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di Ezio Menzione

Il Dubbio, 26 ottobre 2023

Questa volta sembrava fatta, che Alfredo Cospito dovesse essere tolto dal regime di 41 bis e reimmesso in un regime di detenzione normale, sia pure ad alta sorveglianza: ripristinati cioè i suoi diritti più elementari per ciò che concerne l’isolamento, la socialità, la lettura e l’informazione, fino alla limitazione delle modalità di alimentazione, sia pur mantenendo il controllo (censura) molto stretto sulla corrispondenza e sui colloqui consentiti. Invece, niente. Resta al 41 bis, nonostante che la DDA locale e nazionale avessero dato parere favorevole per il ripristino del regime normale per il detenuto. Chi più titolate di loro per giudicare della pericolosità di un soggetto? Damiano Aliprandi ha già dato conto su questo giornale (24/ 10) in maniera esaustiva dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che nega l’alleggerimento. Ma vale la pena tornarci sopra perché essa è molto grave nei presupposti e in alcuni passaggi.

L’ordinanza sembra riconoscere che i contatti fra Cospito e la FAI (Federazione Anarchica Informale, agglomerato anarco-insurrezionalista non strutturato) non sono esistiti negli ultimi tempi, anzi, sono completamente cessati. Ma Cospito ha rivendicato in una sua presa di posizione che nemmeno il 41 bis avrebbe potuto costringerlo al silenzio. Affermazione che ci sembra oltreché perfettamente legittima, anche ovvia. Il 41 bis non è volto a cambiare la testa al detenuto, né a farlo parlare diversamente. È - sia pure collocandosi ai limiti della legittimità - volto ad interrompere i rapporti fra il detenuto e l’organizzazione di appartenenza, così che non possa continuare a organizzare azioni criminose, contribuirvi o istigarle. Ma si deve basare su prove ed evidenze che ciò sia avvenuto e, in questo caso, possa continuare ad avvenire. Non basta che il detenuto abbia rivendicato la propria libertà di pensiero e di parola: purché la sua parola non abbia contribuito non ad “ispirare”, concetto vago e inafferrabile, ma ad organizzare altre azioni criminali. E di ciò, non è richiamata alcuna prova nell’ordinanza. Anzi essa non può non notare che il Tribunale di Sorveglianza di Perugia ha rimesso in libertà sia Cospito che altri 4 sodali revocando la loro custodia cautelare per altri fatti; né ha potuto ignorare che la Corte d’Assise di Roma in primo grado lo ha mandato assolto nel processo Bialystock, che lo vedeva imputato di associazione con finalità di terrorismo, proprio per avere istigato altri ad agire delittuosamente. Per la seconda vicenda si è limitata a osservare che è solo una assoluzione di primo grado, e quindi può essere ribaltata: con buona pace del principio di non colpevolezza (rafforzato in questo caso da una pronuncia di primo grado). Insomma, dall’ordinanza traspare una visione del 41 bis non come modalità asprissima di detenzione, ma come misura illegittima di prevenzione che non si fonderebbe su dati ed elementi riscontrabili, ma sulla mera supposizione che dei fatti ulteriori possano accadere.

Peggio ancora vanno le cose se analizziamo la parte dell’ordinanza che vorrebbe ancorare la perdurante pericolosità di Cospito ad alcuni attentati (peraltro essi stessi, per fortuna, di scarsa pericolosità) avvenuti nei mesi in cui egli era in sciopero della fame e terminati subito dopo. Significa che egli ha ordinato, organizzato o quanto meno ispirato tali fatti? Se vi fosse la prova di un collegamento fra l’interno e l’esterno della detenzione, se ne potrebbe anche discutere; ma qui i fatti parlano da soli: la galassia del FAI pensa ed agisce da sola poiché in quel periodo Cospito non era in grado di contattare nessuno, meno anche del solito, visto le sue condizioni vicine alla morte. Semmai ciò proverebbe giustappunto l’autonomia con cui la FAI pensa, valuta e agisce. Indipendentemente da Cospito.

Forse è proprio qui che si annida il pensiero più forte (se così si può dire) dei giudici romani che hanno preso la decisione. Essi sembrano non perdonare a Cospito di avere utilizzato lo sciopero della fame, per affermare il diritto ad essere sottratto alla violenza del 41 bis, col rischio della propria vita e non avendo più altri mezzi per farlo valere. Oggi Cospito potrebbe pensare di riprendere quella forma di legittima protesta e così, seguendo la logica della ordinanza, altri potrebbero in piena autonomia riprendere ad utilizzare forme di mini-attentati, però col rischio che, anche non volendolo, essi attingano non solo alle cose, ma anche alle persone e si contino le vittime. Evidentemente gli estensori dell’ordinanza non si lasciano influenzare dalla tragica cronaca di queste settimane: fatte (fortunatamente) le debite differenze, non persegue giustizia chi ingiustificatamente tiene in ostaggio qualcuno, il rischio di reazioni spropositate è pericolosamente vicino.