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di Simona Musco

Il Dubbio, 15 luglio 2023

Il Guardasigilli ha precisato che puntare a una modifica del concorso esterno non significa negare l’esistenza di “attività che debbano essere punite perché sono compiute senza far parte del sodalizio e senza concorrere minimamente in termini causali agli scopi dell’organizzazione”.

“Non vi è alcun cedimento al contrario nella lotta contro la mafia, ma c’è un’esigenza di certezza di diritto” perché “la stessa parola “concorso esterno” è un ossimoro”, che parte da “una contraddizione lessicale della lingua italiana: concorrere deriva da concurrere, correre insieme, stare insieme, stare dentro, mentre estraneo deriva da extra, stare fuori, quindi non ha senso mettere insieme chi sta dentro con chi sta fuori, o si sta dentro o si sta fuori”. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio non cede di un millimetro. Dopo le parole dello “scandalo” pronunciate a Piazza Vittorio ad un evento di Fratelli d’Italia, questa volta lo fa in videocollegamento con Torino per un convegno sulla figura dell’avvocato Vittorio Chiusano, precisando che puntare ad una modifica del concorso esterno non significa negare l’esistenza di “attività che debbano essere punite perché sono compiute senza far parte del sodalizio e senza concorrere minimamente in termini causali agli scopi dell’organizzazione”, ma affermare che “devono essere consacrate in una norma ad hoc”.

Ed è dunque questo quello che il ministro vorrebbe fare: tipizzare il reato e non lasciarlo all’incrocio tra gli articoli 416-bis e 110 del codice penale, due norme, tra l’altro, “abbastanza indeterminate”, fanno sapere da via Arenula. Da dove arrivano smentite secche relativamente a qualsiasi polemica con Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio che dopo le dichiarazioni di Nordio si è affrettato a smentire qualsiasi intervento su tale reato. Non ci sarebbe, in tal senso, nemmeno un vero e proprio piano del ministro, più convinto della necessità di accelerare il passo sulla separazione delle carriere, tanto da volerla portare all’attenzione dei colleghi nella prossima riunione di maggioranza. Ma la polemica infuria e a Nordio è toccato provare a chiarire le proprie parole anche in un’intervista al Corriere della Sera. Dove - forse per recuperare, forse no - quel che lascia intendere è che il suo intervento potrebbe essere addirittura in senso punitivo rispetto allo stato attuale. “La mia interpretazione è anche più severa” di quella degli ex colleghi che lo hanno criticato, ha infatti dichiarato, “perché anche chi non è organico alla mafia, se ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti”.

Il che potrebbe significare allargare il perimetro dell’associazione, facendoci ricadere anche chi, allo stato attuale, viene considerato “solo” un favoreggiatore. Rimarrebbe, in ogni caso, da descrivere tutto un campo d’azione che esclude la possibilità di contestare l’associazione, per il quale Nordio suggerisce una vecchia idea di Giuliano Pisapia, ovvero “scrivere una norma ad hoc molto semplice e molto chiara”. L’allora deputato di Rifondazione ci aveva provato nel 2001, quando ha proposto di introdurre nel codice l’articolo 378 bis, che puniva con una pena da tre a cinque anni chi “favorisce consapevolmente con la sua condotta un’associazione di tipo mafioso o ne agevola in modo occasionale l’attività”. Una proposta più volte ripresa, con vari aggiustamenti sulla forbice della pena, ma alla fine sempre boicottata.