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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 22 giugno 2023

In un’interrogazione il deputato di Avs Marco Grimaldi ha posto l’accento sulla salvaguardia della salute mentale di chi è privato della libertà. “Chiedo al ministro della giustizia di consentire più chiamate e videochiamate come ai tempi dell’emergenza pandemica”.

È ciò che auspica il deputato Marco Grimaldi di Alleanza Verdi e Sinistra nell’interrogazione a risposta scritta, presentata venerdì scorso, dove solleva una questione di grande rilevanza e urgenza: il numero elevato di suicidi negli istituti penitenziari italiani e la necessità di adottare iniziative concrete per contrastare tale fenomeno.

L’interrogazione ricorda che la redazione Ristretti Orizzonti, la Conferenza nazionale volontariato giustizia e Sbarre di zucchero, insieme con altre 149 associazioni che si occupano del mondo carcerario, hanno avviato una campagna per consentire ai detenuti ristretti nelle carceri italiane di mantenere i contatti a distanza con i propri affetti tramite videochiamate e telefonate, come già avvenuto durante il periodo dell’emergenza Covid. È importante sottolineare che nel 2022 si è registrato il numero più alto di suicidi tra i detenuti italiani dal 1990, l’anno in cui è iniziata la raccolta dei dati.

L’interrogazione rivolta al ministro Nordio si evidenzia che la questione dei suicidi in carcere rappresenta ormai un’emergenza che richiede un intervento immediato. Secondo lo psichiatra Diego De Leo, esperto di suicidologia, l’aumento delle opportunità di comunicazione e dei legami con l’esterno non solo renderebbe più sopportabile la vita all’interno delle carceri, ma contribuirebbe anche a prevenire almeno alcuni dei numerosi suicidi che ancora avvengono nelle strutture detentive italiane. L’articolo 15 dell’ordinamento penitenziario stabilisce che il trattamento del condannato e dell’internato deve agevolare opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia. Tuttavia, come riportato da un detenuto in un articolo pubblicato sul sito ristretti.org il 4 maggio 2023, il limite di una telefonata settimanale di dieci minuti ha avuto un impatto negativo sulla vita familiare, portando a una perdita dei legami affettivi che erano stati rafforzati durante l’emergenza Covid.

Durante il periodo di emergenza sanitaria, è stata adottata una soluzione positiva per mantenere i detenuti più sereni e per favorire i legami affettivi, consentendo videochiamate e telefonate quotidiane. Tale iniziativa ha permesso alle persone detenute di chiamare casa più spesso e di rivedere le loro famiglie attraverso le videochiamate. Tuttavia, le regole pre-pandemia prevedono solo 10 minuti di telefonata a settimana e 6 ore di colloquio al mese, limitando significativamente il diritto all’affettività e alle relazioni familiari dei detenuti.

Alla luce di queste considerazioni, il deputato Grimaldi sottolinea quanto sia fondamentale che il Ministero della Giustizia assuma iniziative urgenti per contrastare il numero elevato di suicidi nelle carceri italiane. È necessario che vengano adottate misure efficaci per garantire il diritto all’affettività e alla salute psicologica dei detenuti. In primo luogo, il mantenimento della possibilità di effettuare videochiamate e telefonate quotidiane rappresenta un aspetto fondamentale. Queste forme di comunicazione consentono ai detenuti di mantenere i legami con i propri affetti, di sentirsi meno isolati e di ricevere sostegno emotivo dall’esterno. È importante che tali iniziative non siano limitate al periodo di emergenza sanitaria, ma diventino una prassi costante all’interno del sistema penitenziario.

