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di Gennaro Scala

Corriere della Sera, 30 aprile 2024

Al prete anticamorra hanno prima danneggiato e poi rubato l’auto. Rafforzata la vigilanza sia diurna che notturna. “Lo Stato non ci abbandoni”.

L’auto prima danneggiata e poi rubata. Don Merola, ancora minacce? Ci risiamo? Cosa è accaduto?

“Sotto casa alcuni giorni fa la mia auto, una Smart, fu forzata per portare via un lampeggiante che era all’interno. Poi, nella notte tra il 23 e il 24 aprile, l’auto è sparita”.

Che reazione ha avuto?

“Mi sono messo a cercarla insieme alla polizia ed è stata ritrovata a Scampia. Completamente inutilizzabile. Ho sentito Bruno Corda, il prefetto che si occupa dei beni confiscati che, a nome del ministro, ha annunciato che metterà a disposizione della mia fondazione due auto sottratte alla criminalità”.

Don Luigi Merola, il sacerdote anticamorra, è il padre della fondazione “‘A voce d”e creature” grazie alla quale, in circa venti anni, ha salvato moltissimi ragazzi di strada. Ha vissuto sotto scorta a causa delle minacce della criminalità, in località protetta per anni e l’incubo non è finito. Anzi, è ritornato ancora una volta. Tanto che ieri il prefetto di Napoli, Michele Di Bari, ha disposto il rafforzamento della sorveglianza diurna e notturna.

Dopo il furto ha chiesto di non essere lasciato solo. Come mai?

“Perché sono un personaggio scomodo. Contro non ho avuto solo la camorra, ma a volte anche parte delle istituzioni. Con la fondazione togliamo la manovalanza ai clan, facciamo prevenzione sociale con la cultura, allo Stato chiedo di non indugiare sulla sola repressione”.

Cosa manca per fare la differenza?

“Bisogna investire sui bambini, perché nessun bambino nasce delinquente. In 18 anni abbiamo salvato 1.300 ragazzi dando loro un lavoro. E li seguiamo tutti. Molti lavorano nella Dlm (acronimo di Don Luigi Merola, ndr) ad Alessandria, un’azienda che si occupa di trasporti”.

Quanti sono i ragazzi a rischio accolti nella fondazione?

“Centocinquanta, tutti minorenni di età compresa tra i 6 e i 17 anni. Per loro facciamo un doposcuola a titolo gratuito. Da questo arriva l’appello a sostenerci. Spendiamo 300 mila euro all’anno e abbiamo dieci dipendenti a tempo indeterminato, ma siamo una realtà da preservare. L’evasione scolastica si è ridotta dal 40 al 18%”.

Come si accede?

“Dopo il decreto Caivano, grazie a una segnalazione che passa per il Tribunale. Prima, invece, dalle segnalazioni che arrivano dalle scuole”.

Lei è diventato un sacerdote simbolo quando era a Forcella, minacciato dalla camorra per il suo impegno per il rione. Cosa l’ha portata a dichiarare guerra ai clan?

“Ho 52 anni, a Forcella ci andai da 30enne. Mi accorsi che il controllo della criminalità era capillare. Una volta, mentre benedicevo una casa, mi fecero benedire anche le piante sul balcone: era cannabis, non lo sapevo.

Quando chiesi spiegazioni mi risposero che quello era il loro pane. Denunciai ed ebbi le prime intimidazioni. Nei giorni seguenti cominciai ad andare a casa dei bambini che non andavano a scuola per portarceli io. Poi nel 2004 ci fu l’omicidio di Annalisa Durante. Fu un punto di svolta. In un’intercettazione si fece riferimento all’intenzione della camorra di volermi eliminare. Fui trasferito in località protetta e mi fu dato un altro lavoro. Con i soldi guadagnati in quel periodo, presi in gestione una villa confiscata a un boss per farne la sede della Fondazione”.

Ma non si è mai tirato indietro...

“Quando ho lasciato Forcella non sono andato in pensione. C’è ancora tanto da fare. Secondo me il procuratore Gratteri fatica a prendere sonno, per quanto c’è da fare a Napoli”.

La scorta non ce l’ha più?

“No, ho una vigilanza dinamica (ora rafforzata). Ma la scorta non si chiede, a una scorta non si aspira: avere la scorta significa che la società civile ha fallito. Il mio capo scorta si chiama Gesù”.