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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 5 febbraio 2024

L’Italia dovrà adeguarsi alla sentenza della Corte costituzionale sul diritto all’affettività in carcere e garantire momenti di intimità anche dietro le sbarre. La storica sentenza della Corte costituzionale, che riconosce pienamente il diritto all’affettività e alla sessualità dei detenuti, ha indicato il dovere dell’amministrazione penitenziaria di organizzare appositi spazi affinché questo diritto sia esercitato. Mentre la politica è indietro, lo Stato di Diritto - grazie all’intervento della magistratura di sorveglianza e della Consulta - promuove un cambiamento di paradigma dell’esecuzione penale, che inevitabilmente dovrà adeguarsi anche l’architettura carceraria.

Significativo è il passaggio finale della sentenza costituzionale: “È altresì opportuno valorizzare qui il contributo che a un’ordinata attuazione dell’odierna decisione può dare - almeno nelle more dell’intervento del legislatore - l’amministrazione della giustizia, in tutte le sue articolazioni, centrali e periferiche, non esclusi i direttori dei singoli istituti. Venendo meno con questa decisione l’inderogabilità del controllo visivo sugli incontri, può ipotizzarsi la creazione all’interno degli istituti penitenziari - laddove le condizioni materiali della singola struttura lo consentano, e con la gradualità eventualmente necessaria - di appositi spazi riservati ai colloqui intimi tra la persona detenuta e quella ad essa affettivamente legata”. L’indicazione è chiara: trovare spazi adeguati per garantire l’affettività.

Si tratta, quindi, di realizzare, all’interno delle strutture detentive, luoghi riservati e intimi, sottratti al controllo visivo e uditivo della polizia penitenziaria. In sostanza, si concepiscono spazi abitativi attrezzati e arredati, dove consentire al soggetto detenuto di vivere momenti di normalità domestica, attraverso incontri con i propri familiari e momenti di intimità con la persona con cui ha una relazione affettiva. Tale realizzazione è possibile nelle strutture non solo vecchie e sovraffollate, ma anche con 3.905 locali inagibili?

È possibile partire, in primis, dall’attuazione delle misure deflattive richiamate non solo dalle associazioni che si occupano dei diritti umani come Antigone, Nessuno Tocchi Caino o movimenti politici come il Partito Radicale, ma anche dai sindacati di polizia penitenziaria come la Uilpa. Per quanto riguarda sia l’aspetto finanziario che la realizzazione dei posti per l’affettività, viene in aiuto il disegno di legge approdato in parlamento e promosso dalla regione Toscana nel 2020.

A marzo del 2021, la 5a commissione del Senato (Bilancio) ha richiesto al ministero della Giustizia, tramite il Dipartimento per i rapporti con il Parlamento, una relazione tecnica su una stima di massima dei costi di realizzazione. I tecnici del ministero, chiamati a rispondere, hanno trasmesso una valutazione orientativa dell’eventuale impatto economico dell’intervento e rappresentato la necessità di differirne la realizzazione nel tempo e, in ogni caso, di non intaccare i fondi già stanziati per l’edilizia penitenziaria, destinataria di plurimi interventi.

Nei fatti pensare di non usare fondi appositi per creare locali adeguati è impossibile. Nel disegno di legge promosso dalla regione Toscana, infatti, si specifica che durante la prima fase potrà essere affidata all’ufficio tecnico del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria l’attività di riconoscimento delle strutture esistenti negli istituti penitenziari, per individuare gli immobili da destinare alle “case dell’affettività”. All’attività di riconoscimento dovrà seguire quella di progettazione esecutiva dei lavori, da effettuare sempre a cura dell’ufficio tecnico del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. I fondi per realizzare gli interventi dovranno quindi essere reperiti nell’ambito dei fondi del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, destinati ai lavori sugli immobili pubblici, per i quali esiste una specifica programmazione dedicata all’edilizia penitenziaria.

Lo spazio per l’affettività è stato elaborato anche dalla “Commissione per l’Architettura penitenziaria” istituita il 12 gennaio 2021 su volere dell’ex ministra della Giustizia, Marta Cartabia. I contenuti del documento “Il carcere della Costituzione” hanno riguardato i concetti guida, schemi planimetrici e ideogrammi, necessari per definire un format (intendendosi con ciò non un programma in sé, ma un complesso di linee guida) del carcere corrispondente al dettato della Costituzione. Sono stati definiti ed enucleati gli spazi/elementi e i relativi diagrammi relazionali capaci di rappresentare il format richiesto alla Commissione: ed è qui che compaiono anche gli spazi per l’affettività. Spazi che ora sono da ricercare, un obbligo che ha lo Stato italiano a seguito delle indicazioni della Corte Costituzionale.

Le case dell’affettività non possono essere la riproduzione di una cella detentiva. Nei Paesi dove l’affettività è già garantita da decenni, le persone, a vario titolo coinvolte familiarmente nella vicenda detentiva, si possono incontrare periodicamente in luoghi caratterizzati da un clima domestico, pur nel rispetto della dovuta sicurezza. In alcuni casi si tratta di monolocali o bilocali residenziali, a volte provvisti di terrazza, o semplicemente di stanze con servizio igienico annesso, simili a quelle di un albergo, collocati adeguatamente nei corpi di fabbrica della prigione. L’Italia dovrà necessariamente adeguarsi. Tutto ciò dovrà essere accompagnato inevitabilmente da misure deflattive.