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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 2 agosto 2023

In carcere, non esiste l’aria condizionata e le finestre sono spesso schermate, non consentendo un adeguato passaggio d’aria. In molti istituti, le docce non sono all’interno delle celle, e in alcuni manca persino l’acqua in diverse ore della giornata. Il sovraffollamento aggrava la situazione e per coloro che soffrono di patologie particolari, il danno è maggiore. Senza dimenticare che durante il periodo estivo cresce l’incidenza dei suicidi. Quest’anno, ricordiamo, siamo già arrivati a 39 detenuti che hanno perso la vita in questo modo, rischiando di superare il record di 84 casi registrati l’anno scorso.

Ogni estate si ripresenta il problema, ma quest’anno l’ondata di caldo eccezionale peggiora la situazione. I detenuti vivono in celle sovraffollate, rimanendo fermi per lunghe ore nelle loro brande, aspettando che un filo d’aria entri dalle finestre. La maggior parte delle celle (7 su 10) non ha una doccia, e nella migliore delle ipotesi, alcuni detenuti possono rinfrescarsi immergendo i piedi in secchi di acqua fredda. I ventilatori sono pochi o, in alcuni casi, del tutto assenti. In alcune carceri, anche se qualcuno ne possiede, non possono accenderli perché l’impianto elettrico non regge. Inoltre, come denunciato recentemente da Irene Testa, garante delle persone private della libertà della regione Sardegna e tesoriera del Partito Radicale, i ventilatori consentiti dall’amministrazione costano 40 euro, quasi il doppio del prezzo esterno, rendendoli inaccessibili per la maggior parte dei detenuti.

Gli spazi esterni sono per lo più in cemento armato, dove è impossibile trovare un po’ d’ombra. In queste condizioni si trovano anche le donne incinte (ad esempio, c’è il caso di una donna reclusa nel carcere di Uta, in Sardegna, in gravidanza da 8 mesi, come denuncia Maria Grazia Caligaris dell’associazione ‘ Socialismo Diritti Riforme’), le persone con disagio mentale (che sono tra le più a rischio durante il grande caldo) e i bambini ospitati in carcere insieme alle loro mamme. Ma va sottolineato che anche gli agenti penitenziari sono gravemente colpiti dalla situazione. Si corre il reale rischio di logoramento psicologico e malessere lavorativo, il che aumenta ulteriormente i disagi e le tensioni. Solo la settimana scorsa, nel carcere siciliano di San Cataldo, i detenuti hanno protestato a causa del caldo intenso, aggiungendo anche il problema di alcune lamiere che ostruiscono le finestre delle celle.

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, per ora, sembra non intervenire. L’ultima circolare che ha ordinato interventi concreti, purtroppo rimasta inevasa, risale al 2017, a firma dell’allora capo Santi Consolo. La circolare chiedeva di prevedere una diversa modulazione degli orari dei passeggi per evitare che le persone siano all’aria aperta nelle ore più calde della giornata, assicurare e implementare la funzionalità, nei cortili di passeggio, dei punti idrici a getto e nebulizzatori, realizzare, laddove possibile, aree ombreggiate e, dove c’è una oggettiva carenza di acqua (come in alcune carceri che presentano queste gravi problematiche), di prevedere la fornitura ai detenuti di acqua potabile in bottiglia e di taniche in ogni stanza da utilizzare come riserva in caso di improvvisa mancanza di acqua. La circolare richiedeva anche la riformulazione dei menù giornalieri per prevedere la disponibilità degli alimenti consigliati durante la stagione estiva e, soprattutto, assicurare l’apertura delle finestre delle celle durante le ore notturne per favorire il circolo dell’aria.

Inoltre, nel lontano 2017, il Dap chiese di sensibilizzare l’area sanitaria. E qui si trova, infatti, un problema. C’è di fatto un quasi totale disinteresse dell’amministrazione sanitaria, sia a livello centrale che locale, come se le ondate di calore non avessero alcun impatto sulla salute della popolazione detenuta o che lavora nel carcere. Come se il carcere non facesse parte del territorio su cui operare per prevenire i rischi legati al grande caldo. Tuttavia, la riforma del 2008 aveva sancito il passaggio delle competenze in materia di tutela della salute delle persone detenute dalla Giustizia alla Sanità. Forse è il caso che intervenga anche il ministro della Salute, oltre al ministro della Giustizia.