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di Michela Cuccu

La Nuova Sardegna, 10 agosto 2024

“Nel carcere di Massama il servizio sanitario è talmente precario che la direttrice ha inviato un sollecito alla Asl, informando tra gli altri, anche il ministero della Giustizia e lo stesso Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Altrettanto ho fatto io che ho scritto anche al sindaco sollecitando il suo intervento perché è impossibile andare avanti con un medico presente per poche ore, mai quotidianamente, tanto che spesso l’ambulatorio resta chiuso”.

Denuncia una situazione “che sta comportando gravi violazioni di legge”, il garante dei detenuti, Paolo Mocci: “Ho chiesto l’intervento del sindaco Massimiliano Sanna quale autorità sanitaria locale, responsabile della condizione di salute della popolazione del suo territorio, comprendente anche la porzione di popolazione detenuta - spiega - mi sono rivolto anche al presidente del Consiglio comunale, Giuseppe Puddu, al quale ho chiesto di informare e coinvolgere l’assemblea consiliare”. Le autorità competenti Mocci le ha avvertite tutte: dal prefetto, al provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna, ma anche solo per citarne alcuni, l’assessore regionale alla Sanità e i garanti nazionali dei detenuti.

“Faccio mie le preoccupazioni della direttrice del carcere, Elisa Milanesi che ha segnalato una precarietà insostenibile - dice - in queste condizioni a Massama si violano le leggi. Ad esempio: non si riesce a garantire la visita medica obbligatoria al momento dell’ingresso che permetta di accertare se il detenuto abbia subito violenze o maltrattamenti ma anche, nei casi sospetti, di effettuare i controlli per evitare il diffondersi di malattie contagiose tra la popolazione carceraria”. Mocci prosegue spiegando che senza la presenza costante del medico, non si può assicurare la visita necessaria prima del trasferimento del detenuto per certificare lo stato psico-fisico e le condizioni che rendono possibile sopportare o meno il viaggio.

A Massama, come riferisce il garante, questa visita può essere effettuata soltanto a ridosso della partenza. E poi ci sono i controlli sanitari quotidiani e obbligatori per i detenuti tenuti in isolamento che a Massama non sono garantiti. Niente accertamenti tempestivi anche nel caso di scontro fisico tra detenuti ed è impossibile persino monitorare i parametri vitali di coloro che rifiutano di mangiare e bere. Attualmente il servizio di medicina è ridotto ad appena il 25 per cento di quanto sarebbe necessario. “Non è ammissibile. Teniamo conto che a Massama su 260 detenuti, 200 sono in regime di alta sicurezza. Spesso si tratta di detenuti anziani, con patologie croniche legate anche alla lunga detenzione. La presenza costante del medico in una struttura come questa è indispensabile”. Ma di medici per il penitenziario non se ne trovano.

È quanto ribadisce il direttore generale della Asl, Angelo Maria Serusi, che rispondendo alla lettera della direttrice, afferma: “Purtroppo la disponibilità di personale medico non è sufficiente a garantire tutte le esigenze. Abbiamo percorso tutte le vie possibili per il reclutamento di personale medico e medico-specialistico, attuando per tempo selezioni, attraverso l’ausilio della medicina convenzionata di Ares. Le selezioni bandite da Ares si sono rivelate infruttuose ed allo stato attuale non si intravedono soluzioni atte a compensare le carenze”. Secondo Mocci a questo punto è indispensabile seguire strade alternative. “Innanzitutto che si offrano incentivi finanziari e professionali per attrarre medici verso il servizio penitenziario. Questo potrebbe includere stipendi competitivi, benefici aggiuntivi e possibilità di avanzamento di carriera”.

Tra le possibili soluzioni c’è anche il ricorso alla telemedicina e agli Ascot: “Il progetto, inaugurato proprio nel bacino sanitario di Oristano, avrebbe l’efficacia innanzitutto di rendere economicamente più appetibile il lavoro in carcere per i medici. L’utenza che si rivolge alla medicina penitenziaria d’altronde non è composta solo dalle persone ristrette ma anche da tutti coloro che durante l’orario di lavoro possono aver necessità di assistenza medica”. L’ultima proposta del garante è di stabilire accordi con università e scuole di specializzazione medica “per creare programmi di tirocinio e specializzazione in medicina penitenziaria”.