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di Claudio Cerasa

Il Foglio, 1 novembre 2022

Ieri all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri è stato presentato un decreto legge sulla giustizia che inizialmente doveva comprendere una misura considerata evidentemente per la destra populista una priorità: il superamento delle attuali norme sull’ergastolo ostativo.

Il messaggio di Meloni era chiaro e apparentemente inoppugnabile: si deve modificare la Costituzione per impedire che i mafiosi vengano liberati e occorre che chi ha commesso gravi reati non abbia in nessun modo la possibilità di vedersi riconosciuto alcun beneficio. La proposta del governo, in verità, all’ultimo istante ha cambiato verso: Meloni, alla fine, ha citato solo en passant l’eventualità di una modifica della costituzione, riconoscendo anche lei che al momento non è possibile farlo, e dopo molte chiacchiere si è appiattita sulla scelta fatta dalla precedente maggioranza, che sul tema ergastolo ostativo aveva già accolto le obiezioni avanzate dalla Corte costituzionale.

Ma per capire la pericolosità delle intenzioni di Meloni può essere utile fare un piccolo passo indietro. Qualche mese fa, chi scrive ha avuto la possibilità di chiacchierare con il nuovo ministro della Giustizia, Carlo Nordio, proprio su questi temi, e per spiegare la pericolosità di Meloni, sui temi della giustizia, è sufficiente lasciare la parola all’ex magistrato. “Io - ci ha detto Nordio - penso che l’ergastolo ostativo, il principio cioè che al reo non venga concessa la possibilità di alcun beneficio, sia un’eresia contraria alla Costituzione. Bisogna strutturare la legge in modo che l’ergastolo possa rimanere come principio ma bisogna anche ricordarsi cosa dice l’articolo 27 della Costituzione. Ovverosia: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Sintesi di Nordio: “Spiace per chi a destra la pensa così, ma il punto è evidente: il fine pena mai non è compatibile, al fondo, con il nostro stato di diritto”. E allora, abbiamo chiesto a Nordio, cosa c’è da pensare di chi dice quando si parla di carceri, magari quando si parla di un caso di cronaca che colpisce la sensibilità dei cittadini, “buttiamo via le chiavi”, e la risposta di Nordio è in totale contraddizione con la linea imboccata dal governo di cui fa parte. “E’ un’espressione vergognosa. Gettare via le chiavi non ha nessun senso ed è un’espressione purtroppo mutuata da una vecchia prassi del pool di Mani pulite che qualche volta usava quel tipo di espressione per minacciare la carcerazione preventiva.

Al di là del fatto di fondere le chiavi, di buttarle nel pozzo eccetera, la criminologia moderna in tutti i sensi è orientata verso una rivoluzione del concetto di pena: il carcere deve essere sempre più limitato a quei gravi reati che provocano un grave allarme sociale. Una destra desiderosa di spingere forte sul terreno del garantismo questo dovrebbe fare e questo dovrebbe ricordare. Dovrebbe ricordare che la pena detentiva deve essere un concetto se non superato quantomeno molto rimodulato. Il peccato più grande della destra oggi, quando si parla di giustizia, è proprio questo: confondere la sicurezza con la giustizia, pensare che la sicurezza, sulla quale siamo tutti d’accordo che deve esistere un’attenzione particolare, debba essere garantita non solo dalla giustizia, dal suo sistema, ma dalla presenza di una pena severa. Abbiamo un sistema penale che minaccia delle pene esorbitanti. Invece, purtroppo, buona parte della filosofia della destra, quella più gridata, è stata a lungo questa: la giustizia dipende della sicurezza, la sicurezza va garantita a tutti i costi, per garantire la sicurezza si possono calpestare alcuni diritti e calpestare alcuni diritti significa, per esempio, creare nuovi reati e inasprire le pene”.

Il vero volto della destra nazionalista - volto che la maggioranza meloniana prova a nascondere dirottando il dibattito pubblico su altre battaglie simboliche come quelle sui rave party - è quello offerto dal bravo ministro Nordio in queste parole. E se si sceglie di mettere da parte il terreno della simbologia e si sceglie di mettere a fuoco il terreno della fattualità delle azioni si capirà con estrema chiarezza che il populismo di destra sotto il suo make-up nasconde sempre lo stesso volto, segnato in modo indelebile da una forma irreversibile di populismo estremista. Oltre i rave party, caro Pd, c’è molto di più, e c’è una battaglia possibile contro il complottismo, contro il giustizialismo, contro lo stato di diritto e contro la cultura dello scalpo. Svegliarsi.