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di Marcello Pesarini

Ristretti Orizzonti, 28 agosto 2023

La realtà va di pari passo alle sue rappresentazioni, ed entrambe vivono in questo mondo.

Ciò che sembra difficile da fare è fermare la deriva delle malversazioni nella realtà. Questa è stata la reazione provata alla notizia, o piuttosto all'emersione della vicenda delle due cuginette, una di 13 anni, una forse di 10, violentate per settimane da un branco di ragazzini al Parco Verde, a Caivano.

Il pensiero va alla bambina buttata dal balcone dal vicino perché si era stufata di subirne gli abusi, il cui nome è Fortuna. Poi viene in mente il film “Fortuna” di Nicolangelo Gelormini.

Un'ispirazione, una dedica?

Uno stato d'animo di impotenza e denuncia, sincero certamente. Il dolore che entra nelle viscere e nella mente di molti di noi all'ascolto di questa serie senza fine di femminicidi, di violenze metodiche e taciute nei confronti dei minori e soprattutto delle minori non riesce a sfociare in una reazione organica, metodica, da parte nostra.

Per chi scrive, avendo dato molte ore per molti anni al lavoro politico e sociale nei confronti del mondo dell'immigrazione e di quello del carcere, non può sfuggire la necessità di investire nel male che ci circonda, perché ci siamo immersi, come scrive Giovanni Falcone, in una frase facente parte dell'introduzione dell'ottimo “Le vittime dimenticate: la strage di Via Escobar” di Giuseppe Bommarito, Affinità Elettive:

Se vogliamo combattere efficacemente la mafia

non dobbiamo trasformarla in un mostro né

pensare che sia una piovra o un cancro.

Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia

Il male al quale non siamo estranei, che è la soluzione di ripiego che si insinua nelle vicende di povertà estrema, emarginazione, mancanza di servizi, vite vissute in panorami spettrali.

L'illusione di “guarire” violentatori, sequestratori, attori di femminicidio, da mali che hanno radici avvitate nella terra come nell'educazione che abbiamo ricevuto, nel paternalismo, nella competizione infinita, nella mancanza di educazione sessuale e nello spegnimento di una grande conquista degli anni 70, cioè i consultori familiari, solo con le leggi e con l'unità delle forze parlamentari, è destinata a fallire e lasciare sul campo i volenterosi che ci hanno provato.

Chi riconosce che dentro di sé esistono pulsioni al comando e all'uso distorto dello stesso, ha già iniziato il percorso necessario. Come dicono molte donne, non possiamo sconfiggere i femminicidi senza gli uomini; la parità di diritti all'interno della differenza di genere si conquista fermando le pulsioni di cui sopra sul nascere, con la censura sociale, con atti che mettano gli esecutori sull'avviso, e li costringano a confrontarsi con loro stessi.

Sono percorsi lunghi, esistono molte esperienze; allo stesso modo le istituzioni non dovranno più rimuovere le loro responsabilità, nell'avere fomentato le culture all'origine delle disparità, e nell'averle inserite in quartieri, città, località nelle quali non si può pensare al giorno seguente come a un altro giorno di terrore e di oppressione.