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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 9 giugno 2022

È legittimo esercizio del diritto di critica segnalare che l’avvocato non ha operato secondo le indicazioni ricevute dal cliente. Non commette il reato di diffamazione il cliente che dopo aver revocato il mandato al proprio difensore comunica alle altre parti del giudizio e al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati le ragioni che lo hanno indotto a tale scelta condividendo la missiva con cui aveva motivato la fine del rapporto di fiducia col professionista. In concreto il ricorrente, ora assolto dalla Cassazione, aveva lamentato il fatto che il legale non si fosse attenuto al mandato non dando seguito alle richieste di far emergere alcuni fatti nella causa di affidamento dei figli e per aver nominato come perito di parte un professionista in conflitto di interessi rispetto alla vicenda sub judice.

Con la sentenza n. 22119/2022 la Cassazione smentisce in toto la condanna per diffamazione comminata dal giudice di pace che aveva ravvisato il reato nella comunicazione a terze persone e all’ordine professionale di appartenenza di giudizi lesivi della correttezza e competenza dell’ex avvocato di fiducia. Veniva di fatto escluso, dal giudice di merito, che la condotta fosse scriminata come espressione del legittimo diritto di critica, in particolare di fronte all’organo competente ad azionare eventualmente un giudizio disciplinare.

Il fatto - Il ricorrente aveva inviato una e-mail in cui dava conto dell’avvenuta revoca del mandato fondata sulla rottura del rapporto di fiducia assistito-avvocato, per non essersi attenuto quest’ultimo alle indicazioni e alle scelte processuali indicate dal proprio cliente. La missiva era stata inviata non solo al destinatario diretto, ma anche a un suo collaboratore di studio, all’avvocato di controparte e all’Ordine degli Avvocati condividendola infine in udienza davanti al giudice civile che gestiva la causa sull’affidamento dei suoi figli minorenni.

L’assenza di offesa - Ma la Corte assolve il ricorrente non solo perché in assenza di offese gratuite le segnalazioni agli ordini professionali sono legittima interlocuzione tra gli esponenti di una professione e i relativi clienti, i quali attraverso segnalazioni ed esposti possono lecitamente contribuire a garantire un legittimo controllo sulla correttezza delle attività professionali prestate e la tutela dell’onorabilità della categoria. Quindi a fronte di lamentele rispettose del canone della continenza e la sussistenza della buona fede con cui le si comunica all’Ordine cui appartiene il professionista si può sicuramente affermare che si tratti di legittimo esercizio del diritto di critica. La circostanza poi di averle comunicate al collaboratore del professionista stesso o all’avvocato di controparte o anche al giudice procedente della separazione non integra quella comunicazione con terze persone prevista dal reato come ingiustamente lesiva della sua reputazione. Si tratta dice la Cassazione di un’ulteriore sintomo della buona fede del ricorrente e dell’assenza di gratuità delle critiche espresse (in sé non offensive). Anzi, nell’ambito del dialogo processuale tale comunicazione si è legittimamente limitata a soggetti cui aveva senso spiegare le motivazioni della fine del rapporto fiduciario con il legale revocato dal mandato difensivo.