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di Francesco Damato

Il Dubbio, 9 aprile 2024

Recidivo probabilmente nella “bestemmia” attribuitami di recente da un navigante internettiano per avere io dissentito da una delle ormai frequenti interviste del Papa, sono rimasto meno felicemente sorpreso o compiaciuto del suo interlocutore Fabio Fazio, sulla 9, o Nove in lettere, sentendolo riproporre l’Inferno “vuoto”. Anche se questa volta, in verità, dichiaratamente “immaginato”, e non garantito. Con tutto quello che accade nel mondo, e che tanto addolora primo fra tutti lo stesso Papa, rimasto senza parole durate l’ultima messa di Pasqua, preferendo il silenzio all’omelia assegnatagli dalla liturgia, Francesco ha voluto essere più misericordioso dello stesso Cristo, o Dio, misericordiosissimo al quale si ispira come rappresentante in terra.

Una terra, sempre al minuscolo per come l’abbiamo ridotta noi che l’abitiamo, sulla quale alcuni malvagi arrivati finalmente alla morte potrebbero farla franca all’aldilà - direbbe Pier Camillo Davigo ripetendo la rappresentazione ch’egli solitamente fa degli assolti- e altri che tardano a lasciarla continuando le guerre che hanno cominciato, o aggravandole, o cominciandone di nuove, potrebbero o dovrebbero cavarsela con un perdòno liberatorio. Potrei paragonare il Papa ad un utopistico ministro della Giustizia - una volta anche di Grazia, oltre che di Giustizia- che non vede l’ora di svuotare le carceri, visto anche che sono sovraffollate, o di chiuderle, o di abbatterle senza neppure farne dei musei a memoria della cattiveria di chi vi era finito dentro o ve li aveva mandati persino da innocenti.

Ma riconosco, per quel po’ di fede che ancora rivendico da bestemmiatore occasionale, che sarebbe riduttivo per un Pontefice essere assimilato ad un Guardasigilli, anche se di nostro Signore, e non della nostra premier, signora Giorgia Meloni, com’è più modestamente Carlo Nordio.

Che a carceri, non avendone a sufficienza per sistemarvi meno scomodamente quelli che vi mandano i giudici per scontare le condanne definitive, o vi spingono i pubblici ministeri già durante le indagini, in attesa anche solo di un rinvio a giudizio, cerca di trasformare un po’ di caserme abbandonate. E pensare che, nonostante questo gran daffare di Nordio e della sua premier, l’uno e l’altra tuttavia abbinati al vice presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, si sono appena guadagnati sul Foglio una strigliata dell’esigentissimo direttore Claudio Cerasa con un editoriale dal titolo che potrebbe bastare ed avanzare per darvi un’idea del contenuto: “I messaggi sbagliati di questa destra law and disorder”. Ma io voglio anche offrirvene testualmente la parte conclusiva, comprensiva della ciliegia con la quale Cerasa si firma come il fondatore Giuliano Ferrara con l’elefantino rosso: “Da quando si è insediato, il governo Meloni ha scelto di correggersi su molti fronti ma non su uno: la volontà di mostrarsi agli elettori come una destra che si trova all’opposto del famoso modello law and order. Law and order sapete cosa vuol dire: avere a cuore le leggi e fare di tutto per applicare quelle leggi per mantenere un ordine nel paese. La destra modello Meloni (e Salvini) ha scelto invece di modificare questo approccio e si è riscoperta ancora una volta lontana dal modello law and order e vicina al modello law and disorder”.

E questo magari, almeno a sentire gli ultimi strepiti delle opposizioni non tutte e non sempre affini agli umori del Foglio, per quei modesti abusi, o disordini, edilizi - tra soppalchi e terrazzini chiusi- che Salvini vorrebbe sanare, neppure gratuitamente, per restituire le relative abitazioni al mercato. Dove i notai non possono redigere contratti né di vendita né di acquisto. Che esagerazione. Qui siano oltre l’utopia dalla quale è cominciato tutto il mio ragionamento.