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di Errico Novi

Il Dubbio, 10 giugno 2023

Limite di 2 pagine alle note d’udienza: cosa stabilisce il provvedimento sul quale il guardasigilli ha chiesto il parere del Cnf e del Csm. Prima di tutto, si tratta di uno “schema di decreto”. Vale a dire, il provvedimento sulla “corretta redazione” degli atti giudiziari non è ancora formalmente emanato. Ha la firma in calce del guardasigilli Carlo Nordio ma è stato trasmesso per i dovuti pareri (non vincolanti) al Consiglio nazionale forense e al Csm.

Si tratta di un provvedimento che attua, in termini di normazione secondaria, la riforma Cartabia del processo civile. E, come previsto dal decreto legislativo con cui, nello scorso ottobre, si è data definitiva attuazione al disegno della ex ministra, mira con stringati e stentorei vincoli a definire in quale forma d’ora in poi le parti, dunque gli avvocati, dovranno produrre qualunque atto del processo (con solo un vago accennai alle “regole” per i giudici). Una previsione che sembra o pretende di fissare un ordine ineledubile nella compilazione di qualunque documento. In base al “titolo” del decreto, più propriamente del “regolamento”, vi si disciplinano i “criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo”.

Come si vede, e prima ancora di segnalare i dettagli in gran parte anticipati, sul Dubbio di ieri, dal presidente del Cnf Francesco Greco nell’intervista pubblicata su queste pagine, l’impostazione risente molto dell’idea di dover rimodulare lo stile stesso del “dire giustizia”, da parte dell’avvocato, alle esigenze della telematica. Adattamento dietro il quale sembra realizzarsi un esasperato irrigidimento nella forma che si pretende di imporre al difensore, compressa e quasi anchilosata da quei “limiti” quantitativi accennati, come detto, nello stesso “nome” del provvedimento.

Nel chiedere al Cnf e al Csm i loro pareri, Nordio ricorda che il provvedimento andrà emanato entro il 30 giugno, e così introduce un vincolo non solo per i singoli avvocati ma per la loro stessa istituzione. Non è un caso che - almeno su questo punto della scadenza ravvicinatissima - il parere formalmente (e anche sostanzialmente) positivo già espresso dal Csm due giorni fa reclami un termine di entrata in vigore meno ravvicinato, in modo da non creare troppe difficoltà ai “professionisti”, che sono sempre gli avvocati.

Ora, il punto è che il Csm è sì l’organo di autogoverno della magistratura, ma è pur sempre composto anche da laici, cioè da professori e da avvocati appunto. Ad aver scritto materialmente il provvedimento è invece un Ufficio legislativo del ministero della Giustizia composto da magistrati in via quasi esclusiva. E al di là della suggestione robotica, non può sfuggire l’obiettivo di assicurare al giudice della causa civile una lettura la più agevole e veloce possibile - anche a costo di costringere l’avvocato a fare economia di argomenti. Sempre nell’ottica di dover realizzare l’efficienza prevista dagli accordi tra il governo italiano e l’Ue per la concessione dei fondi destinati al Pnrr, concessione subordinata, com’è noto, alla riduzione dei tempi processuali che, nel caso del civile, dovrà raggiungere la quota del 40 per cento entro il 2026.

Basta probabilmente la cornice, prima di illustrare il quadro, per comprendere come siamo in una logica essenzialmente compulsiva. In cui si inserisce appunto l’interesse della magistratura a una riduzione della quantità di pagine che ciascun giudice deve leggere. Da qui si spiega il sostegno, l’approvazione che proviene dall’ordine giudiziario rispetto al provvedimento. In una contrapposizione di interessi fra magistratura e avvocatura che mai, negli ultimi anni, era apparsa così stridente.

Riguardo a limiti, l’articolo 3 del regolamento li fissa in 50mila caratteri, “corrispondenti approssimativamente a 25 pagine” del formato acquisito come standard, per l’atto di citazione, la comparsa di risposta, gli atti di intervento e chiamata di terzi. Si scende a 25mila caratteri/13 pagine per memorie, repliche e per tutti gli altri atti del giudizio. E ancora, ed è uno degli aspetti più clamorosi, segnalato in modo molto critico da Greco nell’intervista di ieri, si fissa in 4.000 battute, corrispondenti a “due pagine”, la lunghezza massima delle note scritte in sostituzione dell’udienza.

Come ha rilevato il presidente del Cnf, considerato che anche in questi atti, come sancisce il decreto, vanno riepilogate tutte le “coordinate formali” dell’atto, lo spazio per i contenuti di merito si riduce a qualcosa di impalpabile. È vero che all’articolo 5 sono previste deroghe nei casi in cui “la controversia presenta questioni di particolare complessità”. Ma è chiaro come la diversa ottica con cui giudici e avvocati guardano a queste norme rischia di mettere i secondi in cattiva luce rispetto ai primi ogni volta in cui riterranno di reclamare l’eccezione.

È chiaro che agli Stati generali dell’avvocatura convocati per mercoledì prossimo a Roma, il decreto ministeriale sarà uno dei principali temi di discussione. Anche per le diverse letture che se ne possono dare. Ieri, tra l’altro, l’Ordine degli avvocati di Milano ha approvato una delibera in cui sostiene che non si possano “imporre eccessivi o irragionevoli contenimenti redazionali”, e che vada mantenuta la “previsione di ampie e specifiche deroghe su indicazione del difensore, senza alcuna sanzione di inammissibilità e/o invalidità degli atti”.

E ieri, alla cerimonia tenuta a Teramo per il conferimento delle “Toghe d’oro”, è intervenuto anche Franco Coppi, che ha definito la riforma Cartabia “perentoria nei confronti degli avvocati: in sostanza, osserva Coppi, “dice che in Corte d’appello e in Corte di Cassazione dell’avvocato se ne può anche fare a meno. Come avvocato sento insieme a voi”, ha detto alla platea di colleghi e studenti di Giurisprudenza, “la drammaticità di questo momento. Dobbiamo difendere la toga e la parola che è lo strumento principe dell’avvocato”.

Alla cerimonia organizzata dal Coa di Teramo, nel corso della quale è stato insignito dell’onorificenza anche l’ex consigliere Cnf Lucio Del Paggio, è intervenuto lo stesso presidente dell’istituzione forense Francesco Greco, che ha così ribadito l’intransigenza nel giudizio sulle nuove regole: “Il limite numerico delle pagine degli atti giudiziari è inaccettabile: noi abbiamo il dovere di tutelare i nostri assistiti con tutte le nostre competenze, e quello che serve ai fini della difesa non si può togliere dagli atti giudiziari”.