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di Mirella Riccardi*

Corriere della Sera, 25 luglio 2023

L’impegno nei territori occupati per il supporto psicologico, psichiatrico e sociale rivolto alla comunità palestinese. I piani di contingenza e il futuro. Mirella Riccardi psicologa di Medici Senza Frontiere durante una seduta di salute mentale nell’aprile di quest’anno con Jinan, la cui casa è stata distrutta dalle forze armate israeliane, a Douma

Siamo a Nablus, città bianca, un labirinto di viuzze compone il centro storico, larghe strade e vertiginose curve si dipanano verso i quartieri sui colli. Mi ricorda Napoli. È gennaio, ore otto: attraverso le strade frastornate dai clacson all’ora di punta mi dirigo verso la nostra clinica di salute mentale. Sono appena arrivata. In Palestina. Da questo primo giorno e per i prossimi nove mesi di questo 2023 il mio lavoro, in collaborazione con i colleghi palestinesi, sarà quello di coordinare le attività di supporto psicologico, psichiatrico e sociale per Medici senza Frontiere rivolte alla comunità palestinese che vive nei territori occupati in Cis-Giordania.

Febbraio 2023 - Il mio arrivo è scandito da una escalation di violenza. In un attacco militare nella città vecchia perdono la vita oltre dieci persone. I colleghi palestinesi mi raccontano che questo accade spesso ma che non ci sia abitua al dolore e al lutto. Viviamo e lavoriamo in uno stato di allerta costante. Prepariamo i piani di “contingenza”, quelli per garantire le cure durante i giorni particolarmente instabili. Il tempo scorre, l’occupazione sembra invadere non solo le strade e le città, ma anche la psiche individuale e collettiva, compresa la mia. Mi avvio all’incontro con il danno psichico che l’occupazione provoca.

Marzo 2023 - Io sono una “expat”, cioè una operatrice umanitaria italiana espatriata. Il mio passaporto mi offre il privilegio di poter attraversare le strade e le città. Il mio visto e la mia nazionalità mi consentono liberi spostamenti. Il colore delle targhe è verde per i palestinesi, giallo per gli israeliani. Strade specifiche per gli uni e per gli altri. Muri e fili spinati. Tutto è imprevedibile, deputato al controllo altrui, circondato da un muro tanto fisico quanto invisibile. Psiche occupata.

Maggio 2023 - Qui a Nablus, la città principale della Cisgiordania, ci sono università, scuole, ospedali, palestre, bistrot e caffè. Tuttavia ogni cosa che esiste è avvolta da un velo, un senso amaro di presente e spesso una mancanza di fiducia nel futuro. Dei sogni. Quali sogni possono sopravvivere in un giovane palestinese di fronte a questa insostenibile incertezza? Lavoriamo per rintracciarli e fargli spazio.

Giugno 2023 - Tradurre il dolore in parole, fare spazio ai sentimenti più incastrati: è il nostro mestiere qui. Nel mezzo di un disagio collettivo, lavoriamo per rintracciare e dare spazio alla specificità individuale. I nostri pazienti sono adulti, bambini, giovani. Ognuno con una sofferenza specifica. Ognuno con i propri pezzi di sogni che proviamo a salvare tra le macerie. Lasciamo che prendano il loro spazio, delicatamente nelle vite di ognuno, in una forma unica e specifica per ciascuno. Non possiamo modificare l’esterno, ma provare a rimarginare ferite invisibili resta il nostro atto di cura.

Luglio 2023 - Sono da sei mesi qui, ho svolto riunioni internazionali, letto rapporti, articoli, libri, e non trovo una ragione alla inumanità di queste vicende. La miseria umana si manifesta con tutta la sua forza. Nuovi sfollati, un tempo già rifugiati. Nuove dimore distrutte, altri pezzi di vita sopravvissuti, forse da rimarginare. Una storia infinita di dolore, rabbia e violenza. Dinnanzi agli occhi silenziosi del mondo. Ieri come oggi. Quale è, allora, oggi, l’antidoto contro l’indifferenza? Non l’ho capito bene.

20 luglio - Sono le 9.30 del mattino del 20 luglio, oggi è finito l’anno scolastico. Sono appena stati diffusi i risultati degli esami. Questo momento era atteso da giorni. La città è sommersa da fuochi d’artificio. I clacson attraversano le strade. Giovani festosi gioiscono. I genitori tirano un respiro di sollievo e soddisfazione. I knafeh sono pronti da mangiare. Pausa da ogni attività. È il tempo della speranza, della gioia, dei sogni realizzati e di quelli che verranno. La forza della cultura!

I mesi che verranno - Questa pagina è ancora tutta da scrivere. Non so cosa accadrà, ma se continueremo a tendere la mano alla flebile e audace speranza che malgrado tutto sopravvive, se continueremo ad interrogarci, anche a perturbarci, dinnanzi a tali vissuti allora, forse, potremo fare spazio ad una umanità - alla deriva - ma non del tutto scomparsa.