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di Liana Milella

La Repubblica, 16 settembre 2023

Dopo Calenda il Guardasigilli vuole il consenso di Italia viva sulla giustizia e alla festa di Santa Severa incassa applausi a scena aperta. I decreti del governo con l’aumento delle pene? Servono per tenere a bada l’allarme sociale. Il contesto è di quelli favorevoli. La platea pronta all’applauso. I renziani fanno il tifo per il Guardasigilli Carlo Nordio. Non gli fanno mancare la “ola”. E alla fine dello spettacolo, alla festa di Italia viva a Santa Severa, una data da ricordare quella del 13 settembre, Matteo Renzi corre sul palco per salutare con evidente affetto il ministro della Giustizia super garantista che è stato prontissimo a muovere l’azione disciplinare contro i pubblici ministeri di Firenze che indagano giusto sul leader di Italia viva per via dei presunti finanziamenti illeciti in arrivo da Open. In un crescendo, Nordio prima ha annunciato l’invio degli ispettori pubblicamente in aula al Senato in replica a un’interrogazione dello stesso Renzi e poi ha mandato il dossier con la richiesta di mettere sotto “processo” i due pm al procuratore generale della Suprema corte.

Che ci sia feeling tra i due è innegabile. Che Nordio, scoprendo la politica, voglia allargare la maggioranza sulla giustizia anche a Carlo Calenda e Matteo Renzi pure. Del resto le idee collimano. E non c’è terreno favorevole proprio come quello della giustizia per sperimentare la “maggioranza elastica”. Nordio ci mette del suo, non si risparmia proprio quando interloquisce con due garantisti come il direttore del Foglio Claudio Cerasa e il deputato di Iv Roberto Giachetti. Certo, magari un Guardasigilli scrupolosamente attento al conflitto d’interesse avrebbe dovuto evitare di andare proprio dal capo partito per cui ha mosso un’azione disciplinare da lui stesso sollecitata.

Ma certo non è un caso se Nordio riproponga proprio a Santa Severa, davanti a un pubblico favorevole, un’idea che con insistenza si affaccia a più riprese in via Arenula, quella di separare le carriere dei giudici e dei pm senza ricorrere necessariamente a una legge costituzionale, ma sfruttando le possibili maglie già esistenti per rendere, se non impossibile, quantomeno difficilissimo, una sorta di chimera, passare da una carriera all’altra. Le parole di Nordio sono chiare: “La separazione è nel programma di governo, o la si fa bene con una riforma costituzionale, oppure la si fa nell’ambito della Costituzione vigente, ma non si raggiungono gli stessi risultati”. E quando Cerasa gli chiede se si potrà fare “entro l’anno” lui replica: “C’è già un progetto in Parlamento, e lì ci potremmo agganciare”.

Insomma, una “via breve”, per evitare non solo un lungo percorso tra Camera e Senato, ma soprattutto l’intralcio alla premier visto che di certo il premierato preme assai di più a Giorgia Meloni della separazione tra giudici e pm. Ai puristi che da anni inseguono l’obiettivo, e con esso la discrezionalità dell’azione penale e la scissione in due del Csm, uno per i pm e uno per i giudici, l’idea della separazione “fatta in casa” non piace affatto. E già serpeggia un mormorio di protesta dalle parti delle Camere penali dove il tuttora presidente Gian Domenico Caiazza, che ha portato in Parlamento la raccolta delle firme per una legge di iniziativa popolare in materia, vede questa “mezza” separazione non solo come un segnale di impotenza, per non fare quello che si deve fare. Ma con il misero risultato del “vorrei ma non posso”.

Del resto Nordio è fatto così, lui vorrebbe essere super garantista, ma poi fa il decreto Rave, il decreto Cutro, il reato universale sull’utero in affitto, il decreto Caivano. E teorizza pure, proprio come ha fatto davanti ai fan di Italia viva, che sia giusto così tant’è che dice: “In certi momenti è necessario che il governo dia il segnale che lo Stato c’è e che ha intenzione di perseguire reati odiosi, se guadiamo agli aumenti di pena sul piano dell’efficacia preventiva è illusorio che siano un deterrente perché il delinquente non va certo a vedere il codice prima di commettere un reato. Ma quell’aumento di pena obbedisce al principio dell’allarme sociale”. A Napoli la chiamerebbero “a mossa”.