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di Francesca Borri

La Repubblica, 29 gennaio 2023

I giovani palestinesi seguono più i social che i leader storici. Così si rischia lo scontro totale. L’ultimo che ha sparato - ieri mattina, ferendo due israeliani, un padre e un figlio - aveva 13 anni. E quando leggerete queste righe forse sarà già il penultimo. Un tempo avrebbe girato un video con la kefiah in testa e la bandiera alle spalle. E avrebbe lasciato un messaggio al mondo. Invece ha lasciato un biglietto alla madre: e andando a scuola, è andato ad attaccare gli israeliani. Con 234 morti, il 2022 è stato l’anno più brutale dalla Seconda Intifada. E il 2023 è iniziato peggio. Con oltre un morto al giorno. Ma in realtà, quella che sta diventando la Terza Intifada non è cominciata così. Il primo dei morti è morto di leucemia.

Saleem Nawati era di Gaza, e aveva 16 anni quando il 26 dicembre 2021 è arrivato a Nablus per la chemioterapia, per cui Gaza non ha strutture. Ma gli è stato negato il ricovero. A Nablus, e poi, via via, in tutti gli altri ospedali. Mentre Hamas, che controlla Gaza, e Fatah, che controlla la Cisgiordania, battibeccavano su chi dovesse pagare il conto, gli sono passati davanti tre pazienti con amici altolocati nell’Autorità palestinese. È morto il 9 gennaio a Ramallah. Nel ministero della Sanità. Vicino al cantiere del Khaled al-Hassan, il nuovo centro tumori. Fermo per mancanza di fondi. O, più esattamente, per assenza di fondi: i primi 10 milioni di dollari stanziati sono spariti.

Poco dopo, a Nablus, Ibrahim al-Nabulsi ha fondato i Lions’ Den. La Fossa dei Leoni. Chiamando i suoi coetanei alla rivolta. Aveva 16 anni. È stato incenerito da un drone il 9 agosto. E ora i ragazzi di Nablus, M16 a tracolla, ti dicono: “Ma non è morto. Ibrahim sono io”.

Mentre tutta l’attenzione è per l’Ucraina, in Medio Oriente sono franati gli Accordi di Oslo, siglati da Rabin e Arafat nel 1993: con l’impegno a un’intesa definitiva entro cinque anni. I palestinesi sono tornati alle armi. A Nablus, a Jenin. A Gerusalemme. E questa volta, indipendentemente da Fatah e Hamas. Perché le ultime elezioni sono state nel 2006. Il mandato di Mahmoud Abbas, il presidente, è scaduto nel 2009. Ed è quella che ormai molti bollano come: la doppia occupazione.

E se a Ramallah non si vota mai, di là dal Muro si vota sempre: in Israele si è votato cinque volte in quattro anni. Benjamin Netanyahu è di nuovo primo ministro, ma ora la sua maggioranza dipende dai coloni, che dagli Accordi di Oslo sono tre volte di più, e dagli ultra-ortodossi, che hanno un tasso di crescita che è il doppio di quello nazionale, e sono già il 13 per cento della popolazione. Il neo ministro alla Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, fu esonerato dalla leva perché ritenuto troppo radicale. Troppo pericoloso.

Le manifestazioni oggi non sono più nella Cisgiordania. Sono a Tel Aviv. Al momento, tutto è possibile. L’escalation cercata dagli estremisti, ma anche l’opposto. Perché in concreto escalation significa la dissoluzione dell’Autorità palestinese. E cosa accadrebbe allora? La Cisgiordania ha 3 milioni di abitanti, Gaza 2 milioni: si avrebbero 5 milioni di palestinesi allo sbando. Gli israeliani sono 9 milioni: ma 2 milioni sono arabi israeliani. Si rischierebbe l’uno contro uno. Strada a strada. Perché poi il dato che più conta è un altro: l’età media dei palestinesi è 21 anni. Il 38% ha meno di 15 anni: questa è l’Intifada dei bambini.

Quali che siano gli obiettivi di chi è al potere, le analisi e le strategie, sul terreno ormai è un’altra storia. I coloni sono un po’ uno Stato nello Stato. E infatti, dopo l’attacco alla sinagoga, Netanyahu ha subito raccomandato agli israeliani di non farsi giustizia da soli. Mentre i palestinesi non seguono più Fatah o Hamas, o la Jihad Islamica, seguono Instagram. Seguono TikTok. I padri gli ricordano la Seconda Intifada, e lo squilibrio di forze, gli ricordano che i proiettili a stento graffiano i blindati: un M16 è cerbottana davanti agli F-35. Spari, e vieni sparato. Vieni ucciso. Tutto qui. Ma i figli passano le sere al cimitero, tra le tombe degli amici, e ti dicono solo: tanto, questa non è vita. Su Telegram, i Lions’ Den avevano 230mila follower, poi l’account è stato bloccato: più di Fatah e Hamas insieme.

Non che Fatah e Hamas siano fuori dai giochi, ovviamente - da dove arrivano le armi? Ma stanno dietro le quinte. Perché Mahmoud Abbas ha 87 anni: prima o poi verrà meno. Prima o poi, sarà la resa dei conti. E a ottobre Hamas, che durante la Primavera araba si è schierata con la Turchia, si è riconciliata con Assad: e cioè si è riallineata all’Iran. Il principale alleato della Russia in Medio Oriente. Sono gli effetti dell’Ucraina. Degli spazi di manovra aperti da Putin nel tentativo di creare un nuovo ordine internazionale. Un nuovo disordine internazionale. Perché poi, per ora, l’unica certezza è che chiunque, all’improvviso, può decidere che ne ha abbastanza. E fare fuoco. In cerca non della pace, ma di un like su Facebook.