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di Paolo Foschini

Corriere della Sera, 23 settembre 2023

Durante il suo duplice mandato da presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sempre considerato la Giornata internazionale e gli Stati generali del volontariato un appuntamento irrinunciabile: “Una grande scuola di solidarietà di cui abbiamo grande bisogno”. Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica, è morto a Roma oggi, 22 settembre 2023. Questo articolo ripercorre il profondo rapporto che l’ex capo dello Stato aveva con il mondo del volontariato.

Un “bene da difendere, promuovere e sviluppare nell’interesse generale”. Una “linfa vitale della nostra convivenza” e un “elemento distintivo della qualità della nostra democrazia”. Un “contributo essenziale per la creazione di un diffuso capitale sociale”. Ecco: sono solo alcune tra le definizioni con cui Giorgio Napolitano, da presidente della Repubblica, ha espresso a più riprese e in modo sistematico il suo apprezzamento per il volontariato non solo come impegno concreto ma come sistema di valori. Durante il suo duplice mandato di Capo dello Stato, tra il 2006 e il 2015, la Giornata internazionale del volontariato che si celebra il 5 dicembre ha sempre rappresentato per lui un appuntamento di quelli segnati in agenda un anno per l’altro. Così come gli Stati generali dedicati ai volontari della Protezione civile, tradizionalmente convocati a metà aprile. Sempre con lucidità e senza retorica.

Era il 2007, per esempio, quando inaugurando a Napoli la quinta Conferenza nazionale del volontariato Napolitano aveva esordito ricordando che “il volontariato non può certo sostituire il servizio pubblico” anche se può casomai “anticipare la risposta ai bisogni emergenti che le istituzioni non percepiscono ancora, integrando la qualità del servizio e contribuendo ad affermare la coesione sociale contro ogni fenomeno di disgregazione e di emarginazione”. Ma può realizzare eccome, invece, i principi di una “cittadinanza responsabile” e di una “partecipazione al bene comune” capace di “colmare il divario tra società civile e politica recuperando il significato più alto della politica”.

E di nuovo, nel 2009: “Questa realtà rappresenta per il nostro Paese una risorsa fondamentale sotto il profilo economico”, oltre che “sotto il profilo dell’etica civile”. Una azione, quella dei volontari, che “giova a chi la riceve ma anche a chi la svolge”. Che andrebbe non solo praticata, sottolineava già allora Napolitano, ma anche maggiormente divulgata: “I mezzi di comunicazione e noi stessi che lavoriamo nelle istituzioni siamo spesso troppo assorbiti dai comportamenti litigiosi, o comunque poco cooperativi, che caratterizzano la nostra società politica, e non guardiamo con sufficiente attenzione alle espressioni della nostra società civile, in particolare a quelle forme di aggregazione e associazione volontarie che sono capaci di favorire la coesione sociale. Dovrebbe costituire, invece, ragione di orgoglio e di conforto per il nostro Paese la loro capacità di produrre ricchezza sia materiale sia morale, il loro vero e proprio potenziale di innovazione”.

“Abbiamo bisogno di questa grande scuola di solidarietà - ribadì Napolitano l’anno successivo - che generosamente produce azioni, pratiche quotidiane e progetti i quali rappresentano un contributo essenziale per la creazione di un diffuso capitale sociale” attraverso cui perseguire “la promozione del rapporto solidale fra le generazioni, il sostegno agli strati emarginati della popolazione, l’impegno per realizzare percorsi di integrazione e comprensione reciproca in un’epoca di grandi flussi migratori”.

Ancora un 5 dicembre, questa volta 2012: con il volontariato “cresce il capitale sociale, fattore essenziale dello sviluppo economico”. E “di qui - concludeva allora il Presidente - l’auspicio che agli impegni ordinari e straordinari fatti propri dalle organizzazioni di volontariato corrisponda l’attenzione responsabile di tutte le istituzioni”.