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di Andrea Aversa

L’Unità, 29 settembre 2023

Intervista a Maurizio Turco, Partito Radicale. Deputato, eurodeputato, Tesoriere e poi Segretario del Partito Radicale. Una vita impegnata in politica e per le battaglie sui diritti umani e civili. Soprattutto, un’esistenza vissuta al fianco di Marco Pannella. Maurizio Turco ci ha rivelato alcuni aneddoti legati al rapporto tra lo storico leader radicale e il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Ha parlato di questo governo e dell’attuale scenario globale, spiegando quali sono le iniziative ‘radicali’ in corso,

“Le democrazie liberali più che in affanno sono in ritirata come in Afghanistan, o come l’ignobile abbandono delle giovani iraniane. Purtroppo i regimi autoritari riescono ad esercitare un certo fascino e un’egemonia economica. C’è un’emergenza mondiale legata al rispetto dei diritti umani e al governare le emergenze e le innovazioni globali. Soltanto un’unione federale degli stati democratici e liberali potrà risolverla” e poi, “In Italia c’è un sistema elettorale da regime, gestito da piccoli personaggi con le loro corti di amici”.

A dirlo al l’Unità è stato Maurizio Turco, Segretario del Partito Radicale Nonviolento Transpartito e Transnazionale. In occasione di questa intervista esclusiva, l’ex deputato ed europarlamentare ha ricordato come è nato il famoso discorso di Napolitano sulle carceri e rivolto al Parlamento. Con lui abbiamo parlato dell’attuale situazione politica, nazionale e globale, individuandone i punti critici ma anche le loro possibili soluzioni. La prospettiva e l’obiettivo sono sempre gli stessi, quelli che hanno motivato le battaglie di una vita: l’affermazione delle democrazie liberali e soprattutto il rispetto dei diritti umani.

In queste ore si sta celebrando Giorgio Napolitano qual è il tuo giudizio sull’uomo politico?

“È stato un comunista che nel corso della sua vita, personale e politica, ha riconosciuto in tempo che la democrazia è meglio. Ma non si è adeguato ed ha cercato di dare un contributo alle istituzioni italiane ed europee che non era scontato prevedere”.

Napolitano ha parlato alle camere una sola volta e lo ha fatto sul tema carceri. Che ricordo hai di quel periodo?

“Ho il ricordo di Marco Pannella che per quel messaggio alle Camere ha dovuto molto digiunare e dialogare. Alla fine non ha vinto Marco, vincere non è mai stato il suo obiettivo tattico, ma ha conquistato un segmento di verità di fronte all’ignavia di un parlamento che ignorava e continua ad ignorare la persistente violazione della Costituzione nelle carceri e la dignità degli esseri umani ristretti. Credo che il rispetto dei diritti dei detenuti sia innanzitutto il rispetto dei principi capitali condivisi: Stato di diritto, democrazia, laicità dello stato, diritti umani. Quando restano parole si calpestano questi principi, e inevitabilmente i principi sono altri e non li si rivendica perché giustamente se ne ha vergogna”.

Si dice che quel discorso fu praticamente scritto da Pannella che amava pungolarlo chiamandolo ‘Re Giorgio’ dai microfoni di Radio Radicale…

“Marco lo ha sicuramente ispirato e voluto fino a ottenerlo. Napolitano con quel messaggio alle Camere ha difeso la Costituzione, che è stata offesa da chi non lo ha ascoltato, da chi non ha dato seguito a questi suggerimenti di buongoverno, a partire da amnistia e indulto, praticamente la totalità del Parlamento con le solite eccezioni”.

Prima il Covid, poi la guerra in Ucraina ed oggi la palese la sfida tra potenze autoritarie (che sono in crescita) e potenze democratiche e liberali (che appaiono sempre più in affanno). Rispetto al tema dei diritti umani così caro al Partito Radicale che scenario stai vedendo?

“Le democrazie liberali sopravvivono a sé stesse e più che in affanno sono in ritirata come in Afghanistan, o come l’ignobile abbandono delle giovani iraniane. Più in generale, lasciare uomini e donne nelle mani violente di autocrati è un tradimento del principio dei diritti umani fondamentali ed universali, che si invocano per tutti e ovunque. Ma se chi li invoca poi non fa nulla, li tradisce. Sarebbe già qualcosa se le democrazie occidentali, liberali, atlantiche si unissero per far prevalere il rispetto dei diritti umani rispetto alla loro violazione, a cominciare dal riconoscere le violazioni che essi stessi compiono e fare di tutto per rimuoverle. Diciamo anche che le potenze democratiche e liberali rispetto al passato hanno molto meno appeal perché hanno molto di cui vergognarsi. E non basta dire che in Cina è peggio, in molte parti dell’Africa è peggio, la democrazia è il meglio per tutti non il meno peggio. Di fronte a questo quadro è indubbio che l’”ordine” cinese abbia un suo fascino, e tanti denari per rendersi fascinoso. Ma anche il Qatar, come abbiamo visto con lo scandalo scoppiato al Parlamento europeo. I grandi problemi del nostro tempo non si fermano davanti alle frontiere nazionali, i paesi democratici dovrebbero fare un passo avanti verso il federalismo non solo continentale. Pannella suggeriva un organismo politico, l’organizzazione mondiale della e delle democrazie per elaborare risposte comuni. E quindi partiti che avessero il connotato transnazionale e transpartitico. Ma la realpolitik chiama al potere non al rispetto dei principi fondamentali. All’inizio del ‘900 in diversi paesi europei, il fallimento dei governi di ispirazione democratico liberale - cioè la mancata realizzazione delle premesse e delle promesse - ebbe come conseguenza l’affermarsi di governi autoritari. Ci risiamo? Se non ci risiamo, siamo molto vicini. Quando l’Unione europea non ha la forza di espellere un paese membro il cui capo del Governo rivendica di aver fatto del suo paese una democrazia illiberale evidentemente la forma intergovernativa è fallimentare. E il federalismo ci appare l’unica via di tenere insieme diritto e diritti, cioè affermazione della libertà individuale”.

