sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Dario Ferrara

Italia Oggi, 19 marzo 2023

Anche chi patteggia è candidabile. Grazie alla riforma Cartabia chi ha concordato la pena col pm può presentarsi alle prossime elezioni. A condizione, tuttavia, che non vi siano pene accessorie, il che avveniva già prima sotto i due anni e che adesso può avvenire anche sopra con l’eventuale accordo fra pubblico ministero e imputato.

Il tutto perché il comma 1 bis dell’articolo 445 Cpp, così come novellato dal decreto legislativo 150/22, ha ridotto gli effetti extrapenali della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex articolo 444 Cpp: si configura una “abrogazione tacita” dell’incandidabilità prevista dalla legge Severino. Lo conferma lo stesso Viminale, dipartimento Territorio e autonomie locali, in un parere del 13 marzo 2023 che riporta anche l’interpretazione dell’avvocatura generale dello Stato.

Nessuna punizione - La novella prevede che se nel patteggiamento “non sono applicate pene accessorie”, ad esempio l’interdizione dai pubblici uffici, “non producono effetti le disposizioni di leggi, diverse da quella penale, che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444 comma secondo, Cpp alla sentenza di condanna”.

È l’articolo 15, comma primo, del decreto legislativo 235/12, attuativo della legge 190/12, la Severino, a stabilire che “l’incandidabilità di cui al presente testo unico opera anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l’applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 Cpp”. Il ministero dell’Interno si rivolge allora all’avvocatura generale dello Stato. Secondo l’organo di difesa erariale dal dato testuale del nuovo articolo 445 Cpp si ricava che, salvo il caso di applicazione di pene accessorie, non si applicano più tutte le disposizioni legislative non qualificabili come penali che equiparano il patteggiamento alla sentenza di condanna il tutto dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma Cartabia. Le misure previste dalla legge Severino, d’altronde, non hanno natura penale: lo certifica la Corte costituzionale nelle sentenze 230/21 e 276/16, escludendone lo “scopo punitivo” sul rilievo che sono state introdotte nell’ordinamento nazionale per assicurare il buon andamento e la trasparenza della pubblica amministrazione, oltre che delle assemblee elettive, e arginare l’infiltrazione criminale nella pubblica amministrazione. Idem vale per la Corte europea dei diritti umani nella sentenza pubblicata il 17 giugno 2021.

Senza effetti - Un chiarimento in tal senso arriva dalla stessa relazione illustrativa del decreto legislativo 150/22, secondo cui “per effetti penali si intendono tutti quegli automatismi discendenti ope legis (dunque per effetto di una norma di legge, ndr) da una sentenza irrevocabile di condanna o di patteggiamento secondo una miriade di ipotesi previste dalle leggi speciali” secondo la relazione, la formulazione della novella “ha il vantaggio per cui non vi è necessità di intervenire su tali leggi speciali, che restano in vigore e continuano ad applicarsi ogni volta che alla sentenza di patteggiamento verranno ricollegate pene accessorie”.

La riforma Cartabia, fra l’altro, stabilisce l’irrilevanza probatoria della sentenza di patteggiamento in ogni procedimento giurisdizionale diverso da quello penale: quindi davanti al giudice civile, amministrativo, tributario e alla Corte dei conti, quando il fatto storico oggetto del provvedimento può avere rilevanza in quelle sedi. Insomma: secondo l’avvocatura dello Stato l’incandidabilità della legge Severino non produce più effetti e tutti i soggetti che hanno patteggiato la condanna senza pene accessorie possono così “concorrere alle prossime elezioni”.