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di Riccardo Chiari

Il Manifesto, 8 luglio 2023

Il rapporto annuale dell’Istituto nazionale di statistica. Molte più ombre che luci. Il presidente Francesco Maria Chelli: “Molte disuguaglianze a livello economico, sociale e territoriale si sono purtroppo consolidate o si sono aggravate, e nuove forme di povertà possono emergere” Ascensore sociale in rottura prolungata, record di Neet.

“Molte disuguaglianze a livello economico, sociale e territoriale si sono purtroppo consolidate o si sono aggravate, e nuove forme di povertà possono emergere”. Presentando a Montecitorio il “Rapporto Annuale 2023. La situazione del Paese”, il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli tratteggia una realtà che solo con molto ottimismo può essere definita migliore dell’anno precedente, quando peraltro l’Istituto di statistica aveva messo nero su bianco i guasti legati alla precarietà di massa, all’insicurezza sociale e contrattuale, e alle disparità crescenti dei redditi, colpiti in aggiunta dai primi segnali di quella che sarebbe diventata una inflazione galoppante.

L’Istat rileva che, appena uscita dalla pandemia, la società italiana nel corso del 2022 si è trovata di fronte a nuovi problemi. “Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica, l’andamento dell’inflazione condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro”.

Anche senza utilizzare il termine extraprofitti, l’istituto registra che sul fronte energetico l’Italia è stata uno dei paesi più colpiti dagli aumenti dei prezzi. In particolare dell’elettricità “domestica”, con un +72,4% in due anni, record nell’Ue. “L’impatto - puntualizza l’Istat - è stato relativamente più pesante per le famiglie con più bassi livelli di spesa”. Così nel 2022 il 17,6% delle famiglie a rischio povertà non ha riscaldato adeguatamente casa, e il 10,1% ha ritardato il pagamento delle bollette.

Se anche i dati del Pil (+3,7% nel 2022 e +0,6% nel primo trimestre di quest’anno), portano l’Istat a prevedere un +1,2% per quest’anno e +1,1% per il prossimo, si accentuano le disparità che penalizzano soprattutto i giovani e le donne che non vengono messi/e in condizioni di lavorare. E se pure aumentano gli occupati (tasso al 61%), con più tempi indeterminati e autonomi e meno tempi determinati - lo scorso anno in cifra record di quasi 3,2 milioni - la crescita è stata trainata dai lavoratori più anziani. “Tra il 2004 e il 2022 in Italia il tasso di occupazione tra i 15 e i 34 anni si è ridotto di 8,6 punti (al 43,7%). Per i 50-64enni, invece, il tasso di occupazione è aumentato di 19,2 punti (al 61,5%)”. Effetto diretto di una pensione sempre più lontana nel tempo.

Un altro dato assai preoccupante è quello legato alla rottura, prolungata, dell’ascensore sociale. Chi nasce povero resta povero, visto che quasi un terzo degli adulti tra i 25 e i 49 anni a rischio povertà proviene da famiglie che erano in condizioni critiche. Inoltre quasi un giovane su due (47,7% dei 10 milioni e 273mila 18-34enni) mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei “domini” chiave del benessere: istruzione e lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo, territorio. Mentre più di 1,6 milioni (pari al 15,5% dei 18-34enni) sono multi-deprivati. La fascia di età più vulnerabile, va da sé, è quella dei 25-34enni, che hanno davanti passaggi impegnativi - specialmente in Italia - come l’ingresso nel mondo del lavoro, l’uscita dalla famiglia, l’inizio di una vita autonoma, la scelta di dar vita a una famiglia e di diventare genitori.

Anche se tutto filasse per il verso giusto, non saranno comunque rose e fiori: in Italia la retribuzione media annua lorda per dipendente è di quasi 27 mila euro, inferiore del 12% a quella media Ue. E tra il 2013 e il 2022 la crescita totale delle retribuzioni lorde annue per dipendente è stata del 12%, la metà della media europea. Una stagnazione dei salari reali che affligge il paese da decenni, Così l’Italia invecchia e le nascite calano ancora dell’1,1%, con la popolazione che conta 58,8 milioni di residenti di cui l’8,6% stranieri.

Ultimo dato fortemente negativo è quello dei “Neet”, 1,7 milioni di giovani, record europeo. Nel dettaglio un giovane su cinque tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione, le ragazze più dei ragazzi. La fascia di età più interessata è quella tra i 25 e i 29 anni, i residenti nel Mezzogiorno sono il 27,9% e gli stranieri il 28,8%.