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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 27 agosto 2023

Parla Bruno Mazza, dell’associazione “Un’infanzia da vivere”. Le due cuginette stuprate dal branco seguite dallo psicologo, insieme alle famiglie. Nell’inferno di Parco Verde a Caivano (Na) - come lo ha definito la madre di una delle due cuginette stuprate a più riprese da un branco di adolescenti dai 13 ai 19 anni - c’è ora, dopo che la notizia è diventata di pubblico dominio e dopo l’allontanamento delle due tredicenni dalle famiglie di provenienza disposto dal tribunale dei minori, un “clima di morte e di deserto”, come riferisce Padre Maurizio Patriciello, parroco locale che ieri ha scritto alla premier Meloni invitandola a visitare quel quartiere dove, dice, “sarebbe bello se lo Stato fosse più presente”.

Le inchieste della magistratura (due, una riguardante i presunti colpevoli minorenni e l’altra l’unico maggiorenne del gruppo) si allargano a più giovani di Parco Verde. Potrebbero essere coinvolti fino a 15 ragazzi, alcuni dei quali legati a esponenti di spicco della camorra. Le due piccole vittime, trasferite in una casa famiglia, sono state inserite in percorsi di sostegno anche psicologico, con l’obiettivo di reintegrarle progressivamente nei loro nuclei familiari, ritenuti attualmente dal giudice poco accudenti nei confronti dei figli.

Anche la segretaria del Pd Elly Schlein ha chiesto via social alla presidente Meloni “di lasciare da parte lo scontro politico su questo tema, e lavorare insieme per fare un grande investimento culturale sull’educazione alle differenze sessuali sin dalle scuole”. Peccato però che a Caivano l’obbligo scolastico sia solo sulla carta, come ha testimoniato ieri su queste colonne anche la stessa avvocata Antonella Esposito, legale della madre di una delle due ragazzine violentate. E come conferma anche Bruno Mazza, fondatore nel 2008 dell’associazione “Un’infanzia da vivere”, sorta tra le piazze di spaccio di Parco Verde “per dare ai bambini l’opportunità che nessuno ha dato a noi”.

Mazza, 42 anni e 12 passati in carcere racconta: “A 11 anni ho perso il padre e da quel momento non sono stato più il bambino di prima. La strada ha sostituito la scuola, la droga era ed è dappertutto, h24, ed è l’unica cosa che non manca mai qui. Ma nessuno è mai venuto a casa mia, allora, a cercare di capire perché, a darmi una mano. E ancora oggi è così: genitori inadeguati e senza mezzi culturali dicono ai figli “vai nella giungla e salvati da solo”. E non è vero che i dirigenti scolastici vanno a prendere a casa i ragazzi che hanno abbandonato la scuola. Qualcuno ha fatto finta davanti a una telecamera, e ha postato un video. Ma è stato girato di domenica”.

Secondo Mazza, che ha scontato 12 anni di carcere per rapine che eseguiva “vestito da poliziotto” (“tutti sapevano chi eravamo, comprese le forze dell’ordine, ma lasciavano fare”, arriva addirittura ad affermare), la collusione con la camorra a Parco Verde è generalizzata. “Abbiamo denunciato istituzioni, poliziotti e pure sacerdoti. Per questo motivo mi hanno incendiato due furgoni e devastato la sede dell’associazione”, racconta.

“Qui - continua Mazza che come un fiume in piena inonda di parole la cronista, troppe e troppo a lungo tenute per sé - i dirigenti scolastici si candidano in politica, con tutti i partiti, mentre ai bambini viene rubata l’infanzia. Madri alcolizzate, papà drogati, scuole assenti: il fallimento è di tutti gli adulti. Senza nulla togliere alla terribile responsabilità personale di chi stupra una donna o una ragazzina”. Mazza aveva la quinta elementare, quando è entrato in carcere.

“Cosa mi ha salvato? Lo studio. Leggere, studiare, capire. Mi sono diplomato in carcere, ma ho il rammarico di non aver capito prima, perché nessuno me lo ha mai spiegato, che quella era l’unica salvezza”. E a chi, come la ministra della Famiglia Eugenia Roccella, addita la “nuova pornografia, sempre più violenta e umiliante nei confronti delle donne”, Mazza risponde: “Può darsi, ma qui i ragazzi assorbono i comportamenti devianti in famiglia, prima ancora che in strada”.