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di Sandra Figliuolo

palermotoday.it, 16 agosto 2023

Il detenuto chiedeva di poter tenere dietro le sbarre un lettore digitale “per l’intero giorno”, ma è stato invece condannato a pagare 3mila euro alla Cassa delle ammende. Per i giudici la detenzione dell’apparecchio richiederebbe un impegno troppo gravoso per l’Amministrazione penitenziaria con controlli maggiori e anche di notte.

Niente musica in cella per il boss di Porta Nuova Alessandro D’Ambrogio, detenuto al 41 bis. La settima sezione della Cassazione, presieduta da Teresa Liuni, ha infatti rigettato il ricorso del mafioso che chiedeva di poter tenere con sé dietro le sbarre e “per l’intero giorno” un lettore e dei cd. Per i giudici la richiesta è inammissibile e D’Ambrogio è stato condannato a versare 3 mila euro alla Cassa delle ammende. Sono state così confermate le decisioni già prese dal magistrato di Sorveglianza di Novara a marzo dell’anno scorso e del tribunale di Sorveglianza di Torino il 31 gennaio scorso.

Il boss chiedeva di poter avere costantemente in cella un lettore digitale per ascoltare musica, ma questo avrebbe richiesto maggiori controlli, anche di notte, e dunque delle difficoltà nella gestione del carcere. Per la Cassazione “è legittimo il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria di diniego di autorizzazione all’acquisto ed alla detenzione di cd musicali e dei relativi lettori digitali qualora, per l’incidenza sull’organizzazione della vita dell’istituto, in termini di impiego di risorse umane e materiali, non sia possibile assicurare la messa in sicurezza di detti dispositivi e supporti”.

Inoltre “il provvedimento impugnato rende conto della riscontrata inesigibilità dei controlli necessari, tenuto conto dell’orario notturno in cui la vigilanza è minore e comunque della prospettata esigenza di controllo delle camere di pernottamento, controllo che, per la presenza del descritto materiale viene considerato più gravoso da parte dell’Amministrazione penitenziaria ed inciderebbe sulle esigenze di sicurezza richiedendo l’impiego di risorse non a disposizione dell’Amministrazione”.

Il boss D’Ambrogio vuole vedere le partite anche al 41 bis: no dei giudici - Visto che “dalla condizione detentiva - si legge ancora nella sentenza della Suprema Corte - possono derivare limitazioni, anche significative, alla ordinaria sfera dei diritti soggettivi della persona, anche quale diretta conseguenza dell’adozione di misure e provvedimenti organizzativi dell’Amministrazione stessa, volti a disciplinare la vite degli istituti, a garantire l’ordine e la sicurezza interna e l’irrinunciabile principio del trattamento rieducativo; misure e provvedimenti che, ove adottati nel rispetto dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità, incidono legittimamente sulla posizione soggettiva del ristretto, andando ad integrarne l’ambito di autorizzata e lecita compressione”, il ricorso è stato rigettato.