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di Valeria Pacelli e Ilaria Proietti

Il Fatto Quotidiano, 7 aprile 2022

Protagonista delle riforme. Nel 2021 propose una commissione sui rapporti con stampa. Prima la legge sulla presunzione di innocenza (già in vigore), poi la proposta di una sorta di pagelle per i pm (di cui si sta discutendo), prima ancora l’istituzione di una commissione parlamentare che valuti anche il “rapporto tra magistratura e mezzi di informazione” (mai concretizzata). Sono tutte iniziative che portano la firma di Enrico Costa, negli ultimi mesi protagonista delle riforme sulla giustizia. Ma chi è questo deputato di Azione le cui battaglie stanno trovando terreno fertile nei ranghi del governo?

Un passato in Forza Italia e poi viceministro a via Arenula con Matteo Renzi, Costa è figlio d’arte: suo padre Raffaele è stato ministro e deputato liberale di lunghissimo corso. E infatti il suo destino politico inizia a Montecitorio: a sette anni Marco Pannella gli insegna a scivolare sui marmi del Transatlantico e a 16 gli regala la tessera del partito radicale. Ma invece dei digiuni e dei banchetti, Costa jr si accasa con Silvio Berlusconi, salvo un momentaneo colpo di testa per l’Ncc di Angelino Alfano e ritorno. Ora sta con Carlo Calenda che come lui non soffre di complessi di inferiorità, diciamo, checchè ne dicano i sondaggi: alla Camera Costa è capogruppo di se stesso, ma sul dossier giustizia conta come un peso massimo. Anche grazie a un certo feeling con la ministra della Giustizia Marta Cartabia che l’altro giorno, per dire, ha accolto la sua proposta sul fascicolo di valutazione dei pm con i risultati da loro conseguiti di tipo quantitativo e qualitativo.

Che detta così sembra una schedatura: tot sentenze di condanna ribaltate in appello, ad esempio, peseranno come un 3 in pagella per uno scolaro somaro, e tanti saluti alla carriera. “Ma quale schedatura, il fascicolo vuole solo disinnescare il potere delle correnti: dove esistono dati di valutazione oggettivi la loro voracità ha un freno”, giura Costa al Fatto mentre attende un nuovo round in Commissione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. “Dal 2010 ad oggi sono state avviate 664 cause di responsabilità civile dei magistrati. In media 57 l’anno, 154 le pronunzie: in 12 anni lo Stato ha subito solo 8 condanne, l’1,2% delle cause iscritte. Domando al ministro: è giusto?”.

Il momento per Costa è particolarmente felice: infatti lo soddisfa tutto sommato pure la stretta alle porte girevoli politica-magistratura anche se si poteva fare di più e meglio: fin dalla prima ora si è battuto perché i magistrati chiamati ad un incarico di gabinetto non tornassero mai più nelle aule di giustizia, un modo come un altro per scoraggiare la categoria fatalmente attratta dal potere politico, per i critici più banalmente un’operazione scientifica di sostituzione etnica: fuori i magistrati, dentro gli avvocati nei ministeri e a Palazzo Chigi. Durante questa legislatura Costa s’è dato da fare, intanto con tuoni e fulmini contro la riforma Bonafede della prescrizione.

Poi con diverse proposte di legge. Come quella, presentata nel maggio 2020, sull’obbligo di trasmettere la sentenza di accoglimento della domanda di riparazione per ingiusta detenzione ai titolari dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati. Due mesi dopo, nel luglio 2020, ne propone un’altra per modificare la composizione del Csm: ridurre la componente togata a favore dell’aumento dei membri laici da eleggere da e tra docenti universitari e avvocati.

Però il pallino di Costa restano le pagelle: per questo a maggio 2021 si è speso per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla regolarità del conferimento degli incarichi direttivi dei magistrati, sullo svolgimento delle elezioni del Csm e pure sul rapporto tra la magistratura e i mezzi d’informazione.

Finora le sue proposte non hanno avuto soddisfazione, ma da quando c’è Cartabia è strafelice: per Costa la nuova legge sulla presunzione di innocenza è un grandissimo risultato: la norma - che tra le altre cose impone ai procuratori di parlare con la stampa solo tramite comunicati ufficiali - è in vigore dal 14 dicembre scorso. Ora l’auspicio è che il ministro vada avanti con altre riforme: intanto Costa voterà i referendum leghisti sulla giustizia, specie quello sulla custodia cautelare “per quanto è scritto con l’accetta”, dice. Ma tant’è.