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di Mario Di Vito

Il Manifesto, 15 agosto 2023

Dopo gli ultimi casi di suicidio, il ministro insiste con la ricerca di nuove celle. Prima aveva negato la proroga delle semi libertà. È con un videomessaggio inviato a tutte le carceri italiane che il ministro della giustizia Carlo Nordio ha deciso di celebrare il ferragosto. Qualche minuto per fare il punto della situazione, ribadire la linea e cercare di aggiustare (in parte) il tiro uscito storto sabato scorso, quando la sua visita alle Vallette - teatro di due suicidi tra i detenuti in nemmeno 24 ore - si è risolta in un mezzo disastro, tra i fischi dei carcerati ad accoglierlo e una serie di dichiarazioni che hanno scandalizzato l’opinione pubblica e chi abitualmente si occupa della vita dietro le sbarre. L’intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera, in effetti, non bastava, soprattutto perché, tra tanti buoni propositi, il ministro ha insistito con il suo paragone tra i suicidi di Torino e quelli dei gerarchi nazisti a Norimberga: far passare i casi di Azzurra Campari e Susan John più o meno come quelli di Herman Goering e Robert Ley nel nome delle difficoltà della sorveglianza dei reclusi non è di certo la migliore metafora possibile, ma tant’è.

Per il resto Nordio, nel suo videomessaggio, da un lato ha detto che “troppo spesso il carcere viene dimenticato, soprattutto in questo periodo, con la gente che è in ferie” e dall’altro però non ha offerto soluzioni all’infuori dell’idea di convertire alcune caserme a case circondariali per chi è condannato a pene brevi e che non destano allarme sociale, e assumere altro personale: “Vi assicuro che stiamo lavorando con la massima energia per ridurre i disagi, assumendo nuovo personale: abbiamo assunto 57 nuovi consiglieri penitenziari e 2.800 appartenenti alla polizia penitenziaria”. Questo dovrebbe in qualche modo placare le proteste dei sindacati, che periodicamente tornano a chiedere più assunzioni e di solito le ottengono dopo brevi trattative. Il piano Nordio sulle caserme, invece, prenderà quota a settembre, quando dovrebbe partire una ricognizione degli edifici che potrebbero diventare nuove prigioni. Si parla già di dieci siti individuati, ma le risposte sul punto dovrà darle il ministero della Difesa, con la mediazione per il passaggio di amministrazione che poi passerà per il Demanio. Il calcolo approssimativo dei benefici è incerto: in Italia ci sono 42.511 condannati definitivi, di questi 1.553 devono scontare una pena inferiore a un anno e altri 2.820 arrivano a due anni. Il totale fa 4.373, poco più del 10% del numero complessivo di ospiti dello Stato.

L’altra idea per migliorare almeno di un po’ le condizioni all’interno delle patrie galere è di ampliare i colloqui telefonici dei detenuti con i loro familiari (“Scintille preziose nel percorso di ravvedimento di chi espia la pena”, dice il ministro). A questo va aggiunto un generico impegno ad “aumentare l’aiuto psicologico a chi versa in condizioni di disagio” e a favorire il lavoro sia dentro le carceri sia per chi ne esce. Duro il commento di Walter Verini del Pd, che invita il ministro a “fare più fatti e meno proclami”, perché “nei mesi scorsi, il governo ha respinto le proposte del Pd e altri per prorogare ai detenuti semiliberi la possibilità di continuare a dormire fuori del carcere dopo una giornata di lavoro. Durava da due anni senza alcun problema. Ha fatto orecchie da mercante sugli appelli dei garanti e nostri per garantire alle persone detenute video-telefonate e telefonate quotidiane con le famiglie e i figli”.

Dall’inizio di questa legislatura sono state depositate undici proposte di legge sul carcere, ma una sola (a prima firma Cecilia D’Elia) prende in considerazione il problema del sovraffollamento e degli spazi all’interno degli istituti di pena. Lo scorso marzo, poi, il sottosegretario Andrea Delmastro era arrivato addirittura a proporre di far uscire almeno i tossicodipendenti per affidarli alle comunità di recupero ma l’idea è morta lì senza che nessuno dal governo o dalla maggioranza abbia cercato di darle seguito.

Intanto, per quello che riguarda il suicidio a Torino della ventottenne Azzurra Campari, la procura ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. Per ora non ci sono indagati e la formulazione dell’ipotesi di reato è funzionale alla possibilità di svolgere gli accertamenti di rito. Il caso, comunque, è stato separato da quello di Susan John, la 42enne morta dopo alcune settimane di sciopero della fame.