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di Paolo Popoli

La Repubblica, 23 dicembre 2022

Sovraffollamento, i restauri della struttura e il tema del recupero sono al centro dell’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, con la partecipazione per la prima volta del sindaco Manfredi che invita a una maggiore apertura della città.

“Se non fossi stata qui con voi oggi, per me non sarebbe stato Natale”: le parole di Giuseppina Salvia strappano l’applauso caloroso dei centoventi detenuti del carcere di Poggioreale invitati stamani nella cappella dell’istituto di pena per il pranzo di Natale, iniziativa organizzata dal 2004 dalla Comunità di Sant’Egidio e tornata dopo due anni di fermo per la pandemia.

La vedova di Giuseppe Salvia, il direttore assassinato dalla camorra nel 1981 e a cui è intitolato l’istituto, è tra i 50 volontari in sala con il figlio Claudio, subcommissario prefettizio a Casamicciola, per poche ore lontano dall’isola colpita dalla frana del 26 novembre per assistere i reclusi in questa giornata speciale, tanto da indossare un costume di Babbo Natale e distribuire loro una confezione regalo con cioccolato, caffè ed effetti personali da una slitta costruita da detenuti e agenti della falegnameria: “Lo faccio da dodici anni, per lanciare loro un messaggio nel solco dei principi di mio padre che teneva alla rieducazione dei detenuti”.

Tra le sedici tavolate con tovaglie rosse siedono altri volontari e imprenditori come Rossella Paliotto, sostenitrice del pranzo assieme ad altri sponsor. E partecipano con il direttore dell’istituto Carlo Berdini e con Antonio Mattone della Comunità di Sant’Egidio, per la prima volta il sindaco Gaetano Manfredi assieme alla presidente del Tribunale di sorveglianza Patrizia Mirra, il presidente del Tribunale di Torre Annunziata Ernesto Aghina, l’onorevole Alfonso Andria, il vescovo ausiliare Gaetano Castello e il garante dei detenuti Samuele Ciambriello.

Il pranzo è soprattutto per i detenuti meno abbienti e più soli, sia stranieri, sia quelli che hanno pochi colloqui. Suor Lidia, 86 anni e 41 di attività a Poggioreale, assiste due giovani ucraini finiti nel tunnel della droga e poi in carcere: “Ricordo la cena del 24 a casa di mia nonna - racconta uno di loro, Maxim, di credo cattolico - Da quando la mia famiglia non c’è più sono partito per l’Italia, ho sempre lavorato. Poi a Napoli ho provato la droga e ci sono caduto. Ho sbagliato. Ma io e il mio amico ci stiamo disintossicando, vogliamo recuperare le nostre vite”.

M., napoletano, ha invece seguito in carcere un corso di pizzaiolo e ora è in un periodo di messa alla prova. Per Natale avrà un permesso premio per stare con i familiari: pochissimi, tra i 120 presenti e i 2150 reclusi a Poggioreale, hanno questa opportunità. “L’assenza dei propri affetti rende il periodo delle feste tra i più duri. Anche per questo c’è cerchiamo di offrire un’apertura e una socialità maggiori”, spiega Gaetano Diglio, comandante della polizia penitenziaria dell’istituto “Giuseppe Salvia” diretto da Carlo Berdini.

Si concede, ad esempio, qualche visita straordinaria in più o, ancora, la consegna da casa di qualche piatto tipico del Natale, purché preparato secondo le regole per non introdurre oggetti non consentiti in carcere. “Il sapore dell’insalata di rinforzo mi riporta a casa - aggiunge un detenuto del padiglione Genova - Quanto mi farebbe piacere poter mangiare di nuovo un calamaro alla brace”. Il pranzo scorre con una convivialità serena. Emozionante il brindisi finale, preceduto da un piccolo show di Alan De Luca a cui è stato donato un presepe realizzato dai detenuti.

Ma dopo? Restano in primo piano i problemi storici delle carceri italiane, dove nel 2022 si è registrato il numero più alto di suicidi di sempre, 82, tra cui quello di dieci giorni fa di un trentenne padre di due gemelli proprio a Poggioreale. “Rappresentano una sconfitta e sono situazioni complesse, che a volte sfuggono perché senza segnali apparenti - spiega il direttore Berdini - Tutti i giorni ci confrontiamo con tentativi di suicidio, ogni caso è seguito da un team di esperti interdisciplinare. C’è impegno da parte delle istituzioni centrali, lo ha ribadito la visita del ministro Nordio un mese fa, sia con l’invio di tecnici e di educatori, sia con la ristrutturazione in corso di alcune strutture del carcere. Questo è uno dei problemi storici di Poggioreale, assieme alla carenza di personale e al sovraffollamento”.

Il numero ottimale è massimo d1800 detenuti, attualmente ce ne sono 2150: “Quasi un terzo dei 6840 dei 15 istituti della Campania e comunque un numero maggiore dei 2104 di tutti gli undici istituti della Calabria - aggiunge però Ciambriello - Il tema delle strutture è fondamentale, il carcere deve essere a misura d’uomo, a Poggioreale ci sono anche celle con dieci persone, il recupero diventa sempre più difficile così. Solo il 30 per cento di loro non fa ritorno in carcere: ed è chi ha incontrato un cappellano, una cooperativa, un corso di formazione o chi ha vissuto momenti come il pranzo di Natale, ponte con l’esterno e occasione per riflettere sulle proprie responsabilità”.

Ciambriello ricorda come Poggioreale sia “il carcere più sovraffollato d’Europa, ma anche quello con il maggior numero di volontari”: volontari, come quelli di Sant’Egidio e non solo, elogiati da Berdini perché fondamentali per il recupero dei detenuti, fino a rendere il carcere più aperto alla città.

A riprendere il concetto è il sindaco Manfredi, che da rettore della Federico II avviò il polo universitario a Secondigliano, sede di laurea per i detenuti: “La dignità della pena è un diritto costituzionale e bisogna dare a tutti una opportunità, soprattutto di lavoro: la città non dimentica questi suoi cittadini. E chi ha voglia di fare, troverà in noi sempre un appoggio”. “Alla formazione segua un reale accompagnamento al lavoro per i detenuti”, aggiunge Mattone, che con la Comunità di Sant’Egidio terrà sette pranzi in altrettante carceri per 600 detenuti, in attesa della visita dell’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia il 31 a Poggioreale.