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di Virginia Piccolillo

Corriere della Sera, 14 agosto 2023

Il ministro della Giustizia: “Chi spera che io mi dimetta non si illuda”. Carlo Nordio, ministro della Giustizia: le sue numerose ispezioni fanno sperare settori interni ed esterni alla maggioranza che lei si stia trasformando nel “castigamatti” dei pm. Sbagliano?

“Per la verità le mie ispezioni straordinarie si contano sulle dita di una mano. O poco più. È vero invece che ho annunciato ispezioni nei casi di fughe di notizie e di diffusioni di intercettazioni riservate, che per fortuna in questi mesi sono diminuite. Forse anche per effetto di questa deterrenza, che evidentemente funziona. Pensare però che un ministro che per 40 anni è stato un pm diventi un “castigamatti” dei suoi colleghi è quantomeno bizzarro”.

Una di queste ispezioni però ha scatenato polemiche...

“La fermo: di casi singoli non posso parlare”.

Al di là del contenuto, l’azione disciplinare sui pm che indagano sull’ex premier Renzi per finanziamento illecito non pone su un crinale delicato i rapporti politica-esecutivo-magistratura?

“Gliel’ho detto. Non ne parlo”.

Come descrive i suoi rapporti con la magistratura?

“Con pochi ex colleghi, pessimi. Con molti ottimi. Con tutti utili”.

E con l’Anm che l’ha accusata di sottomettersi a Renzi?

“In generale con i vertici dell’Anm, che ho ricevuto più volte, i rapporti sono molto buoni dal punto di vista personale. Le idee sull’efficienza della giustizia, soprattutto quella civile, sono in gran parte coincidenti. Quelle su alcune riforme penali sono spesso diverse. Ma spero che troveremo un accordo”.

Nei retroscena è stato descritto spesso in bilico: in contrasto con Giorgia Meloni e FdI, in avvicinamento a FI. E c’è chi ipotizzava un suo addio al governo in un ipotetico rimpasto estivo. Come va?

“Capisco che la politica sia insidiosa e talvolta crudele, ma ritengo puerile che si inventino contrasti inesistenti, nella vana speranza di farci innervosire o magari litigare”.

E invece?

“Con la premier siamo in sintonia perfetta e ci sentiamo regolarmente”.

E le voci di dimissioni?

“Sono il riflesso pavloviano di chi teme le riforme che stiamo elaborando. In latino si dice putant quod cupiunt. In inglese è un wishing thinking. Non si illudano. Le riforme le faremo, come da cronoprogramma”.

Anche sulla prescrizione?

“Sì, la riporteremo nell’ambito del diritto sostanziale, come causa di estinzione del reato e non di improcedibilità: soluzione, quella della riforma della ministra Cartabia, che ha creato enormi difficoltà applicative”.

Nel frattempo le intercettazioni non sono state ridotte ma estese ad altri reati mafiosi. Era davvero favorevole?

“Ovviamente sì. Ho sempre detto che sono indispensabili alle indagini, soprattutto nei reati contro la sicurezza dello Stato, la pubblica incolumità e anche nella lotta alla corruzione. Io stesso ne ho fatto ampio uso nell’inchiesta sul Mose che ho coordinato. Ma tre cose sono intollerabili”.

Ovvero?

“Che siano effettuate a strascico, cioè sperando di trovare qualcosa, magari contro un soggetto individuato: purtroppo le più numerose. Che abbiano costi insopportabili e del tutto fuori controllo, mentre ogni Procura dovrebbe avere un budget da gestire, come per le altre risorse umane materiali e finanziarie. E, più importante di tutte, che vengano selezionale, pilotate e diffuse illecitamente, compromettendo l’onore dei cittadini, anche non indagati. Su queste e altre anomalie, insieme con la meritoria opera di Giulia Bongiorno che ha concluso un lungo lavoro presiedendo la sua commissione, contiamo di intervenire”.

Si poteva fare di più contro il doppio suicidio nel carcere delle Vallette?

“Per quanto ho potuto capire era stato fatto tutto il dovuto. Ma la prevenzione di un suicidio è praticamente impossibile: persino due prigionieri del processo di Norimberga si tolsero la vita, uno impiccandosi e l’altro avvelenandosi, benché sotto il controllo della polizia militare. Va detto, però, che la nostra situazione carceraria è la sedimentazione di decenni di disinteresse, per non dire di errori, trascuratezze ed economie esasperate”.

Lei cosa promette?

“Non si possono cambiare in pochi mesi situazioni così complesse. Ciononostante abbiamo ampliato gli organici, assunto nuovo personale e soprattutto progettato un sistema di edilizia carceraria che costituisca un rimedio al sovraffollamento. Se potremo continuare a lavorare così, e lo auspico, in tempi ragionevoli vedremo i primi risultati”.

Come ha vissuto le contestazioni in carcere a Torino?

“Veramente non ce ne siamo proprio accorti, benché a due passi dalle celle. C’erano la vicesindaco di Torino, esponenti della magistratura, della polizia penitenziaria e i garanti dei detenuti. Può chiederlo a loro. Io ho visitato il reparto più critico, quello femminile. Non c’è stata alcuna contestazione. Invece sono lieto che il sindaco di Torino mi abbia ringraziato pubblicamente. Con lui abbiamo un progetto ambizioso”.

C’è chi l’accusa di aver bloccato l’edilizia carceraria e ora di dover ricorrere alle ex caserme. È così?

“Accusa stravagante. Se avessi la bacchetta magica e i soldi a sufficienza costruirei subito almeno una cinquantina di carceri modello. Ma la costruzione è impresa ardua: nessuno le vuole vicino casa e se scavando trovi un coccio etrusco si blocca tutto. È più facile assumere duemila agenti penitenziari e usufruire di spazi esistenti piuttosto che aspettare 10 anni per vederne nascere uno nuovo. Il monitoraggio delle caserme è già iniziato”.