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di Liana Milella

La Repubblica, 5 novembre 2022

Il ministro della Giustizia: “Il diritto di manifestare non c’entra nulla. Sulle intercettazioni decideranno i magistrati”. La norma sui migranti? “È giusta, se la nave che li salva è tedesca, è come se fossero sbarcati ad Amburgo”. E quella sui rave party? “Un segnale di ferma e severa legalità. Può essere perfezionata, ma sulle intercettazioni valuta il magistrato”. Nella polvere la libertà costituzionale di manifestare? “Quel diritto non c’entra nulla col decreto”. Lei commissariato da Del Mastro? “Siamo entrambi garantisti”. Il Guardasigilli Carlo Nordio rilascia la sua prima intervista da ministro a Repubblica e dice: “Con Meloni puntiamo a una riforma garantista della giustizia”.

Guardasigilli da due settimane, più critiche che attestati di fiducia, chi gliel’ha fatto fare?

“Le critiche in democrazia sono sempre utili e persino benvenute. Tuttavia non ci sono solo critiche. Leggo dal report di Spin Factor che il governo gode di un’ampia fiducia degli italiani. Ma si può sempre fare di meglio”.

Beh... agli atti ci sono tre sottosegretari “falchi” e la marcia indietro sul decreto rave che lei ha avallato, e questi sono fatti...

“La distinzione tra falchi e colombe risale alla guerra del Vietnam, e oggi assume altri significati. Non mi pare che essa possa essere applicata al viceministro e ai due validi sottosegretari”.

Non solo le piazzano ai fianchi il vice ministro, ma pure uno come Del Mastro Delle Vedove che certo non la pensa in nulla come lei.

“Per un ministero complesso come la Giustizia un viceministro è necessario. Per il collega Del Mastro va detto che sin dall’inizio si sono ipotizzati dissensi che non esistono. Siamo entrambi convinti che il garantismo significhi da un lato l’affermazione della presunzione d’innocenza e dall’altro la certezza della pena. Certo, io ho sempre enfatizzato maggiormente il primo aspetto, e lui il secondo, ma il risultato algebrico è uguale”.

Meloni ha voluto lei come “bandiera” ma l’ha messa subito sotto controllo?

“Questa è un’altra ricostruzione enfatica di chi vuole introdurre argomenti polemici. Con Giorgia Meloni il rapporto non è solo di assoluta lealtà, ma anche di reciproca stima, e direi di amicizia. Lei conosceva i miei scritti già quando a gennaio mi indicò come candidato presidente della Repubblica, e io conoscevo le sue idee. Le abbiamo conciliate nell’ottica di una riforma globale della giustizia, nel duplice segno garantista. E stia certa che la faremo”.

Quando ha accettato l’incarico non sapeva già di finire in bocca alla tigre?

“Entrare in politica è come acquistare un’automobile nuova, il giorno dopo vale già la metà. Quindi è inevitabile che vi siano delle delusioni e delle critiche anche da parte di chi prima ti aveva sostenuto. Ma mi lasci dire che, come il giudizio su una persona si dà alla fine della sua vita, il giudizio sul nostro operato sarà dato alla fine del mandato, in fondo sono passati solo dieci giorni”.

Non le crea imbarazzo la norma Piantedosi sulla richiesta d’asilo per i migranti da rivolgere al Paese cui appartiene la nave delle Ong che li ha salvati?

“La mia idea, che manifesto da anni, è molto semplice. È conforme al diritto internazionale e agli accordi di Dublino: se una nave salva, com’è suo dovere, dei naufraghi in acque internazionali, lo Stato di primo accesso è quello di bandiera della nave. Se la nave è tedesca, è come se i migranti fossero sbarcati ad Amburgo. Il comandante ha il dovere di registrarli, e poi portarli, per l’assistenza nel più vicino porto sicuro. Ma poi devono andare in Germania”.

State condannando migliaia di migranti a essere respinti e rimandati indietro?

“È esattamente il contrario. Devono esser accolti qui, e poi andare nello Stato di bandiera della nave. Se poi il suo comandante accampasse l’alibi di non esser attrezzato per registrare i migranti, sarebbe inadempiente. Una nave, ripeto, è uno Stato che galleggia. Il suo comandante può anche celebrare matrimoni. Si attrezzi al momento della partenza, e il suo Stato gliene imponga il dovere”.

Dica la verità, sulla norma rave lei avrà cercato, da giurista, di far capire che quella pena era proprio eccessiva, che le intercettazioni sarebbero state una follia, che come dicono i costituzionalisti si tornava al codice Rocco? Oppure ha detto subito sì?

“La norma sul rave è stata creata perché l’attuale articolo 633 del codice penale era stato scritto quasi cento anni fa per tutelare i proprietari di beni immobili da invasioni di mandrie di bestiame. Oggi si tratta di tutelare l’incolumità e la salute quando alcuni eventi espongono questi beni a pericoli gravi, come si è visto negli anni scorsi, dove alla devastazione di proprietà altrui si sono associate intossicazioni, violenze e persino delle vittime. Naturalmente la norma, come tutte quelle dettate in via di urgenza, può essere modificata e perfezionata. Quanto alle intercettazioni essa non le impone affatto, semmai le lascia alla valutazione del magistrato. Tuttavia sull’intero sistema delle intercettazioni agiremo in modo più organico e sistematico”.

Se non fosse il Guardasigilli, ma ancora il commentatore sulla giustizia del Messaggero non avrebbe tuonano contro questa norma liberticida?

“Shakespeare c’insegna che una buona ragione deve cedere a una ragione migliore. Le buone ragioni che avevo come editorialista cedono oggi a quelle migliori delle necessità politiche, sia pure, come dice lei, rischiando i morsi della tigre”.

