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di Giuliano Foschini

La Repubblica, 26 febbraio 2023

Di Marco Raduano detto Pallone, capomafia del Gargano, pericoloso e ai più sconosciuto come la sua organizzazione criminale, le inchieste giudiziarie, le sentenze di condanna, raccontano molto ma non tutto: giovane sanguinario, intelligente imprenditore pronto sempre a stupire, come quando i poliziotti trovarono un suo arsenale e un boa constrictor a proteggerlo. Ma, come per tutti, per sapere ogni cosa bisogna andare non negli archivi giudiziari. Ma da sua madre che, in una vecchia registrazione, di Marco diceva: “Vede quello che deve ancora succedere”.

È così che Marco Raduano è scappato dal supercarcere di Badu e Carros in Sardegna. Ha visto oltre: ha creato contatti e visto le falle di un sistema bucato, ha calcolato ogni centimetro e ci ha provato. Mettendo in pratica la più clamorosa fuga della nostra storia recente: ieri il video di quelle cinque lenzuola legate una all’altra, a penzoloni fuori dal muro di cinta della prigione inespugnabile, un ragazzo appeso che si teneva a quella corda di cotone e saltava, per poi sparire nel nulla, era tradotto in tutte le lingue del mondo, tra i più visti su TikTok. Anche perché Raduano non è scappato per caso. Ma legate a quelle lenzuola ci sono un lungo elenco di complicità, errori, buchi, sottovalutazioni. Questi.

Marco Raduano scontava una condanna definitiva per associazione a delinquere e traffico di droga aggravato dal metodo mafioso. Leader degli scissionisti di Vieste, fu lui a dare - secondo la Direzione nazionale antimafia - il via alla stagione più nera della mafia del Gargano: una ventina di omicidi, realizzati e tentati, nel giro di pochi mesi. A breve sarebbero arrivate le prime condanne nei processi che lo vedono accusato di aver preso parte agli omicidi di Giuseppe Silvestri e Omar Trotta e al tentato omicidio di Giovanni Caterino, il presunto basista della strage di San Marco in Lamis.

Raduano è anche però l’Immortale: è scampato a un agguato a colpi di kalashnikov e c’è ancora chi si chiede come. Da qualche mese era finito in carcere in Sardegna, per ragioni di sicurezza. Non a caso la Dda di Bari, con il parere positivo della Dna, aveva chiesto per lui il 41 bis. Il carcere duro. “Necessario limitare i contatti con l’esterno”, avevano detto. Ma non gli avevano creduto. E così, seppur in un carcere di alta di sicurezza, era un detenuto comune.

Raduano in carcere aveva chiesto e ottenuto di lavorare, come era suo diritto. Scegliendo di trascorrere gran parte della giornata nella biblioteca del carcere motivandolo con una passione per i libri. Mentiva. Le sale della biblioteca sono al piano più alto dell’istituto. E dall’alto, si sa, le cose si vedono più chiare. Da quelle finestre con vista panoramica da settimane Raduano aveva studiato i movimenti delle guardie. Si era così accorto, come hanno denunciato gli agenti della Polizia penitenziaria, che anche l’inespugnabile istituto di Badu e Carros - che rappresenta un pezzo di storia criminale di questo paese: ha ospitato mafiosi e terroristi dagli anni 80, qui è stato ucciso Francis Turatello, qui è morto Luciano Liggio - soffre di carenze di personale: e così un pezzo del muro di cinta, nel pomeriggio, non era sorvegliato da alcun agente.

Sapeva quindi che al cambio turno, dopo le 16, avrebbero potuto non vederlo, se avesse provato a fuggire. Per raggiungere, però, il muro di cinta dalla biblioteca era necessario superare alcune porte ferrate. Non è stata segata alcuna grata. Nessun agente è stato rapito. È assai probabile, quindi, che Raduano avesse le chiavi. Così come all’esterno qualcuno lo aspettava: dal video si vede chiaramente che dopo il salto, scappa in una direzione precisa. All’esterno quindi sapevano. Ed è quasi certo che sia stato lui ad avvisare che stava per fuggire grazie a uno delle centinaia di micro cellulari che ogni giorno si accendono e si spengono nelle prigioni italiane.

Dunque, c’era chi lo aspettava fuori. E probabilmente chi lo ha aiutato a scappare dentro: della fuga se ne sono resi conto soltanto alle 19, due ore dopo, quando non lo hanno visto rientrare in cella. Ora si indaga sui compagni, a conferma di una saldatura tra la criminalità foggiana e quella sarda. E su chi lavora a Badu e Carros. Il Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap) ha avviato un’indagine interna. La Penitenziaria e la Mobile di Nuoro lo cercano nell’isola ma è possibile che sia già altrove: troppo tempo è passato, e Raduano ancora non appare.

Il procuratore antimafia di Bari, Roberto Rossi, ha alzato il livello massimo di allerta a Foggia e sul Gargano in particolare: a Vieste hanno sparato i fuochi di artificio, ma il sindaco ha giurato che fosse soltanto per festeggiare un compleanno. E non un fuggitivo. Certo è che un anno fa dai domiciliari era scappato anche uno degli uomini più vicini a Raduano, Gianluigi Troiano, detto U minorenn. Nessuno sa dov’è. Nemmeno lui.