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di Luigi Mazzufferi

L’Unità, 31 luglio 2023

Due morti di fame in due giorni nelle carceri del Congo. Detenuti mai processati, i cosiddetti “dimenticati dalla giustizia”. Sempre assenti dalla stampa italiana le notizie relative alle carceri del Congo. Fino a che non ne ha scritto Padre Giovanni Pross, domenica 25 giugno, sulla pagina dell’Unità curata da Nessuno tocchi Caino. Che mi ha portato a raccogliere qualcosa, tra le poche notizie disponibili, per tentare di completare il quadro di una situazione ancor più disperata delle carceri in un paese di per sé già disperato.

Qualche mese fa, nella prospettiva della visita di Papa Francesco in Congo, abbiamo visto con una certa evidenza quanto diffuso dalla Fondazione Bill Clinton per la Pace. Dati che riferiscono di almeno 70 morti, in tre mesi, nelle prigioni di Makala, cioè nel più importante penitenziario di Kinshasa, la capitale. Qui esiste da sempre un sovraffollamento cronico. È un carcere costruito ai tempi della dominazione belga, con capacità di accoglienza dichiarata di 1.500 detenuti. Oggi ve ne sono oltre 8000! Qui “i dimenticati della giustizia” evidenziano macroscopiche responsabilità dei magistrati, ai quali mai, neppur timidamente, si accenna.

Del tutto similare è la situazione a Goma, nel nord Kivu, una città con oltre due milioni di abitanti. Un carcere, con oltre 2000 detenuti, ristretti in una struttura che avrebbe potuto ospitarne 150 persone.

Notizie più frammentarie, sempre molto imprecise, ma terrificanti, giungono da Matadi, il “porto” per antonomasia che si trova a circa 150 chilometri dalla foce del fiume Congo. Anche da Tshela, nella Provincia del Congo Centrale, dove la situazione è riconducibile a quella di un altro carcere che si trova nel Kasai, a Kananga, sul fiume Lulua. Anche questa una città di oltre un milione di abitanti. Qui addirittura un funzionario della “divisione provinciale di giustizia” ha denunciato che il denaro necessario per l’acquisto del cibo non arriva più da almeno tre mesi.

Ecco che pertanto diviene determinante l’aiuto in generi alimentari, fornito da non pochi missionari. Sappiamo, anche per esperienza personale, che costoro hanno assicurato l’impossibile, dai tempi passati fino ad oggi.

Radio Okapi (rete radiofonica che opera da oltre 20 anni nella Repubblica Democratica del Congo) ci consente di recuperare altre notizie sulle carceri: così sappiamo che a Walikale, nel nord del Kiwu, altra città che sfiora il milione di abitanti, due detenuti sono morti di fame. Morti che si sommano ancora alla pietosa lista di 16 decessi qui registrati dal 31 marzo scorso. Tutto questo in una prigione, dove - come espressamente ammesso da un “funzionario” - la carcerazione preventiva può durare ben due anni prima che il soggetto arrestato compaia di fronte ai giudici.

Del tutto similare sembra sia anche la situazione nelle carceri militari. Per queste, più volte, è stata segnalata la enorme difficoltà di far comparire, di fronte ai tribunali competenti, gli accusati. Ciò si verifica, in particolare, quando il giudizio comporta il trasferimento dell’imputato in altre città, o addirittura in altre regioni.

Infine aggiungo se ci siamo mai chiesti cosa abbia significato il clamore mediatico per l’arresto dei cinque congolesi, accusati dell’imboscata e dell’omicidio dell’Ambasciatore Attanasio, della guardia del corpo e dell’autista. Questo evento, molto inusuale per un sistema giudiziario africano, avrà giovato o meno ad assicurare un regolare giudizio agli imputati? Per quel poco che abbiamo visto questo processo è risultato certo più veloce e formale rispetto ai tanti altri riservati ai loro concittadini.

Però la spettacolarizzazione, in questi ambienti, non è purtroppo garanzia di maggior equità. Ho visto e vissuto di persona, ne conservo tutt’oggi indelebile memoria, alcuni fatti accaduti in Congo molto tempo fa. L’occasione, quasi banale, della cattura di un ladruncolo che suscita furor di popolo e stravolge ogni pur minima garanzia. Nei fatti in questi eventi si è sempre ad un passo dal linciaggio per il presunto colpevole.

È triste che non sia possibile dar conto di qual è la situazione della giustizia in questo immenso, meraviglioso, ma comunque terribile paese.