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di Simona Musco

Il Dubbio, 24 luglio 2023

Per l’avvocato Gaetano Pecorella una caratteristica fondamentale di un politico è “non solo la prudenza, ma anche la coerenza. Altrimenti corriamo il rischio che un ministro sia giudicato garantista per le cose che dice, anche se le cose che fa non sono per nulla garantiste”. “Bisogna mettere nella posizione di ministro non solo una persona che conosce il diritto, ma anche una persona che capisca cos’è la politica. E Nordio, che sicuramente conosce bene il diritto, non sta ragionando da politico”. A dirlo, al Dubbio, è Gaetano Pecorella, penalista e già presidente della Commissione Giustizia alla Camera.

Nordio è intervenuto sul concorso esterno, scatenando un putiferio e ricevendo un “rimprovero” da parte di Meloni. Che ruolo ha in questo governo?

Il Guardasigilli è un’entità autonoma all’interno del governo, infatti è l’unico di cui parla la Costituzione. Credo che qualunque governo, ogni volta che fa una scelta, debba lasciare la mano libera a via Arenula, perché la riforma della Giustizia non deve costituire una scelta di campo, ma una scelta coerente con la Costituzione e necessaria per far funzionare la giustizia. Capisco il senso politico di queste polemiche, ma dovrebbero restare interne al governo e non investire il Paese. Il fatto che Nordio abbia autonomamente rappresentato la necessità di una norma sul concorso esterno è legittimo, perché si tratta di una costruzione dottrinale della Cassazione che è cambiata molte volte, il che incide sulla certezza del diritto e anche sulla legalità. Ma essendo un settore particolarmente sensibile, può costituire un problema di immagine per un governo, per cui capisco anche la risposta di Meloni.

Ma su questi argomenti si può ragionare o legiferare sulla base dell’emotività o da tifosi, anziché in termini giuridici?

La politica ha necessità del consenso popolare e bisogna essere estremamente prudenti. Se, ad esempio, su un argomento come la separazione delle carriere non c’è più niente da giustificare, altre situazioni, come quelle che riguardano la mafia, incidono sul consenso. E in questi casi il modo di muoversi senza rischio è pensare prima che tipo di norma si vuole introdurre, concordandola col governo e possibilmente con l’opposizione, e poi esporla al pubblico. Altrimenti, con un’espressione generica, si rischia di far pensare a chi non è addetto ai lavori di voler eliminare, per esempio, la responsabilità di quei politici scesi a patti con la mafia, con una norma che restringe il campo di azione. Da qui nascono i problemi di Nordio.

Aveva ragione Meloni, dunque, a dire che dovrebbe parlare di meno e farlo da politico e non da magistrato?

Direi che bisognerebbe parlare come un soggetto che ha una responsabilità di fronte a milioni di persone. Questo vuol dire fare politica. Bisogna mettere nella posizione di ministro non solo una persona che conosce il diritto, ma anche una persona che capisca cos’è la politica. E Nordio, che sicuramente conosce bene il diritto e ha toccato dei temi che da anni richiedono un intervento, non sta ragionando da politico.

Altra polemica: la separazione delle carriere. C’è chi dice che così si darà troppo potere al pm e chi dice che, invece, lo stesso finirebbe sotto il controllo del potere politico. Dove sta la verità?

Il pm diventerebbe una parte e questo coinvolge l’obbligatorietà dell’azione penale, che andrebbe rivista. Come avviene in tutti i Paesi in cui questo è già realtà, come negli Usa, deve fare riferimento a qualcuno che fa scelte politiche. E costui può essere un soggetto eletto dal popolo oppure il ministro della Giustizia, il procuratore capo, il procuratore generale o un soggetto eletto dal Parlamento. Ma anche con questa riforma temo si parta al buio, senza sapere dove si vuole andare. Bisogna prima discuterne politicamente, anche con le opposizioni, altrimenti non ci sono i numeri per fare due Csm.

Il presidente dell’Anm ha sottolineato che la politica tende a correre in soccorso ai magistrati quando questi lamentano un’interpretazione non gradita delle norme da parte della Cassazione. Sta accadendo anche adesso, con Meloni pronta ad intervenire in materia di criminalità organizzata. Cosa ne pensa?

Non è di certo la scelta giusta farsi dire dalla Cassazione che leggi fare, come accade sempre più spesso. Ma non è nemmeno giusto non riflettere su quello che dicono i giudici della Suprema Corte, altrimenti avremmo una legge che non si applica quella scritta dal Parlamento - e una che si applica - quella scritta dalla Cassazione. Perché la politica può dire quello che vuole, ma poi è la Cassazione che decide, com’è successo con il concorso esterno.

L’abrogazione dell’abuso d’ufficio è al centro delle discussioni: anche l’Europa non ha gradito il ddl Nordio. È la scelta giusta?

È una norma teoricamente a tutela dei cittadini, per evitare che il funzionario pubblico possa approfittare della propria situazione di potere danneggiando il privato. Ma la norma è scritta oggi in modo molto generico e può essere utilizzata per atti persecutori. Forse la cancellazione non è la strada migliore. La mia impressione è che per apparire come colui che ha cambiato la giustizia radicalmente, questo ministro si muova per grandi passi, mentre il cambiamento deve avvenire per piccoli passi.

Ritiene che sia più vicino al modello di giustizia di Forza Italia o che sia a casa sua in FdI, sicuramente più giustizialista rispetto alle idee di Nordio?

Quello che oggi il ministro sostiene e vorrebbe fare è quello che ha sempre sostenuto fosse necessario per cambiare la giustizia. Non sta seguendo, secondo me, una linea anziché un’altra, ma le sue convinzioni. C’è una coincidenza con quello che ha sempre sostenuto Forza Italia, ma Nordio ha una sua idea della giustizia. Da un punto di vista tecnico non fa una piega, perché non è pensabile un processo accusatorio se il giudice non è terzo ed equidistante. Segue uno schema, il modello ideale del processo accusatorio che è in Costituzione. Qui si ha un po’ l’impressione che siano norme manifesto. Ma se vai avanti per la tua strada senza avere dietro il Paese hai già perso.

Nordio ha sempre detto che introdurre nuovi reati non è la scelta giusta. Ma il suo primo provvedimento è stato esattamente questo: punire i rave, spiegando che a volte serve mandare un messaggio politico. Non è una contraddizione?

Credo che una caratteristica fondamentale di un politico sia non solo la prudenza, ma anche la coerenza. Altrimenti corriamo il rischio che un ministro sia giudicato garantista per le cose che dice, anche se le cose che fa non sono per nulla garantiste. Questo va assolutamente evitato. Non si può essere garantisti a parole e poi punire i ragazzini che bevono la birra in compagnia di altri 50 coetanei. Ma il partito di cui fa parte è di estrema destra, non garantista. Sarebbe davvero il colmo considerarlo tale.