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di Francesca Sforza

 

La Stampa, 28 luglio 2018

 

Parla l'ex Guardasigilli: se c'è rispetto della legalità, c'è anche più crescita. Combattere le diseguaglianze, questa è la sfida che si sta giocando in Occidente, dall'America che ha votato Donald Trump alla Gran Bretagna che ha scelto Brexit, fino agli appelli sovranisti che risuonano in tutti i paesi europei. La risposta può venire dalla giustizia economica?

Stando alle analisi che dalle cattedre di Economic Justice, nei paesi anglosassoni, si trasformano in progetti politici e nuovi posti di lavoro sembrerebbe di sì. Noi lo abbiamo chiesto a Paola Severino, avvocata, Ministra della Giustizia con il governo Monti, vicepresidente della Luiss di Roma, "soprattutto insegnante".

 

Paola Severino, in che senso giustizia ed economia, insieme, possono creare una società più equa?

"Se guardiamo al disagio che attraversa le classi sociali credo che dobbiamo in primo luogo partire dai giovani: cosa vogliono? Cosa chiedono? L'esperienza sul campo mi dice che tra loro serpeggia, fortissimo, un desiderio di legalità".

 

In che senso?

"Ricordo un seminario sulla legalità organizzato a Santa Maria Capua Vetere. Ero convinta che non ci sarebbe stato nessuno, e invece trovai oltre mille persone sedute e altre in piedi. Tutti ragazzi che non solo erano interessati, ma che vedevano nella legalità una possibilità di crescita e riscatto sociale. Ne è nato un progetto, con un corso, un premio e dei fondi che quest'anno sono stati raddoppiati. L'idea di fondo è semplice: se c'è rispetto della legalità c'è più giustizia sociale e più crescita economica".

 

Tra le misure che il governo sta mettendo a punto per ridurre le disparità ci sono flat tax e reddito di cittadinanza. Secondo lei possono funzionare?

"Non entro nel merito di provvedimenti che ancora non sono definiti, ma ritengo che se queste misure si accompagnassero a specifiche misure di equità fiscale sarebbero più efficaci".

 

Intende dire che il perseguimento dell'evasione non è sufficiente?

"Sono convinta che una giustizia incapace di contrastare l'evasione fiscale non consenta una ridistribuzione equa tra le classi e tra le generazioni, e quindi, di nuovo, blocchi la crescita. Proprio per questo ritengo che, accanto a severe sanzioni e ad investigazioni approfondite, si debba creare, a monte, un conflitto di interessi tra venditori ed acquirenti".

 

Come diceva Adam Smith, "Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla considerazione che questi hanno per il proprio interesse personale". L'insegnamento di uno dei padri della giustizia economica è ancora attuale?

"Sì, aumentare il numero delle spese detraibili significa disinnescare il sistema per cui l'elettricista preferisce essere pagato in nero e il cliente non ha alcun interesse a impedirglielo. Gli esempi positivi si hanno con le assicurazioni: oggi chiedere ed ottenere una fattura da un medico rappresenta, fortunatamente, la regola. Ecco un altro esempio in cui giustizia ed economia, insieme, possono innescare circoli virtuosi".

 

E poi c'è la corruzione, grande malattia dell'economia italiana. Da dove aggredirla?

"Gli effetti della corruzione sull'economia sono devastanti: un'impresa che corrompe danneggia l'impresa che concorre in modo leale, così come un cittadino che ha diritto a ottenere un certo posto o un certo impiego viene danneggiato da chi lo ottiene in cambio di un favore o di una tangente".

 

Un problema culturale o politico?

"Sono convinta che occorra una rivoluzione culturale: bisogna insegnare a pensare fin da giovanissimi che chi corrompe non è più furbo, non è migliore. L'insegnamento di legalità nelle scuole è prioritario e può produrre risultati incredibili: guardiamo quello che è successo in Armenia, dove le proteste dei giovani al grido di "Via la corruzione" hanno rovesciato il governo".

 

E la politica?

"Quando lasciai il Parlamento con la nuova legge anticorruzione, non nascosi la mia soddisfazione per un provvedimento che rispondeva anche a quanto ci veniva chiesto dall'Unione Europea, ma ricordo che mancava ancora un tassello: la regolamentazione del lobbismo".

 

Perché è così importante?

"Di nuovo è una variante dell'interazione virtuosa tra giustizia ed economia. Se un pubblico ufficiale riceve persone che trasparentemente documentano il motivo della loro visita, il limite tra lobbismo lecito e il traffico di influenze illecite sarebbe più chiaramente tracciabile. Il lobbismo diventa così un'attività legittima e trasparente, non l'anticamera di una possibile corruzione. Non è difficile, avevo anche preparato una bozza di progetto, che non si fece in tempo a far votare dal Parlamento".

 

E per le opere pubbliche o i grandi eventi?

"La prevenzione resta importante: più che nuove leggi, occorrono buoni monitoraggi sulla legalità dei mezzi che vengono usati". Che ruolo gioca secondo lei l'invidia sociale nel meccanismo della crescita economica? "L'invidia sociale c'è sempre stata, oggi la si manifesta di più, anche attraverso i social.