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di Ludovica Iacovacci

tag24.it, 17 febbraio 2023

La preside dell’istituto Falcone di Palermo Daniela Lo Verde è intervenuta ai microfoni di Radio Cusano Campus per parlare di rieducazione dei detenuti. Il tema della rieducazione dei detenuti è una materia difficile. La rieducazione è un argomento particolarmente importante e delicato perché l’obiettivo è non far ricadere i detenuti negli stessi errori e convertirli in persone nuove. Quanto i titoli di studio favoriscono il riscatto sociale? Ne ha parlato ai microfoni di Radio Cusano Campus la preside dell’istituto Falcone di Palermo Daniela Lo Verde.

Quanto la scuola contribuisce al riscatto di alcune persone, è davvero il luogo del cambiamento?

“Io credo che lo sia o che lo possa essere. Sono 10 anni che abito alla scuola Falcone che si trova al quartiere Zen, un quartiere di periferia, degradato, con un’etichetta di quartiere con alta densità criminale. I modelli che hanno questi bambini non sono sempre modelli positivi, c’è un alto grado di analfabetismo nel quartiere. Quello che proviamo a fare è essere dei modelli per loro, accoglierli e provare a indirizzarli verso nuove prospettive di vita, anche alla scoperta di passioni o talenti che spesso hanno ma che non sanno neanche di avere. La scuola li deve mettere nella condizione di poter scegliere”.

A conti fatti, quante di loro sono persone nuove?

“In questi 10 anni a me pare diversa la scuola, la dispersione scolastica che si contava in termini di abbandono anche alla scuola media inferiore adesso si è trasformata in frequenza irregolare. Quello che mi preoccupa fortemente è la dispersione implicita, cioè il grado di apprendimento che viene raggiunto e che condiziona il percorso scolastico futuro. Per questo bisogna lavorare sulla motivazione, sulla crescita di autostima e sul riscatto sociale, specie in confronto alla generazione precedente. La scuola rimane l’unico luogo sicuro che possa consentire loro di essere sereni, perché possono sorridere e vengono assecondati e ascoltati. Non è raro. È un processo delicato quello di riscattare gli studenti. Non si può considerare solo l’aspetto cognitivo e degli apprendimenti. La persona va guardata a 360 gradi, dal punto di vista della affettività, delle emozioni, anche la cura e la conoscenza delle emozioni che provano e che non sanno gestire, penso alla rabbia che si trasforma in aggressività: a volte è solo il loro modo di relazionarsi perché hanno avuto questo come modello di riferimento. La scuola deve rimanere aperta il più tempo possibile, deve essere dotata di apprendimenti altri, oltre all’apprendimento: attività di laboratorio, ludiche, tutto comporta un apprendimento. Gli stimoli devono essere tantissimi e devono andare a compensare altre fonti”.

È più facile ottenere riscatto da ragazzi o ragazze?

“Lo stereotipo di genere è ancora molto radicato. Dai ragazzi ci si aspetta che inizino a lavorare precocemente, dalle ragazze che si prendano cura della famiglia. Stiamo portando avanti un processo di crescita”.

Cosa servirebbe per migliorare ancora alla scuola?

“C’è un problema di contesto territoriale. Consideri che allo Zen mancano edicole, teatri, cartolerie. Manca qualsiasi spunto possa regalare un sorriso. Questi ragazzi sono privati e vengono fatti crescere fin troppo in fretta. L’altro giorno - a causa o per fortuna di quest’opera che stiamo facendo di diventare scuola, come tutte le scuole del mondo - tre fanciulle sono venute e hanno detto: “Preside dato che siamo all’ultimo anno anche noi faremo il viaggio d’istruzione?”. Lì capisci che hai fatto un buon lavoro perché li stai portando ad affermare diritti che non pensavano nemmeno di avere, dall’altra capisci che devi metterti sottosopra per trovare finanze che ti permettano di portarli in viaggio di istruzione, solo che noi non chiediamo neanche i soldi per l’assicurazione, quindi facciamo fatica. Io non chiedo mai soldi alle famiglie perché so che la maggior parte entrerebbe in difficoltà, e nessuno può rimanere in classe e qualcuno uscire solo per un problema economico. Si chiede aiuto a persone di buon cuore e cerco di partecipare a tutti i bandi e finanziamenti pubblici che ci sono, o cercare progetti che possano far fare la mensa. Ci sono diversi bandi sia europei che nazionali che regionali che ci aiutano da questo punto di vista. Il lavoro è notevole”.

Lo Stato nei vostri confronti dovrebbe avere un occhio di riguardo?

“Noi veniamo trattati come vengono trattate tutte le altre scuole d’Italia, senza alcuno sconto o facilitazione. Né in termini di organici - intendo come numero di personale, sia a livello docenti che collaboratori scolastici - né in termini di agevolazioni finanziarie, né in termini di graduatoria di progetti. Con lo svantaggio che in scuole come queste è difficile trovare qualcuno che abbia voglia di venire o di restare. Abbiamo ogni anno un gran numero di docenti che chiedono trasferimenti. Si ricomincia ogni anno a dover spiegare come prendere le misure con questi ragazzi che hanno tanto da dare ma che hanno anche tantissimi bisogni”.