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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 21 ottobre 2023

Era stato ritrovato impiccato un anno fa nella cella dell’istituto penitenziario sardo di Oristano. Sembrava un caso chiuso. Uno dei tanti suicidi che avvengono con un ritmo inquietante nelle nostre patrie galere. Ma ora la Procura, dopo una strenua battaglia legale, ha riaperto le indagini. Parliamo di Stefano Dal Corso, un detenuto trasferito temporaneamente dal carcere di Rebibbia in vista di un’udienza importante. Il 12 ottobre 2022 è stato trovato così morto nella sua cella. Sebbene ufficialmente sia stato dichiarato un suicidio, i dettagli circostanziali e le domande che aleggiavano nell’aria hanno sollevato una serie di interrogativi inquietanti.

L’uomo era stato ritrovato un anno fa impiccato nella sua angusta cella, usando il suo stesso lenzuolo, abilmente legato a una grata della finestra. Tuttavia i dubbi hanno iniziato a sorgere quando i suoi familiari hanno cominciato a porre delle domande. I parenti del defunto hanno segnalato stranezze sospette che circondavano la sua morte, sospettando che ci fosse molto di più dietro questa apparente tragedia autoinflitta. Questi dubbi hanno trovato ulteriore supporto in una strana telefonata registrata da Marisa Dal Corso, sorella di Stefano. Un anonimo interlocutore, apparentemente ben informato, ha esortato la famiglia a non accettare la spiegazione ufficiale. Questa voce misteriosa ha affermato che il fratello era stato strangolato e che l’impiccagione era stata solo una macabra messinscena. “Stefano non avrebbe mai compiuto un atto del genere; aveva una figlia di sette anni e mancava poco alla fine della sua pena”, ha dichiarato la sorella. “Ritengo importante che si effettui l’esame autoptico per chiarire ogni dubbio, nell’interesse di tutti”, le parole di Irene Testa, da pochi mesi insediata in Sardegna come garante delle persone private della libertà. Dopo una strenua lotta, tra richieste e archiviazioni, la procura ha deciso di riaprire le indagini

Ma la battaglia non si è esaurita qui. Ieri, a Montecitorio, si è svolta una conferenza che ha fatto luce sul misterioso decesso di Stefano Dal Corso e ha sollevato gravi interrogativi sullo stato delle carceri italiane. L’evento è stato organizzato da Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, con la partecipazione di Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, Marisa Dal Corso, sorella di Stefano, e l’avvocata Armida Decina, rappresentante legale della famiglia. È stato ricordato che, sin dall’inizio, la Procura ha negato l’autopsia sul suo corpo, dichiarando con certezza che la morte era dovuta a un suicidio per impiccagione. Tuttavia, la sorella di Stefano, Marisa, ha espresso fin da subito dubbi sulla veridicità di questa versione ufficiale. Ha fatto riferimento a una serie di elementi incongruenti, sia prima che dopo la tragica morte del fratello, che hanno sollevato sospetti sulla natura reale del decesso.

L’avvocata Armida Decina, incaricata dalla famiglia Dal Corso, ha perseverato nella ricerca di giustizia nonostante le ripetute archiviazioni da parte della Procura relative alle richieste di eseguire l’esame autoptico sul corpo di Stefano. L’assenza di filmati delle telecamere di sicurezza nell’infermeria, il luogo stesso in cui è avvenuta la tragedia, è stata giustificata con comodi “problemi tecnici”, sollevando dubbi sulla scrupolosità dell’indagine. Solo pochi giorni fa, grazie alla sua instancabile determinazione, è riuscita a ottenere la riapertura delle indagini, aprendo così la possibilità per la verità di emergere.

Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, ha fornito dati raccapriccianti sulle morti in carcere e sulle condizioni di detenzione in Italia. Questi dati sottolineano l’urgente necessità di riforme nel sistema carcerario italiano e sollecitano una riflessione approfondita sulla gestione dei detenuti e sulla loro sicurezza. Roberto Giachetti ha richiamato l’interrogazione parlamentare rivolta al ministro della Giustizia Nordio, chiedendo risposte concrete sul caso di Stefano Dal Corso e sollevando dubbi sul comportamento della Procura riguardo alle richieste di autopsia.

L’interrogazione parlamentare di Giachetti ha gettato luce su questa situazione sconcertante. Il parlamentare ha posto domande dirette e incisive al ministro della Giustizia, chiedendo spiegazioni su ogni aspetto oscuro del caso. Il 4 ottobre 2022 Dal Corso era stato trasferito dall’Istituto Penitenziario di Rebibbia a quello di Oristano, in vista di un’udienza fissata per il 6 ottobre. Ma il 12 ottobre 2022, è stato trovato senza vita nella sua cella. L’orario della morte, le 15, è stato comunicato alla sorella, Marisa Dal Corso, dal parroco del carcere. Tuttavia, le circostanze della morte del detenuto hanno sollevato significativi dubbi. Secondo quanto riportato dall’ex compagna di Dal Corso, Giada Murgia, l’infermiera del reparto, dottoressa Faa, ha dichiarato che Stefano sarebbe morto suicida e che non avrebbe sofferto, in quanto nel cadere si era spezzato l’osso del collo, causandone la morte immediata. Tuttavia, la sorella di Dal Corso non ha mai accettato questa versione ufficiale, sottolineando una serie di dettagli incoerenti raccolti prima e dopo la tragica morte del fratello.

Nella sua interrogazione, Giachetti ha evidenziato che le richieste di giustizia della famiglia e del difensore di Marisa, l’avvocato Armida Decina, sono state costantemente respinte dalla Procura di Oristano. Nonostante le continue richieste di un’indagine accurata e di un’autopsia, queste sono state sempre archiviate. Anche le richieste di ottenere i filmati delle telecamere dell’infermeria del carcere di Oristano sono state respinte, con l’argomentazione di un presunto malfunzionamento delle apparecchiature.

L’interrogazione parlamentare di Giachetti ha sollevato domande dirette al ministro della Giustizia sulle circostanze della morte di Dal Corso. In particolare, il deputato ha chiesto se l’amministrazione penitenziaria fosse a conoscenza delle irregolarità segnalate e se fosse vero che le telecamere dell’infermeria non avessero funzionato quel giorno, comprese le stanze detentive. Il deputato di Italia Viva ha anche chiesto l’implementazione di misure che garantiscano l’acquisizione immediata dei filmati in caso di morte di un detenuto, al fine di fornire prove utili per tutte le parti coinvolte. Inoltre, ha domandato se ci fossero casi noti nel 2023 in cui le autorità giudiziarie non avessero disposto l’autopsia in caso di decesso di un detenuto, senza fare distinzioni tra suicidio e morte per altre cause.

Questa interrogazione ha messo in evidenza non solo il caso di Stefano Dal Corso, ma anche l’urgente necessità di una revisione trasparente e completa dei protocolli che circondano le morti dei detenuti nelle carceri italiane. Il sistema carcerario è ora sotto stretta osservazione, e la comunità si attende risposte chiare e azioni decisive per garantire che situazioni come questa non si ripetano mai più. La ricerca della verità e della giustizia continua, sia per Stefano Dal Corso che per tutte le persone coinvolte in queste tragiche circostanze.