.

L’avanzata dell’Esercito dell’Arakan nella città settentrionale di Buthidaung, nello stato di Rakhine, ha provocato incendi su vasta scala il 17 maggio e causato lo sfollamento di migliaia di residenti rohingya. Inoltre, il 5 agosto, un attacco che i sopravvissuti hanno attribuito all’Esercito dell’Arakan ha ucciso un numero imprecisato di civili rohingya in fuga dalla città di Maungdaw, vicino al confine con il Bangladesh. L’Esercito dell’Arakan ha negato di essere responsabile dell’attacco. Nel frattempo, il Bangladesh continua a ospitare per il settimo anno consecutivo e in condizioni precarie quasi un milione di rifugiati rohingya. L’anno scorso, almeno 12.000 rifugiati nei campi sono rimasti senza tetto a causa di incendi devastanti e dell’impatto del ciclone Mocha. Le gravi carenze di finanziamenti hanno portato all’insicurezza alimentare nei campi, oltre a carenze nell’assistenza sanitaria e nell’istruzione.

*Portavoce di Amnesty International Italia