Inoltre, occorre rivedere le regole pre-pandemia che limitano i tempi di telefonata e di colloquio tra detenuti e familiari. La restrizione di soli 10 minuti di telefonata a settimana e 6 ore di colloquio al mese non tiene conto dell’importanza delle relazioni familiari nel processo di recupero e reintegrazione sociale del detenuto. Dedicare più tempo alle comunicazioni familiari può favorire una maggiore stabilità emotiva e un senso di appartenenza che possono contribuire a prevenire situazioni di disagio e disperazione. Parallelamente, sempre nell’interrogazione parlamentare, si fa presente che è essenziale potenziare i servizi di supporto psicologico all’interno delle carceri. D’altronde emerge la necessità di investire su operatori sanitari e psicologi, fondamentali per affrontare le problematiche specifiche dei detenuti e fornire loro un sostegno adeguato. La salute mentale dei detenuti deve essere presa in considerazione con la stessa attenzione riservata alla salute fisica, garantendo un accesso equo e tempestivo ai servizi di assistenza e cura.

Il fenomeno dei suicidi nelle carceri italiane richiede una risposta immediata e globale da parte del Ministero della Giustizia. È necessario garantire ai detenuti il diritto all’affettività, alla salute mentale e alle opportunità di reintegrazione sociale. Oltre che promuovere misure deflattive per ridurre il sovraffollamento. Da ricordare anche l’appello promosso dalle “ragazze di Torino”, sottoscritto da 144 detenute del carcere “Lorusso e Cutugno”, dove si chiede di approvare la proposta di legge Giachetti, quella della liberazione anticipata speciale. Solo attraverso un impegno costante e misure che realizzino ciò che indica la Costituzione, la via maestra, sarà possibile ridurre il numero di suicidi nelle carceri e offrire una prospettiva di speranza e cambiamento per coloro che sono privati della propria libertà.

Negli anni tante proposte e zero fatti. Ma 10 minuti a settimana sono pochi

Il diritto all’affettività in carcere è una questione sollevata da tempo, ma in questi ultimi sette anni, con sei governi diversi, alla fine il Parlamento non ha preso in considerazione le varie proposte, a partire dai decreti per la riforma Orlando scaturiti durante gli Stati generali dell’esecuzione penale del 2015, grazie all’impulso dell’ex guardasigilli del Pd. Lo scopo era per arrivare a definire un nuovo modello di esecuzione penale e una migliore fisionomia del carcere, più dignitosa per chi vi lavora e per chi vi è ristretto. Così come sono rimaste nel limbo le proposte di legge sull’affettività elaborate dalle regioni Toscana e Lazio.

Da parte di molti giuristi, d’altronde, arrivano da tempo richiami sia all’articolo 2 della Costituzione italiana, che riguarda i diritti inviolabili della persona, sia agli articoli 3 e 8 della Convenzione nazionale dei diritti dell’uomo, che vietano i trattamenti inumani e degradanti e tutelano il diritto al rispetto della vita privata e familiare. La liberalizzazione delle telefonate rientra anche tra le proposte della commissione presieduta da Marco Ruotolo (ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Roma Tre) voluta dalla precedente ministra della Giustizia Marta Cartabia. Una liberalizzazione per i detenuti appartenenti al circuito di media sicurezza qualora non vi siano “particolari esigenze cautelari, per ragioni processuali o legate alla pericolosità”.

In particolare, la proposta prevedeva la possibilità di acquistare al sopravvitto apparecchi mobili “configurati in maniera idonea e funzionale con le dovute precauzioni operative (senza scheda e con la possibilità di chiamare solo i numeri autorizzati) per evitare qualsiasi forma di utilizzo indebito”. Per cui il detenuto sarebbe libero di utilizzare l’apparecchio nei tempi e con le modalità indicate dall’Amministrazione (es. solo nella camera di pernottamento).

Ma anche il documento della commissione Ruotolo è finito nel nulla. Come ha ricordato l’associazione Antigone tramite un documento dello scorso anno dove ha elaborato delle proposte, la previsione di una telefonata a settimana di una durata massima di 10 minuti appare oggi assai datata. Nel 1976, quando le chiamate erano rare e care, la telefonate potevano durare un massimo di 6 minuti. Nel 2000, il tempo fu portato agli attuali 10 minuti, ma all’epoca i telefonini erano ancora poco diffusi. “Appare evidente come in considerazione dei tempi correnti, la revisione della normativa relativa alle telefonate sia più che necessaria”, ha chiosato l’associazione.