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di Andrea Barsanti

romatoday.it, 17 marzo 2023

Eletta dall’assemblea capitolina, Valentina Calderone prende il posto di Gabriella Stramaccioni. Ecco i temi su cui si troverà a lavorare. I primi appuntamenti sono già segnati in agenda: fresca di nomina come garante dei diritti delle persone private della libertà personale, Valentina Calderone visiterà le carceri romane incontrando direttori e direttrici. Poi si metterà al lavoro con l’assessorato di Andrea Catarci sul tema delle residenze per le persone straniere, con l’obiettivo di uniformare la normativa e istituire dei veri e propri sportelli all’interno degli istituti per garantirne i diritti.

“Senza una residenza tanti diritti sono negati o non è possibile esercitarli - sottolinea Calderone a RomaToday - ed è per questo che, anche sulla base del parere del garante nazionale, lavoreremo ad atti di indirizzo per i Municipi interessati”. La questione è delicata, una delle tante che Calderone, direttrice dell’associazione A Buon Diritto e in passato collaboratrice della Commissione per la promozione e la tutela dei diritti umani del Senato, si troverà ad affrontare nel corso del mandato come garante per i diritti dei detenuti.

Trentanove anni, laureata in economia a Roma Tre, Calderone dal 2013 è direttrice della onlus presieduta da Luigi Manconi. Nel corso degli anni, con A Buon Diritto ha partecipato ai lavori della campagna Stop Opg, coordinato uno sportello di ascolto sociale all’interno del Centro di permanenza per i rimpatri di Ponte Galeria e promosso la campagna per l’abolizione della contenzione meccanica in psichiatria. Il 14 marzo, con 25 voti, è stata eletta dall’Assemblea Capitolina garante delle persone private della libertà personale di Roma Capitale, per la prima volta dall’istituzione della figura, nel 2003. “La procedura di nomina è sempre stata diretta da parte del sindaco - conferma - nei mesi scorsi è stato cambiato il regolamento, e la nomina è diventata un’elezione da parte dell’Assemblea Capitolina, cosa che valorizza la collegialità della decisione e ovviamente tutela anche l’indipendenza della figura, che è istituzionale ma deve poi operare in autonomia”.

Dottoressa Calderone, quali sono le funzioni che eserciterà come garante?

I compiti sono molto vari. Ciò cui si pensa subito, quando si parla del mio ruolo, è che ci si occupi solo di questioni carcerarie, ma il garante ha la funzione di assicurare il rispetto dei diritti di tutte le persone che sono in ogni caso private della libertà, e le modalità in cui può accadere sono moltissime: i centri di permanenza per il rimpatrio, i servizi psichiatrici di diagnosi e cura dove vengono portate le persone in trattamento sanitario obbligatorio, gli istituti penali per i minorenni. Poi ci sono le ispezioni in caserme, posti di polizia e in generale in ogni luogo in cui si può trattenere legalmente una persona. C’è poi la parte che riguarda la promozione in generale della cultura dei diritti, e il compito di spiegare alla cittadinanza quello che avviene intorno a questi luoghi e alle questioni della privazione della libertà. Il garante ha il compito di lavorare con assessorati e istituti comunali per creare servizi strutturati finanziati che ruotano intorno alle persone che in questi posti vivono e da cui dovranno uscire, ed è molto importante un confronto costante in questo senso con l’area sanitaria e i servizi sociali. Non si tratta soltanto della garanzia di una singola persona, ma di un intero sistema.

Quando si parla di carceri e istituti di pena vengono in mente due macro-problematiche: il sovraffollamento e i suicidi. Qual è il suo approccio alle due questioni?

Quella dei suicidi in carcere è una questione fondamentale. Il 2022 si è chiuso con il più alto numero di suicidi dal 2000, anno in cui si è iniziato a tenerne conto. Da questo conto sono derivati protocolli di prevenzione, un intervento normativo che ha coinvolto anche le Asl. Negli ultimi 23 anni sono state apportate moltissime modifiche per provare a rilevare i momenti peggiori o di maggiore fragilità, come il primo ingresso, le notizie dal punto di vista giudiziario, come per esempio una condanna, o dal mondo esterno, cose cioè che succedono ai familiari fuori e cui, dal carcere, non si riesce a rispondere o a reagire. In questo momento c’è, a mio parere, anche la questione della gestione della pandemia e le difficoltà aggiuntive che ha comportato. Il mio compito è anche collaborare per valutare e vedere in che modo si possano abbassare i numeri, se vi siano carenze e in che modo si possa prevenire questi eventi.

E sul fronte del sovraffollamento delle carceri?

Il Lazio è tra le regioni più sovraffollate e tra quelle con maggiore percentuale di persone straniere, quindi il tema interessa moltissimo Roma. Ovviamente la soluzione non può e non potrà mai essere costruire nuove carceri, ma la chiave è semmai provare a rendere ancora più funzionali tutte le modalità che portano le persone a starne fuori. Il tema si intreccia saldamente con quello delle persone straniere: è fondamentale dotarsi di maggiori strumenti anche per ricorrere alla detenzione domiciliare. Gli stranieri senza documenti o famiglia che li possa ospitare non possono esercitare i loro diritti, ed è importante potenziare le possibilità esterne, che vanno fornite dalle istituzioni e dai servizi per far sì che anche chi ha uno svantaggio dal punto di vista delle relazioni familiari venga supportato. Su questo lavoreremo con l’Assemblea Capitolina: più si riesce a creare possibilità che siano vere alternative di trattamento, più si contribuisce a risolvere il problema del sovraffollamento.

A proposito di regimi carcerari e pene detentive, impossibile non fare un accenno al caso di Alfredo Colpito. Roma è diventata una piazza estremamente significativa per le proteste contro il 41 bis...

Mi auguro a titolo personale che questo sia un caso che possa lasciare il segno. Auspico che si possa parlare delle grandissime questioni che Cospito ha sollevato non in modo ideologico, ma costruttivo. Cospito, con il suo sciopero della fame, punta i fari non solo sulla sua condizione, ma anche sulla contestazione di due regimi che dovrebbero essere rivisti, l’ergastolo ostativo e il 41 bis. Per noi operatori è un’occasione per poterne finalmente parlare, e ci piacerebbe farlo in modo un po’ più sereno. Se è in pericolo la sua vita le due cose dovrebbero essere necessariamente disgiunte. Personalmente ritengo che sia stata spropositata la decisione del 41 bis a monte, questa è una questione che ha qualcosa che non funziona, ma il sistema generale dovrebbe essere aggiornato, e bisognerebbe provare ad avere la lucidità di parlarne e di mettere in discussione istituti che hanno preso una deriva molto lontana dagli obiettivi che avevano in origine.