Dopo anni di governi tecnici, a causa di un sistema elettorale imbarazzante, è arrivato Draghi. Poi il centrodestra ha vinto le elezioni e sta governando la Meloni: come sta il ‘sistema - Italia’?

“In Italia, il sistema elettorale, a partire dalle condizioni di accesso alla vita politica, sia essa nazionale che europea, non è imbarazzante ma da regime. E se un tempo c’erano i grandi partiti a tenere le fila oggi ci sono i piccoli personaggi con le loro corti amicali o parentali a occupare il potere. Sono rare le personalità in grado di concepire politica, in genere si attardano a consumare l’esistente. Quel che fa specie è che chi ha dovuto vivere una vita di discriminazione politica, quando va al potere anziché dire ‘creiamo le condizioni affinché non accada più’ riproducono i peggiori comportamenti di chi li ha discriminati”.

In generale, che prospettive ci sono all’orizzonte sia in ambito nazionale che globale?

“Essendo ormai un mondo interconnesso è difficile distinguere il nazionale dal globale, proprio perché i grandi problemi da affrontare non si risolvono a livello nazionale, dai cambiamenti climatici all’immigrazione, alla povertà, a quello che accadrà con l’intelligenza artificiale, la robotica, la tecnologia che ha sempre meno bisogno dell’uomo per produrre. Non essendo in grado di governare questi problemi, mi sembra come se la democrazia liberale fosse finita nelle sabbie mobili inseguita da orde di famelici autocrati. La prospettiva non può che essere quella di unire politicamente i paesi che vogliono e sono liberali per affermare i diritti umani per tutti e ovunque. Soprattutto per coloro che non sanno nemmeno di avere dei diritti inalienabili”.

Come sta il Partito Radicale, quali sono le iniziative politiche che avete messo in gioco?

“Qualcuno si era illuso che con la scomparsa di Marco Pannella sarebbe finita la conventio ad excludendum nei confronti del Partito Radicale. È evidente ed è sotto gli occhi di tutti che così non è stato. Credo che questo accada perché il regime ha paura che il solo nominare il Partito Radicale, aldilà del perché lo si nomina, possa far ricordare quello che poteva essere e non è stato questo paese. Vorrei solo ricordare che le uniche riforme sociali fatte in questo paese sono opera di convincimento del paese e della classe politica da parte di Marco Pannella nel e con il Partito Radicale. Con il divorzio abbiamo non solo sconfitto una classe politico clerico-fascista ma abbiamo soprattutto fatto emergere che esisteva una società, dei cittadini che non ne potevano più dell’ipocrisia democristiana e della lingua biforcuta comunista. Non c’è più la DC e il PCI, però c’è ancora il Vaticano, c’è ancora una burocrazia improntata ad un passato che non passa. E c’è una classe politica senza spina dorsale. Vorrei ricordare che dal nostro piccolo perché sconosciuto avamposto siamo riusciti a condurre insieme alla Lega un referendum sulla giustizia e a portare al voto 7 milioni di italiani e che chi ha votato sì lo ha fatto su tutti i quesiti, con scorno di chi affermava con sicurezza che due non ce l’avrebbero fatta ad avere la maggioranza dei votanti. C’è un paese che loro non conoscono, dobbiamo trovare tempo, forma e denari per farlo emergere. Sarà una sorpresa, come per il divorzio. Per questo, dal 3 al 5 novembre a Roma, presso l’Hotel Palatino in Via Cavour, terremo il nostro congresso, al quale possono partecipare tutti gli iscritti, cioè tutti coloro che hanno deciso di iscriversi, perché al Partito Radicale si può iscrivere chiunque e nessuno può essere espulso. E ci si iscrive per un anno. Con questo metodo abbiamo evitato incrostazioni burocratiche e fatto vivere la libertà di ciascuno. E infine si vota e si costruisce l’alternativa. Questa è la nostra alterità rispetto agli altri. Tutti, ma proprio tutti”.