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di Virginia Piccolillo

Corriere della Sera, 14 luglio 2023

Il ministro della Giustizia: “Avanti con la separazione delle carriere, esiste in tutto il mondo”. Sul caso Delmastro: “L’imputazione coatta la critico da 25 anni: è un residuo del vecchio codice”.

Ministro Carlo Nordio. Perché vuole porre mano all’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa? Non è voluta da Giovanni Falcone?

“Premetto che questo argomento non fa parte del programma di governo, ma poiché in un dibattito mi è stata chiesta la mia opinione sono ben lieto di ripeterla”.

Qual è?

“Tra il 2002 e il 2006 ho presieduto la Commissione per la riforma del codice penale, con autorevoli accademici, magistrati e avvocati, e ho studiato tutto ciò che era stato scritto in materia”.

E cosa ne avete dedotto?

“Praticamente all’unanimità la Commissione ha concluso che il concorso esterno andava tipicizzato con una norma ad hoc, perché non esiste come fattispecie autonoma nel codice, ma è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale che coniuga l’art 110, sul concorso, con il 416 sull’associazione”.

E questo cosa comporta?

“Ha comportato un’estrema incertezza applicativa. Tanto che la Cassazione ha cambiato piu volte indirizzo, e ancora fatica a trovare una definizione convincente”.

E quindi?

“Le voci per introdurre una norma tipica sono quasi universali nel mondo universitario e forense. Cito per tutti il professor Giovanni Fiandaca, sui cui testi si sono formate due generazioni di giuristi, che auspica fortemente una formulazione specifica di questo reato”.

L’opposizione e suoi colleghi chiedono di mantenere questo strumento utile.

“Non mi stupisco che arrivino bordate dall’opposizione: la politique n’a pas d’entrailles. E nemmeno dalla stampa più critica, che leggo sempre con benevola indulgenza. Mi sorprende che arrivino da magistrati, che da tecnici del diritto dovrebbero sapere che il concorso esterno è ormai, per dirla con Churchill, un enigma dentro un indovinello avvolto in un mistero”.

Non teme di favorire la criminalità organizzata?

“La mia interpretazione è anche più severa della loro, perché anche chi non è organico alla mafia, se ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti. Tant’è che quando ho diretto l’inchiesta sulle Br venete negli anni ‘80 abbiamo sempre contestato il reato associativo anche a chi si prestava a semplici contatti, dal soccorso medico al volantinaggio, e li abbiamo tutti fatti condannare come appartenenti alla banda armata”.

Allora cosa critica?

“Che il concetto di concorso esterno è un ossimoro: o si è esterni, e allora non si è concorrenti, o si è concorrenti, e allora non si è esterni. Se si affrontassero questi argomenti con animo freddo e pacato, e non con polemiche sterili, troveremmo una soluzione”.

Quale?

“La formulazione proposta da Giuliano Pisapia: scrivere una norma ad hoc molto semplice e molto chiara”.

C’è uno scontro politica-magistratura?

“Dopo le polemiche originate dalle mie prime critiche sull’interferenza della magistratura sul ddl prima di averne letto il testo, ho ricevuto i rappresentanti dell’Anm. È stato un incontro estremamente cordiale dal punto di vista personale, anche se esistono idee diverse sulle riforme da fare. Ci siamo concentrati più sui temi condivisi, come l’efficienza della giustizia e l’implementazione delle risorse, che su quelli dove la pensiamo diversamente”.

Pace fatta?

“Il confronto continuerà. Sono stato magistrato per quarant’anni, e mi sento ancora tale. Ho citato Terenzio: amantium irae amoris integratio est, i dissidi degli amanti sono un’integrazione dell’amore”.

Perché l’imputazione coatta di Delmastro è stata vista dal governo come anomala?

“L’imputazione coatta, indipendentemente dal caso attuale, la critico da 25 anni: è un residuo del vecchio codice - quando c’era il giudice istruttore - inserito nel nuovo Vassalli per un compromesso: il legislatore non ha avuto il coraggio di attuare compiutamente il sistema accusatorio, dove il pm è monopolista e arbitro dell’azione penale”.

Perché pensa sia irrazionale?

“Perché, dopo l’imputazione coatta, in tribunale non arriva, come un tempo, un fascicolo completo di tutte le indagini, ma un fascicolo vuoto, e il giudice deve chiedere al pm di illustrare le ragioni dell’accusa. Ma che farà il pm, se lui stesso aveva chiesto il proscioglimento? Non potrà certo smentire sé stesso. E il processo collasserà con spreco di tempo e tante sofferenze inutili”.

La imbarazza che pm e gip hanno ritenuto segrete le relazioni della polizia penitenziaria al contrario di ciò che disse lei in Parlamento?

“Figuriamoci se mi sono sentito in imbarazzo. Le interpretazioni normative sono così volatili che la stessa Cassazione più volte ne ha dato di opposte sulla medesima norma. Aspettiamo il seguito”.

Si accelera sulla separazione delle carriere?

“La separazione delle carriere è consustanziale al processo accusatorio voluto da Vassalli, partigiano antifascista pluridecorato, socialista e garantista. Purtroppo, come ho detto, è stato attuato a metà. Essa esiste in tutto il mondo anglosassone, e non mina affatto l’indipendenza della magistratura requirente. Tuttavia richiede una revisione costituzionale, e quindi il cammino è più lungo. Comunque fa parte del programma di governo, e sarà attuata”.

Ma cosa c’entra con l’efficienza della giustizia?

“Separazione delle carriere significa anche discrezionalità dell’azione penale e facoltà del pm di ritrattarla. Tutte cose che in questo momento la Costituzione non consente. Ma se fossero attuate eviterebbero almeno un trenta per cento dei processi che si rivelano inutili e dannosi e rallentano la celebrazione di quelli più importanti e quindi la giustizia sarebbe più celere”.