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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 10 febbraio 2024

La proposta di legge di Riccardo Magi di +Europa punta a dare concretezza a questo diritto. Volenti o nolenti, l’emergenza carceraria deve essere risolta, specialmente dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha garantito il diritto all’affettività in carcere. Di conseguenza, il sistema penitenziario deve essere necessariamente adeguato. Una strada percorribile è stata indicata dal deputato di + Europa Riccardo Magi, che ha presentato una proposta di legge finalizzata a garantire tali diritti all’interno del contesto carcerario. La proposta, depositata prima della sentenza della Consulta, mira a riconoscere il diritto soggettivo all’affettività e alla sessualità delle persone detenute, rispondendo così a un’esigenza normativa maturata nel tempo.

La proposta, ispirata a iniziative regionali e alla ricerca condotta dal Garante Regionale della Toscana, mira a colmare un vuoto normativo evidenziato dalla Corte Costituzionale in precedenti pronunce. Essa si basa anche su studi approfonditi, come quello condotto dalla Fondazione Michelucci, che hanno messo in luce l’importanza delle relazioni affettive all’interno dell’ambiente detentivo. Partendo dal presupposto che il diritto all’affettività è un elemento essenziale dell’espressione della persona umana, la proposta si propone di modificare la legge 26 luglio 1975, n. 354, relativa alla tutela delle relazioni affettive intime delle persone detenute. In particolare, si interviene sull’articolo 28 di questa legge, che riguarda i rapporti con la famiglia, al fine di estendere la protezione anche al diritto all’affettività in senso più ampio.

La proposta prevede l’istituzione di visite mensili della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore, durante le quali i detenuti possono incontrare le persone autorizzate ai colloqui in apposite unità abitative all’interno degli istituti penitenziari, senza controlli visivi e auditivi. Ciò permette di garantire la riservatezza dell’incontro e di favorire la costruzione e il mantenimento delle relazioni affettive. Inoltre, la proposta di legge depositata da Magi, interviene sulle modalità di concessione dei permessi di necessità, eliminando il requisito dell’eccezionalità e sostituendo quello della gravità con quello della rilevanza degli eventi familiari. Si propone anche di uniformare la definizione di ‘ minore’ nell’ordinamento penitenziario, stabilendo l’età di quattordici anni e garantendo così una maggiore coerenza normativa. Infine, la proposta prevede un aumento della frequenza e della durata dei colloqui telefonici, consentendo a tutti i detenuti di effettuarli quotidianamente per un massimo di venti minuti, e supera le restrizioni ingiustificate nei confronti dei detenuti del circuito di alta sicurezza.

La genesi della proposta di legge - Il testo proposto, che si basa su una versione precedente del 2019 con un’aggiunta relativa ai colloqui dei detenuti con i minori, si ispira all’impostazione generale di un progetto di legge presentato nel 2006 dai deputati Boato, Ruggeri, Buemi e Balducci. Questo progetto di legge è stato rivisto alla luce delle riflessioni emerse dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 301 del 2012 e delle proposte elaborate dagli Stati Generali dell’Esecuzione Penale. Ovviamente, con la pronuncia recente della Consulta, aumenta il valore della proposta di legge. Nel 1999, durante un’audizione alla II Commissione Giustizia per discutere il nuovo Regolamento di Attuazione dell’Ordinamento Penitenziario, l’allora Direttore dell’Amministrazione Penitenziaria, Alessandro Margara, espresse la visione di un carcere vivibile, in cui la pena non comportasse altro che la privazione della libertà, senza elementi afflittivi aggiuntivi.

Questo concetto trovò riscontro nel progetto di riforma del regolamento del 1999, elaborato sotto la responsabilità del Sottosegretario alla Giustizia Franco Corleone e del Dott. Margara stesso. Tale progetto riconosceva l’importanza dell’affettività nei rapporti dei detenuti con la famiglia, considerandola uno degli elementi fondamentali del trattamento previsto dalla legge penitenziaria. In particolare, all’articolo 58 si introdusse la possibilità per i detenuti di trascorrere fino a ventiquattro ore consecutive con i propri familiari all’interno di apposite unità abitative all’interno dell’istituto penitenziario.

Eppure, nonostante il parere favorevole del Consiglio di Stato n. 61 del 2000, questa soluzione normativa non fu inclusa nel testo definitivo del regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri nel giugno dello stesso anno. Il Consiglio di Stato riteneva che solo al legislatore spettasse il potere di adeguare la normativa penitenziaria, bilanciando i diritti individuali con la configurazione generale del trattamento penitenziario. Inoltre, si sottolineava un divario significativo tra il modello trattamentale teorico proposto nel regolamento e la realtà del carcere, ritenuta inadeguata. Questa decisione rifletteva la complessità nel cercare un equilibrio tra la tutela dei diritti dei detenuti e le esigenze del sistema penitenziario nel suo complesso.

Dal pensiero all’azione - La proposta di legge fa cenno al saggio di Andrea Pugiotto intitolato “Della castrazione di un diritto. La proibizione della sessualità in carcere come un problema di legalità costituzionale”, pubblicato sulla rivista Giurisprudenza Penale nel 2019, mettendo in luce un aspetto rilevante riguardante il divieto implicito di rapporti sessuali inframurari nei contesti carcerari. Tale divieto sembra essere radicato non solo nell’ambito del regolamento penitenziario, ma anche in normative di rango primario, che proibiscono qualsiasi autorizzazione a tali rapporti. Il saggio evidenzia come l’assenza di una normativa specifica sul tema della sessualità in carcere, come quella della legge n. 354 del 1975, si traduca in una sorta di divieto implicito, con conseguenze che vanno al di là dell’apparente anomia normativa. Questa situazione, spiega Pugiotto, riflette un dispositivo proibizionista operante, che rende difficile l’emergere e il riconoscimento dei diritti alla sessualità e all’affettività per le persone detenute.

Negli anni successivi, numerosi progetti di legge sono stati presentati sia alla Camera che al Senato, con l’obiettivo di dare riconoscimento normativo al diritto all’affettività e alla sessualità inframuraria, ma non hanno avuto esito positivo. A livello internazionale, diversi Stati e organismi sovranazionali hanno riconosciuto il diritto all’affettività e alla sessualità delle persone detenute come un vero e proprio diritto soggettivo. Questo è evidente in una serie di raccomandazioni e leggi adottate da paesi come Albania, Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Norvegia, Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera, nonché da organizzazioni come il Consiglio d’Europa e il Parlamento europeo.

La discussione su questo tema è stata stimolata anche da pensatori come Adriano Sofri, che hanno sottolineato l’importanza di affrontare apertamente la questione della sessualità in carcere. Sofri, nella prefazione al libro ‘ Il medico degli ultimi’ di Francesco Ceraudo, critica la reticenza della società nel discutere apertamente dei bisogni affettivi e sessuali delle persone detenute.

Per affrontare questa sfida, ora obbligatoria dopo la recente decisione della Consulta, è necessario intervenire a livello legislativo. Questo potrebbe includere modifiche alla disciplina dei permessi, l’istituzione di visite in apposite unità abitative all’interno degli istituti penitenziari. Inoltre, è importante considerare il diritto alla visita come un aspetto fondamentale del diritto all’affettività e alla sessualità, e lavorare per garantire che questo diritto sia effettivamente esercitato in tutti gli istituti penitenziari. Questo potrebbe richiedere un periodo di transizione e l’adeguamento delle strutture penitenziarie esistenti per garantire la privacy e la dignità delle persone coinvolte. Di conseguenza, ridurre il sovraffollamento è un atto doveroso da parte delle istituzioni.