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di Francesco Grignetti

La Stampa, 14 gennaio 2024

Nel mirino l’uso dei cosiddetti “trojan” e i messaggi inoltrati. Prossimo passo, la stretta sugli smartphone. Nel senso che i magistrati, quando avranno in mano il cellulare di un indagato, non potranno più rovesciarlo come un calzino e tirarne fuori a loro discrezione tutti gli elementi che ritengono utili alle indagini. Sta per arrivare un nuovo ddl del ministro Carlo Nordio che pone una serie di paletti nel segno del garantismo. Non tutto quel che c’è nei telefonini potrà essere duplicato, non tutte le comunicazioni o le informazioni immagazzinate saranno utilizzabili come prova. Questo nuovo capitolo, il ministro l’ha annunciato in Parlamento due giorni fa. Ci saranno regole più stringenti sull’uso dei trojan: “Un vulnus enorme alla nostra privacy, all’articolo 15 della Costituzione”. E ci sarà anche un’attenzione particolare agli smartphone sequestrati.

“Il cellulare - ha detto infatti Nordio, in risposta a una interrogazione del senatore Pierantonio Zanettin, Forza Italia - non è più un documento, è una vita. Non contiene solo le sue conversazioni con i suoi interlocutori, ma le conversazioni degli altri interlocutori con altri interlocutori, che vengono poi trasferite attraverso quel sistema di inoltro (si chiama così) per il quale sequestrando un cellulare del signor Muzio Scevola, non si sequestra soltanto la vita di Muzio Scevola, ma anche quella di Furio Camillo, di Tizio, Caio, Sempronio e Martino”. E par di capire, insomma, che ci sarà un trattamento specifico per le chat che coinvolgono più persone.

Il provvedimento ha la strada spianata, politicamente parlando. Qualcosa il ministro l’aveva accennata già a dicembre, dal palco di Atreju, che è il palcoscenico più caro a Giorgia Meloni. “Sequestrare un telefonino - disse il ministro - è sequestrare una vita, in quanto ormai è pieno di atti riservati, anche se per fortuna la Consulta ha fatto piazza pulita sulla corrispondenza”. Si riferiva alla recente sentenza della Corte costituzionale sul caso Renzi che ha chiarito definitivamente come un messaggio Whatsapp vada equiparato a corrispondenza (il cui segreto è tutelato dalla Costituzione, e può essere violato dal magistrato solo con atto motivato) e non è un semplice pezzo di carta dimenticato in un cassetto, acquisibile per le vie brevi.

Stavolta la maggioranza di destra-centro pare davvero compatta. Il ddl del ministro ricalcherà infatti la Relazione conclusiva di Giulia Bongiorno, votata al termine di una indagine conoscitiva sulle intercettazioni, svolta al Senato nei mesi scorsi. Scriveva l’esponente leghista: “Un’immagine o una localizzazione geo-satellitare oppure l’acquisizione occulta di chat pregresse contenute in uno smartphone, si ritiene possano essere considerati documenti informatici acquisibili ex articolo 234 del codice di procedura penale”. E qui, dietro la citazione al codice, c’è il vulnus alle garanzie perché con il 234 si acquisisce e basta. Ma questa prassi, secondo la commissione Giustizia del Senato, considerando le nuove tecnologie, “rasenta la piena libertà di investigazione info-telematica”.

Il garantista Nordio annuncia quindi una “rivoluzione copernicana”. Si passerà dall’acquisibile tutto e liberamente, al pochissimo e solo con decreto motivato di un giudice. L’indagato, inoltre, potrà realizzare anche una copia dei dati che si trovano sul cellulare, al fine di verificare se ci sono state manomissioni. Perché questo è il sospetto brandito contro gli investigatori: il trojan - come ha verificato l’indagine conoscitiva del Senato - può acquisire a distanza innumerevoli dati presenti nel telefono bersaglio, tra cui anche le vecchie fotografie, pure quelle conservate nel cloud. “Una vera e propria perquisizione del dispositivo cellulare senza la necessità di sequestro del dispositivo, con le successive verifiche”. E ancora non si è parlato della intelligenza artificiale e della sua capacità di creare foto o audio più veri del vero.