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di Iacopo Scaramuzzi

La Repubblica, 26 maggio 2023

Scontare la pena può diventare per un detenuto occasione per “cominciare una vita nuova” e la comunità cristiana “è provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza”. Lo ha sottolineato papa Francesco in un passaggio del discorso che ha rivolto ai referenti diocesani del cammino sinodale italiano, che ha incoraggiato a non avere paura del “disordine” innescato dalle discussioni in corso.

L’incontro, allargato ai vescovi italiani, è il secondo con la conferenza episcopale italiana, dopo quello di lunedì, in occasione dell’assemblea generale della Cei che si conclude oggi con una conferenza stampa del cardinale presidente Matteo Zuppi. Il percorso sinodale italiano, avviato nel 2021 con un biennio di ascolto (la fase “narrativa”), entra ora in una fase più propositiva, “sapienziale”. Stanno emergendo, nel corso del dibattito, idee innovative, tese a dare ad esempio potestà deliberativa ai consigli pastorali o ad affidare ai laici, e in particolare alle donne, il ruolo di referenti parrocchiali, ma fioccano anche le resistenze e gli scetticismi, tra i vescovi, tra i sacerdoti e anche tra alcuni laici.

Sinodo, “superare resistenze e preoccupazioni” - Il Papa ha esortato la Chiesa italiana a superare “resistenze e preoccupazioni” sul percorso sinodale, ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento dei sacerdoti e dei laici e si è poi soffermato “sulle esperienze di emarginazione”. “Mi ha colpito”, ha raccontato, “la domanda del cappellano di un carcere italiano, che mi chiedeva come far sì che l’esperienza sinodale vissuta in una casa circondariale possa poi trovare un seguito di accoglienza nelle comunità”. La Chiesa, ha detto Francesco, deve essere “inquieta nelle inquietudini del nostro tempo. Siamo chiamati a raccogliere le inquietudini della storia e a lasciarcene interrogare, a portarle davanti a Dio, a immergerle nella Pasqua di Cristo.

Formare dei gruppi sinodali nelle carceri vuol dire mettersi in ascolto di un’umanità ferita, ma, nel contempo, bisognosa di redenzione. Per un detenuto, scontare la pena può diventare occasione per fare esperienza del volto misericordioso di Dio, e così - ha rimarcato Bergoglio - cominciare una vita nuova. E la comunità cristiana è provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza, e spezzare con loro il pane della Parola di Dio. Questo è un esempio di inquietudine buona, che voi mi avete dato; e potrei citarne tanti altri: esperienze di una Chiesa che accoglie le sfide del nostro tempo, che sa uscire verso tutti per annunciare la gioia del Vangelo”.

Il “casino” argentino: lo fa lo Spirito - Francesco ha auspicato una Chiesa “aperta”, ha denunciato il rischio che nelle parrocchie, nelle comunità religiose e nelle curie si insinui “una sorta di neoclericalismo di difesa”, anche tra i laici, ed ha auspicato che nella Chiesa “possono trovare posto quanti ancora faticano a vedere riconosciuta la loro presenza, quanti non hanno voce, coloro le cui voci sono coperte se non zittite o ignorate, coloro che si sentono inadeguati, magari perché hanno percorsi di vita difficili o complessi. E tante volte sono scomunicati a priori”.

“Dovremmo domandarci - ha detto - quanto facciamo spazio e quanto ascoltiamo realmente nelle nostre comunità le voci dei giovani, delle donne, dei poveri, di coloro che sono delusi, di chi nella vita è stato ferito, chi - ha sottolineato - è arrabbiato con la Chiesa. Fino a quando la loro presenza resterà una nota sporadica nel complesso della vita ecclesiale, la Chiesa non sarà sinodale, sarà una Chiesa di pochi”. Il Papa, inoltre, ha espresso l’auspicio che la Chiesa “continui a camminare”: “Una Chiesa appesantita dalle strutture, dalla burocrazia, dal formalismo - ha detto - faticherà a camminare nella storia, al passo dello Spirito, incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo”.

Accomiatandosi dai vescovi e dai referenti sinodali, Francesco ha raccontato quanto gli era successo arrivando, quando un sacerdote, Tonio Dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi che Bergoglio conosce dai tempi di Buenos Aires, lo ha salutato dicendogli: “Que Dios lo bendiga en este quilombo”, con un’espressione argentina che si potrebbe tradurre: “Che Dio la benedica in questo casino”.

“Uno di voi”, ha detto Bergoglio suscitando le risate dei presenti, “ha usato un’espressione molto argentina che non oso ripetere perché è un po’... ma ha una bella traduzione italiana che forse lui dirà. Una cosa disordinata... pensate a cosa è successo la mattina di Pentecoste (quando, nella tradizione cristiana, lo Spirito scende sui discepoli di Gesù dopo la risurrezione, ndr.): quella mattina di Pentecoste era peggio! E chi ha provocato quel peggio? Lo Spirito! Che è bravo a fare disordine, a muovere, ma lo stesso Spirito ha poi fatto l’armonia. Non bisogna avere paura del disordine fatto dallo spirito, affidiamoci allo Spirito santo, lui fa il disordine ed è capace di fare armonia”. E lasciando l’aula Paolo VI, dove si è svolto l’incontro, Bergoglio, incrociando di nuovo don Dell’Olio, gli ha detto: “Ora tocca a te spiegare!”.