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di Salvatore Cannavò

Il Fatto Quotidiano, 26 settembre 2024

La proposta accorcia a 5 anni il tempo necessario per ottenere passaporto italiano. Cosa succederebbe se il referendum sulla “cittadinanza”, che ha superato le 500 mila firme online, fosse approvato? Più in generale, quali sono le differenze tra le varie proposte di riforma e come impattano sulla situazione attuale?

Ius sanguinis. In Italia, spiega il ministero dell’Interno, la cittadinanza si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani (tranne se si nasce da genitori apolidi o se i genitori sono ignoti). Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio. La cittadinanza straniera è regolata dalla legge 91/1992 e può essere richiesta “anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica”. La richiesta scatta alla maggiore età su domanda dell’interessato. Come recita l’articolo 9, 1 comma, lettera b) della legge 91, la cittadinanza è conferita anche “allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione”.

Il referendum. Abbiamo indicato in corsivo le due frasi che il referendum si propone di abolire e in tal caso la cittadinanza sarebbe conferita “allo straniero maggiorenne che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni”. La riduzione sarebbe garantita dalla contestuale abolizione della lettera f) del medesimo articolo che stabilisce la cittadinanza allo straniero che “risiede legalmente da almeno dieci anni”. Bisognerà vedere se questo espediente non induca la Corte costituzionale a ritenere il quesito “manipolativo” e quindi a rigettarlo.

In ogni caso, con questo provvedimento si accorcia solo la durata necessaria a richiedere la cittadinanza che resta subordinata, oltre alla residenza ininterrotta (5 anni e non più 10) a un reddito minimo sufficiente, la conoscenza della lingua italiana a livello B1, permesso di soggiorno in corso di validità, passaporto internazionale, non aver commesso reati in Italia o all’estero, non aver in corso procedimenti penali o condanne in attesa di convalida.

Ius scholae. La conoscenza della lingua chiama in causa i progetti relativi allo ius scholae, la cittadinanza cioè subordinata al conseguimento di un corso di studi. In alcune occasioni ha preso anche il nome di ius culturae. Una riforma era stata approvata dalla Camera nel 2015, su iniziativa di Pd e Sinistra Italiana, e proponeva che i bambini stranieri arrivati in Italia prima dei 12 anni potessero ottenere la cittadinanza dopo cinque anni di scuola. Nel 2022 un altro progetto simile, sempre su iniziativa di Pd e Sinistra italiana, non ha avuto alcun esito. A inizio settembre 2024, la Camera ha respinto emendamenti di Azione e del Pd, che puntavano a modificare l’articolo 4 delle legge 91 prevedendo che un minore straniero, nato in Italia, possa ottenere la cittadinanza italiana se ha frequentato nel nostro Paese almeno cinque, otto o dieci anni di scuola, concludendo con successo le scuole elementari e assolvendo all’obbligo scolastico. Nonostante Forza Italia abbia fatto propaganda per lo ius scholae durante la scorsa estate, nessuno dai banchi di maggioranza ha sostenuto il provvedimento.

Ius soli. Dal latino “diritto del suolo” prevede che la cittadinanza sia legata al luogo di nascita. Può essere “condizionato” o “temperato” se obbedisce ad alcune condizioni. Lo ius soli puro non esiste in Europa dove invece Belgio, Germania, Irlanda e Portogallo prevedono forme condizionate alla residenza per un certo periodo mentre in Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna è prevista la cittadinanza alla nascita se almeno uno dei genitori è nato nel paese in questione. Negli Stati Uniti invece si può essere cittadini per il semplice fatto di essere nati su quel territorio, condizione necessaria, ad esempio, a candidarsi alla presidenza.