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di Errico Novi

Il Dubbio, 6 febbraio 2024

Dopo le dichiarazioni critiche del ministro sul Csm troppo “indulgente” nel giudicare gli illeciti e l’operosità dei magistrati, si riapre la partita del decreto che dovrebbe attuare la legge Cartabia, e che vede il Parlamento su posizioni anche più dure di quelle del guardasigilli.

Venerdì sera. Appuntamento pubblico su giustizia e non solo, organizzato da Nicola Porro e intitolato “La Ripartenza, liberi di pensare”. È il genere d’occasione in cui il ministro Carlo Nordio offre il meglio delle proprie qualità di oratore. La materia è delicata, suggestiva e attuale: le valutazioni dei magistrati. Il guardasigilli ne parla in riferimento alla duplice accezione, disciplinare e professionale: “Il ministro della Giustizia ha potere d’impulso, non di sanzione: il Csm è sovrano”, è la premessa. Poi però arriva un affondo senza perifrasi: “Se guardiamo alle sanzioni disciplinari irrogate dal Csm, non sempre sono conformi alle aspettative, rispetto alla gravità del comportamento”. E ancora: “Al di là delle sanzioni disciplinari, andrei oltre, vorrei prendere in mano i fascicoli di quei magistrati oggetto di sanzioni anche severe: sono tutti bravissimi ed eccellenti”, ha aggiunto.

Parole di rilievo certo non solo accademici, visto che sulle valutazioni delle toghe, e in particolare sui relativi “fascicoli”, c’è una riforma tuttora in discussione. Nella sua breve ma affilata critica, Nordio conclude: “C’è qualcosa che non funziona nel sistema delle pagelle ai magistrati”, appunto, “non possono essere tutti bravissimi, intelligentissimi e operossisimi”.

Vecchia storia. Che da anni vede tracimare, nel racconto pubblico sulla magistratura, le microvicende di magistrati promossi, in sede di “valutazione di professionalità”, nonostante parossistici ritardi nel deposito delle sentenze, per esempio. E sono ormai arcinote - e più volte ricordate sulle pagine del Dubbio - le “indulgenze” in numerosi procedimenti disciplinari, con rare fragorose eccezioni tra cui spicca la radiazione di Luca Palamara.

La narrativa è varia e ampia. Ma Nordio mostra di non voler assecondare la linea benevola che, a suo dire, il giudice dell’attività e degli illeciti togati, ossia il Csm, continua a seguire. Non è chiaro però, né il guardasigilli ne ha parlato in modo esplicito, neppure nell’ampia intervista di domenica alla Stampa, se l’insofferenza si tradurrà a breve in nuove e più severe norme. E anzi, resta in sospeso, come detto, proprio la riforma che dovrebbe riguardare anche le valutazioni, professionali innanzitutto, dei magistrati: la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario.

La materia è in calendario, almeno formalmente, anche per questa settimana, nelle commissioni Giustizia delle due Camere. Si è in ritardo con i termini massimi concessi al Parlamento per esprimere i previsti pareri: la riforma in questione è contenuta in due decreti legislativi, delegati dalla legge delega di Marta Cartabia. L’Esecutivo, prima di emanare in via definitiva i provvedimenti, deve attendere la valutazione e le richieste formali di modifica, non vincolanti, che provengono dalle commissioni di Camera e Senato. Di fatto, i quattro pareri (i decreti come detto sono due, uno sulla riforma nella sua parte generale, l’altro sui fuori ruolo) dovrebbero essere espressi dal Palamento in sintonia con le aspettative del governo, in modo cioè da concordare una formulazione che possa essere effettivamente recepita, in sede di emanazione definitiva, dal Consiglio dei ministri. Prassi consolidata e, in fondo, non criticabile.

Il punto è che la riforma è “sospesa” proprio su uno degli aspetti segnalati con tono critico da Nordio all’evento organizzato venerdì scorso da Nicola Porro: le “pagelle” dei magistrati. Nel relativo decreto, proprio il meccanismo di valutazione è stato un po’ indebolito. In particolare rispetto al peso dei cosiddetti insuccessi processuali. Nel testo, delegato infatti, non si fa riferimento, come invece avveniva nella legge delega, alla “gravi anomalie” registrabili sia in termini statistici, cioè sul complesso dell’attività del magistrato, sia rispetto a singoli particolari procedimenti. Nel “fascicolo”, dunque, i flop clamorosi, o la tendenza di un giudice o di un pm a vedere frequentemente smentite le proprie decisioni nei gradi successivi del giudizio, non sono più annoverati.

Vero è che un simile compendio statistico e analitico richiederebbe al Csm, che dovrebbe gestire il database, una dotazione di personale di gran lunga più robusta, oltre a un sistema informatico che ad oggi neppure via Arenula possiede. Ma la rinuncia formale a livello normativo sembra un po’ contrastare con le stesse preoccupazioni di Nordio.

A segnalare il paradosso è, da tempo, il deputato di Azione Enrico Costa, che nella precedente legislatura aveva presentato l’emendamento sul “fascicolo”. Ma in generale sono tutte le forze di maggioranza a lamentare, almeno in Parlamento, una certa freddezza del governo rispetto ai contenuti più corrosivi (nei confronti dei magistrati) della riforma. Così Nordio rischia di restare un po’ stretto fra la propria ambizione e l’effettiva “propensione al rischio” dell’Esecutivo. È una linea esitante che in fondo si manifesta solo quando c’è direttamente in gioco la carriera dei magistrati. Nel caso del ddl penale e, per esempio, delle intercettazioni o dell’abuso d’ufficio, le cose vanno meglio.

Da domani, martedì 6 febbraio, questa riforma sarà in discussione nell’Aula di Palazzo Madama che, dopo il via libera della commissione Giustizia, potrebbe licenziarla l’indomani. A breve, sempre al Senato, arriverà, per l’approvazione in seconda lettura e quindi potenzialmente definitiva, la riforma della prescrizione, è anche in questo caso sembrerebbe che non debbano verificarsi dietrofront. Ma sulle carriere e sulle valutazioni delle toghe, Nordio si trova più avanti, nelle dichiarazioni pubbliche, di quanto dicano gli atti concreti.

Da settimane, tra l’altro, è congelato a Palazzo Madama anche il ddl che dovrebbe introdurre il sorteggio temperato per l’elezione dei togati al Csm. Anche lì la variabile che ferma tutto è il parere del governo. Come se, quando si tratta di affondare il colpo sui magistrati, l’Esecutivo di centrodestra fosse fulminato da un improvviso raptus di paura.