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di Andrea Priante

Corriere del Veneto, 8 settembre 2023

“Hanno strumentalizzato le mie parole. Ormai ci sono abituata. Se i bambini sono la migliore umanità, i detenuti come li dovrei definire? Sono persone che qualcosa di male nella vita devono pur averlo fatto. Ma non è un’umanità irrecuperabile: credo fermamente nella capacità di redenzione di chiunque”.

Assessore Elena Donazzan, lei è finita di nuovo nelle polemiche per aver definito i carcerati “la peggior umanità”. Cosa intende?

“Qualunque cosa io dica viene pesata e giudicata nell’ottica di dimostrare che Donazzan è fascista. Come se l’essere una donna di destra, significhi avere un peccato originale da scontare”.

Lei ha detto ai rappresentanti della polizia penitenziaria che “non esistono regole d’ingaggio chiare in assoluto, quando abbiamo a che fare con la peggiore umanità” e che gli agenti non hanno a che fare “con le signorine: qui dentro c’è la parte degenerata della società”. Davvero non si aspettava delle critiche?

“Partiamo dalle regole di ingaggio. Per anni gli agenti hanno chiesto che venissero fissate delle regole di intervento in caso di situazioni di particolare tensione all’interno del carcere. Regole che consentano anche a loro di sapere fino a dove possono spingersi senza rischiare di finire sotto processo. Finalmente il ministero della Giustizia ha approvato un protocollo operativo, ed è una buona notizia anche se gli istituti di pena sono realtà complesse e quindi è impossibile decodificare tutte le situazioni che si possono creare al suo interno. Come assessore al Lavoro, ho semplicemente espresso questo pensiero a dei rappresentanti sindacali”.

Ma lei ha anche definito i detenuti “la peggiore umanità”, dei “degenerati”...

“Gli agenti di polizia penitenziaria non devono vigilare su una scuola dell’infanzia, ma su un carcere. E se i bambini sono “la migliore umanità”, i detenuti come li dovrei definire? Sono persone che qualcosa di male nella vita devono pur averlo fatto, per essere recluse. E i continui episodi di violenza ai danni di agenti e operatori, dimostrano che lavorare nelle prigioni significa esporsi proprio alla pericolosità dei detenuti”.

Risse e tensioni spesso sono la conseguenza di altri problemi “strutturali” alle carceri italiane, non crede?

“È giusto interrogarsi sulle condizioni all’interno degli istituti. Sicuramente il sovraffollamento e la scarsità di organico di agenti e operatori sono un problema che va ad acuire il rischio che le tensioni degenerino. Ma anche su questo fronte il governo si sta muovendo: c’è l’intenzione di aprire nuove strutture e assumere personale per sorvegliarle”.

In prigione non ci finiscono solo criminali incalliti. Lei stessa, in passato, ha difeso persone finite in cella, come Walter Onichini, condannato per aver sparato a un ladro in fuga. Sono tutti “degenerati”?

“Ma certo che no, e io non volevo generalizzare ma solo esprimere la mia solidarietà agli agenti penitenziari. In generale, la “peggiore umanità” non significa un’umanità irrecuperabile: credo fermamente nella capacità di redenzione di chiunque, come nel potenziale riabilitativo dei nostri istituti di pena. Da quando sono stata eletta in Regione, ho sempre promosso progetti finalizzati al reinserimento dei detenuti: dai corsi di formazione professionale alle attività culturali. Tutti meritano una seconda occasione”.