sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Francesco Grignetti e Francesco Olivo

La Stampa, 14 marzo 2024

Restano gelidi i rapporti tra la premier e il Guardasigilli, costretto poi alla rettifica. Accelerazione sulla separazione delle carriere. Si sono seduti uno accanto all’altra, pochi sguardi, un saluto formale e poi ognuno per la sua strada. I rapporti tra Giorgia Meloni e Carlo Nordio restano gelidi come non mai. Sull’orlo di una rottura totale. Ieri i due erano in prima fila al convegno del governo sul fisco a Montecitorio, e all’uscita la premier ha cercato di attenuare le notizie sulla freddezza dei loro rapporti, in seguito alla proposta di istituire una commissione d’inchiesta sui presunti dossieraggi, avanzata dal Guardasigilli e ostacolata con durezza da Palazzo Chigi: “Abbiamo fatto una riunione tre giorni fa...”. Mentre Nordio senza troppa convinzione aggiungeva, “ma quale lontananza?”. Ma siamo solo al mattino e la giornata ha ancora molto da offrire.

La presidente del Consiglio fa riferimento a una riunione che si è svolta lunedì sera a Palazzo Chigi. Al tavolo oltre a Meloni e Nordio, c’erano i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, i tre sottosegretari di via Arenula e i presidenti delle commissione Giustizia di Camera e Senato. Il vertice è rapido, quaranta minuti in tutto, si discute delle riforme da portare avanti, a cominciare dalla separazione delle carriere tra pubblica accusa e giudici. È una delle storiche bandiere di Nordio, ma il ministro viene descritto come silenzioso e ombroso, visti gli scontri dei giorni precedenti sul caso dei dossieraggi. A parlare sono quasi soltanto i vicepremier, il Guardasigilli dice che entro aprile può arrivare un disegno di legge. Fratelli d’Italia aveva chiesto di evitare la sovrapposizione con il premierato (un intento dilatorio, secondo Forza Italia), ma la riforma costituzionale è già incardinata e quindi non ci sono più argomenti per rimandare. I tempi saranno lunghi e questo rassicura quella parte di FdI che non vorrebbe aprire uno scontro con la magistratura. Il 25 marzo è in calendario alla Camera l’esame della proposta di legge di Forza Italia sulla separazione delle carriere, ma nel partito della premier sono certi che non si arriverà al voto. Al contrario si potrebbe anticipare l’approvazione del ddl che abolisce il reato di abuso d’ufficio.

Ieri si è riaccesa una polemica sul ministro della Giustizia. Poco dopo l’evento pubblico alla Camera, il ministro della Giustizia si sposta alla Corte d’Appello di Roma e da lì lancia messaggi di chiaro malumore: “La Giustizia non dà un riscontro. Non dà un rientro politico favorevole. Se un ministro costruisce un ospedale gli dicono “bravo”, se io costruisco un carcere mi dicono “utilizzi soldi per far stare bene chi spaccia droga”“. In sostanza, per Nordio il suo è “un ministero ancillare”. Così, Nordio trae delle conseguenze: “Le risorse sono dunque limitate perché vi è scarsa attenzione finanziaria, è un ministero importante nella forma e non gradito nella sostanza”. Parole durissime, lette a Palazzo Chigi come una risposta allo stop alla commissione d’inchiesta e in ogni caso come l’ennesima prova della tendenza a non trattenere le proprie considerazioni.

Sull’ultima uscita di Nordio cala il silenzio della maggioranza, ma in compenso interviene l’opposizione: “Il ministro denuncia un fatto di estrema gravità: per il governo Meloni le risorse per la giustizia sono limitate perché il ministero è visto dall’attuale esecutivo importante nella forma ma “non gradito” nella sostanza” dice Debora Serracchiani responsabile Giustizia del Pd. “Secondo Nordio, la Giustizia negli equilibri del governo Meloni è un ministero di serie B - attaccano le capogruppo M5S nelle commissioni Antimafia e Giustizia, Stefania Ascari, Valentina D’Orso e Ada Lopreiato -, il ministro lascia intendere che secondo il centrodestra si tratta di un ministero che non porta voti. Ma non si vergogna?”. La bufera è tale che Nordio è costretto a chiarire: “Sono indignato dal grave e strumentale travisamento - dice -. I dati parlano da soli sul tema degli investimenti e delle risorse previste in bilancio per il funzionamento del sistema giudiziario, penitenziario, minorile e di comunità- Rispetto al 2021, sono aumentati, anche grazie al Pnrr, di circa 2,25 miliardi di euro”. Per finire con un omaggio che in molti hanno ritenuto riparatorio: “Ringrazio ancora una volta Meloni per la grande attenzione che pone alla priorità delle riforme della giustizia, confermata anche nell’ultimo incontro di lunedì durante il quale è stato definito il cronoprogramma delle riforme”. A sera una fonte vicina alla premier chiarisce: “Oggi ha chiarito. Vediamo cosa dirà domani”.