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di Viviana Lanza

Il Riformista, 28 maggio 2022

“Vogliamo l’assoluzione piena”. Sette agenti della polizia penitenziaria, imputati nel processo sulla cosiddetta “cella zero” del carcere di Poggioreale, la cella più temuta dove, secondo l’accusa, venivano portati i detenuti da punire con flessioni e botte, hanno presentato una rinuncia, qualora dovesse sopraggiungere, alla prescrizione dei reati. Il Riformista lo aveva anticipato. Ieri in udienza la formalizzazione della richiesta.

Il processo sulle presunte violenze in carcere dura da anni, ebbe inizio nel 2018 in relazione a fatti contestati che risalgono al 2012. Il tema della prescrizione è tema dibattuto in questo processo. L’avvocato Marcello Severino, del collegio di difesa, ha voluto chiarire che “gli imputati già dall’inizio del processo hanno manifestato la volontà di rinunciare alla prescrizione qualora fosse maturata”. Oltre agli agenti difesi dall’avvocato Severino, anche quelli assistiti dagli avvocati Mino Capasso, Carlo De Stavola e Marco Monica hanno optato per la stessa richiesta. Chiedono ai giudici di esprimersi nel merito delle accuse, dei fatti contestati. Sotto processo sono in dodici, a vario titolo chiamati a rispondere di reati che vanno dall’abuso di potere ai maltrattamenti.

Accuse nate dalla denuncia di quattro ex detenuti del carcere di Poggioreale, che presero coraggio e raccontarono all’allora garante dei detenuti e poi agli inquirenti il metodo con cui chi osava rispondere o sostenere lo sguardo di un poliziotto sarebbe stato punito. “Il metodo Poggioreale”, si disse. Un’espressione che si è ascoltata anche nelle chat intercettate fra agenti indagati per i pestaggi del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Solo una coincidenza, una suggestione? Chissà. I detenuti hanno raccontato l’orrore della cella zero, gli agenti si sono difesi negando le accuse. Il processo riprenderà tra qualche settimana. È ancora nella fase del dibattimento.