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di Mariella Parmendola

La Repubblica, 2 luglio 2023

In sette o otto in una cella per quattro detenuti. Vivendo con il caldo di questi giorni di fine giugno in uno spazio stretto, dove il cucinino per farsi da mangiare e il gabinetto sono a poca distanza l’uno dall’altro. Lo sguardo di Ivan Scalfarotto, in visita ieri al carcere di Poggioreale, cade più volte sui luoghi affollati del penitenziario, quando un ragazzo ferma il parlamentare di Italia Viva e chiede al direttore Carlo Berdini che lo accompagna: “Quando potremo tornare a giocare nel campo di calcio?”.

Il senatore è stato per due ore nell’istituto penitenziario più popolato d’Italia. A Napoli l’emergenza sovraffollamento continua. Sono 2040 i detenuti rispetto ai 1600 previsti, 440 in più. “Ed è tutto troppo vecchio, andrebbe programmata una ristrutturazione generale” sottolinea Scalfarotto tracciando un bilancio della sua visita.

Una mattinata in cui ha incontrato anche chi si trova nell’ala di massima sicurezza, perché accusato di fare parte della criminalità organizzata. Il parlamentare del partito di Renzi è arrivato intorno alle undici nel carcere napoletano ed è andato via dopo le tredici.

Prima di Poggioreale è stato nelle carceri di Torino, Milano e Bologna: “È un mondo invisibile alla maggioranza e invece è la cifra della democrazia. In passato sono stato anche a Roma”.

Quindi il raffronto è automatico: “A Napoli come situazioni di degrado siamo nella media degli altri istituti. A rendere tutto più complicato è però la condizione della struttura e gli spazi. Nelle stanze da due vivono in modo estremo. Sono veramente strette”. Eppure nonostante la situazione di emergenza quella richiesta arrivata da un giovane detenuto non lo sorprende. “Per quel ragazzo, da poco arrivato dal carcere minorile, non è facile. Dovrà restare lì molti anni. Perciò la sua maggiore preoccupazione è recuperare un po’ di vita normale. Ha gli stessi desideri di chi è fuori” spiega il senatore.

Ma al momento le partite sono annullate, c’è un problema alla pavimentazione del campo e devono essere fatti i lavori. Come sarebbe necessario ovunque. “Quello che colpisce di Poggioreale è la condizione di sovraffollamento e il fatto che si tratta di un edificio troppo vecchio. Pensato senza i criteri della modernità. Le docce ad esempio sono ancora a vista. Nonostante ci sia grande attenzione alle condizioni della vivibilità da parte della direzione”.

A risentirne di più sono le attività formative che dovrebbero servire nel post detenzione a chi è stato in cella per trovare un lavoro o il suo posto nella società. “Ho visitato la falegnameria, i laboratori e la tipografia, che ad esempio è molto bella. Ma i detenuti sono troppi. Una piccolissima percentuale riesce ad essere inserito”. “In un laboratorio - spiega - c’erano 25 detenuti che seguivano un corso di formazione per operai. Ma ci si ferma all’uno per cento”. E in questo caso scatta di nuovo il raffronto con le altre realtà nel Nord Italia. Riflette Scalfarotto: “Lì svolgono un ruolo anche gli imprenditori. Si tratta di carceri dove ci sono quasi esclusivamente stranieri e problemi di mediazione culturale. A Napoli mi ha colpito come siano quasi tutti campani, ma le criticità dell’economia esterna si riflettono dentro. A Bologna in carcere ho trovato una fabbrica. A Poggioreale il nulla”.