Lei parla inglese e francese, manda a memoria Churchill... come fa a sottoscrivere 15 righe che negano il diritto di manifestare scritto nell’articolo 17 della Costituzione?

“Mi scusi, ma il diritto di manifestare non c’entra nulla. Qui si parla di invasione arbitraria di terreni ed edifici altrui, per di più con pericoli imminenti. La norma può esser perfezionata, ma a nessun piacerebbe che così tante persone entrassero senza permesso in casa mettendo a rischio salute e incolumità propria e altrui. Quanto al mio amore per la lingua francese, esiste un principio: “reculer pour mieux avancer”. Con questa norma abbiamo inteso dare un segnale di ferma e severa legalità. Prossimamente daremo quelli di tutela dei diritti dei cittadini per quanto riguarda la loro libertà, il loro onore e la loro riservatezza in tutte le fasi del procedimento penale”.

Possibile che il suo garantismo si fermi solo a cancellare l’abuso d’ufficio per sindaci e amministratori?

“Non è affatto una questione di garantismo, ma di efficienza. Sono stati i sindaci, in gran parte di sinistra, a chiedere l’abolizione o la revisione di questo reato che paralizza l’amministrazione, ha creato la paura della firma e costa all’economia un intollerabile rallentamento. I sindaci stessi hanno chiesto un incontro: lo faremo entro brevissimo tempo, ascolteremo e registreremo le loro proposte e ne trarremo le conseguenze. Se poi il loro partito sarà contrario questo sarà un loro problema politico interno”.

Da una contraddizione all’altra, l’ergastolo ostativo. Non ricordo un suo scritto favorevole alla linea del “marcite in galera”. Ai tempi di Mani pulite era accusato di essere morbido. Adesso come fa a difendere un testo che, contro la Consulta, mette tanti e tali paletti che nessun ergastolano potrà più sperare nella liberazione condizionale?

“Ho scritto e ripeto qui che per me l’ergastolo è come l’inferno secondo i moderni teologi: esiste ma tende a svuotarsi, e se uno si pente, la misericordia dell’Onnipotente è infinita. Ma almeno un gesto di buona volontà ci dev’essere. Se un criminale si ostina a rimanere tale anche in carcere, non possiamo essere più misericordiosi del Signore, che esige un minimo di redenzione. Sarebbe un atto di arroganza blasfema. E così è per il cosiddetto ergastolo ostativo. Dove comunque sarà il giudice e decidere, proprio perché è stato eliminato l’automatismo, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale”.

Però lei si è rivolto alle famiglie dei detenuti suicidi mostrando la faccia garantista dello Stato...

“È così. È stata la mia prima uscita, come simbolo di estrema attenzione sia per gli operatori sia per gli stessi detenuti. La pena non deve essere inumana, ma deve tendere a migliorare o comunque a non peggiorare la personalità del condannato. Lo scrive la Costituzione, lo impone l’etica e lo suggerisce l’utilità: il carcere non deve essere criminogeno”.

Il decreto sull’ergastolo non è un altolà alla Consulta? Uno schiaffo della serie “fatti da parte che ci penso io”?

“Al contrario, abbiamo ascoltato i suggerimenti della Corte, eliminando l’automatismo”.

Con il rinvio della riforma penale Cartabia, ex presidente della Consulta bisogna ricordarlo, ha voluto compiacere i magistrati e ottenere la loro non belligeranza? Non rischia di scontrarsi con la Ue e far perdere i denari del Pnrr all’Italia?

“Questa è bella. Dopo anni di dissensi con l’Anm ora ne cercherei il consenso. La realtà è che se le sue osservazioni sono giuste vanno accolte, se non sono condivisibili vanno respinte. In questo caso la mancanza di risorse avrebbe prodotto una paralisi del sistema giudiziario, e le istanze dei Procuratori generali erano fondate. Il rinvio consentirà di attuare la riforma rispettando i tempi, senza soffocare le Procure”.

Potrebbe giurare sulla testa dei suoi amati gatti Rufus e Romeo Leonetto che questo “sacrificio” non è un prezzo pagato alla concezione carcerocentrica di Fratelli d’Italia?

“Sì, e considerando l’affetto che ho per miei due gatti ci può credere”.

Pensa davvero che questo governo - con le Meloni e i Salvini - consentirà il decollo della giustizia riparativa, della tenuità del fatto, delle pene sostitutive per condanne fino a quattro anni?

“Penso molto di più. Che questo governo riuscirà a riformare il codice penale, firmato da Mussolini, in senso liberale secondo i dettati della Costituzione, che indicano la funzione della pena e la necessità che essa sia proporzionata al crimine”.

Dopo Regina Coeli e Poggioreale visiterà altre carceri? E che potrà promettere ai detenuti in sofferenza, solo più spazio vitale ma nessuna vera garanzia?

“Certamente. Il mio capogabinetto ha già programmato una serie di visite a vari istituti. I miei erano gesti soprattutto di indirizzo simbolico. La struttura del ministero agirà ora in senso operativo. Faremo di tutto per trovare le risorse e migliorare la situazione degli operatori penitenziari. Di conseguenza migliorerà anche quella delle situazioni più critiche, sempre nel rispetto della certezza e della esecuzione della pena”.

Confermerà l’attuale capo del Dap Carlo Renoldi che ha fama di garantista?

“Il Presidente Renoldi è stato da me pubblicamente elogiato durante queste visite per la sua opera. Per ora ho provveduto solo alle nomine più urgenti e indispensabili, quella dei capi del gabinetto e dell’Ufficio legislativo. Per le altre abbiamo fino a 90 giorni di tempo per decidere”.