di Francesca Sabella
Il Riformista, 15 febbraio 2023
Esiste una giustizia che cura le ferite, che lenisce e non annulla il dolore procurato, una giustizia nella quale il “carnefice” si specchia negli occhi dei familiari della vittima, per comprendere, per scendere nell’abisso del male che ha fatto e per risalire in superficie. Magari tornando a respirare. È la giustizia riparativa. A differenza della giustizia retributiva che ha come scopo primario attribuire colpe, quella riparativa è tesa a identificare bisogni e compiti in modo che le cose possano ritrovare il loro giusto posto, e soprattutto incoraggia al dialogo.
E nel carcere di Secondigliano c’è stato un dialogo tra i detenuti e i familiari delle vittime innocenti di camorra. “Le occasioni di riflettere sui propri errori e di avere una seconda chance devono essere date a tutti, a prescindere da che si ci penta oppure no” ha spiegato il Garante delle persone private della libertà personale della Campania, Samuele Ciambriello, nel corso di un incontro nell’ambito del progetto Parole in libertà che si è tenuto nella Casa circondariale di Secondigliano tra i detenuti di Alta sicurezza - reparti Ionio, Tirreno e Ligure - e due familiari di vittime innocenti della camorra.
A portare le proprie testimonianze Bruno Vallefuoco, padre di Alberto, ucciso insieme ai suoi due amici Salvatore De Falco e Rosario Flaminio il 20 luglio del 1998, e Giuseppe Miele, fratello di Pasquale, freddato il 6 novembre del 1989 perché si opponeva al pagamento del pizzo sulla loro azienda. All’appuntamento ha preso parte anche don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis, che ha ricordato come “la bellezza salva il mondo, intendendo la bellezza come condivisione di amore e di dolore”.
“Chi si trova recluso - ha aggiunto Ciambriello - deve avvertire la responsabilità; le famiglie che ha lacerato, la sua stessa famiglia che non si trova più a vivere. Si deve chiedere come posso riparare. Del resto, è anche quello che afferma la riforma Cartabia, esprimendo il concetto di giustizia riparativa”. Domani il dialogo si ripeterà nella Casa circondariale di Poggioreale con i detenuti del reparto Firenze. Perché la consapevolezza di voler cambiare vita, e che si è sempre in tempo a farlo, passa per la consapevolezza del dolore procurato.