sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Armando Spataro

La Stampa, 28 luglio 2023

Le parole del Capo dello Stato rappresentano un movimento d’aria fresca e pulita sui rapporti tra organi costituzionali e sul rispetto delle reciproche competenze. Grazie alla Cerimonia del Ventaglio, “sventolato” in alto dal Presidente Mattarella, un movimento d’aria fresca e pulita va diffondendosi in Italia: speriamo non si ritiri ed aiuti tutti a respirare.

Il Capo dello Stato, nel salutare la stampa prima della pausa estiva, ha toccato alcuni dei temi oggetto delle più accese e recenti discussioni che dividono il nostro Paese: dalla necessità di un’informazione libera ed indipendente (capace, anche grazie alle moderne tecnologie, di accertare la verità dei fatti di cui dà notizia) all’immigrazione di decine di migliaia di disperati (cui, in nome della solidarietà e delle convenzioni internazionali, deve essere assicurata una vita dignitosa, grazie anche al coinvolgimento dell’Unione Europea), dall’impegno a salvaguardia dell’ambiente (citando la straordinaria forza d’animo di chi ha spalato il fango ed aiutato le persone colpite) all’aggressione della Federazione russa all’Ucraina (un tema che ha visto diffondersi ipocrisia e falsità)

Ma importanti parole sono state riservate anche ai rapporti tra i tre poteri dello Stato ed al dovere di rispetto delle reciproche competenze tra Parlamento e Magistratura. È forse questo il tema in cui, presumibilmente, si manifesteranno opposte e strumentali interpretazioni del pensiero di Mattarella, un rischio in cui spera di non incorrere chi scrive.

Già il mero tentativo di commento delle parole di un Presidente della Repubblica potrebbe apparire inopportuno, ma questa è la ragione per cui è utile partire da alcune frasi con cui il Capo dello Stato ha chiuso il proprio intervento: “la Costituzione - a 75 anni dalla sua entrata in vigore - è la guida del nostro agire, fissando principi, valori irrinunziabili, diritti inviolabili… è un patrimonio comune che si è arricchito nel tempo grazie a una larga condivisione. È l’architrave dell’ordinamento giuridico che sostiene il nostro modello sociale”.

Dunque, come si studia sin dalle scuole medie inferiori, è assolutamente ineludibile che ogni potere dello Stato agisca entro l’ambito delle competenze che la Costituzione gli attribuisce e che - in particolare - il Governo ed il Parlamento non pensino di poter agire come poteri sovraordinati alla Magistratura: in proposito come dimenticare che, in epoca berlusconiana, nel 2011, due ex ministri della giustizia (Alfano e Castelli) teorizzarono in TV che “Il nostro diritto prevede due poteri e un ordine, che è quello della magistratura”, mentre il loro leader politico palesava la propria meraviglia per il fatto che “un magistrato, semplice funzionario dello Stato, vincitore di un pubblico concorso, potesse incriminare ed eventualmente condannare chi, eletto dal popolo, è legittimato a governare il Paese”. Sono concezioni dei rapporti tra poteri che devono essere cancellate dagli spazi di discussione politica (non dalla nostra memoria), senza che ciò significhi divieto di criticare civilmente - e non in modo delegittimante - sentenze ed iniziative dell’ Autorità Giudiziaria, così come a questa non può non essere consentita una corretta interlocuzione tecnica su iniziative legislative in discussione e di competenza del Parlamento: nessun Capo dello Stato ha mai criticato il CSM o l’ANM o singoli magistrati per tale ragione.

È doveroso, però, che anche la Magistratura abbia sempre presente quali sono i suoi compiti, che ruotano, anche quanto alla metodologia investigativa, attorno alla ricerca della verità, evitando forzature ed ignorando eventuali pressioni di diverso segno o insofferenze della politica o spinte populistiche. Né le competono, sia ben chiaro, la moralizzazione della società e la scrittura della storia nazionale, che possono solo essere conseguenza del loro operato secondo legge.

Ma se soltanto alla Magistratura spetta giudicare secondo Costituzione, come è possibile - andando al passato - che sia stata approvata nell’ottobre del 2001 la legge sulle rogatorie internazionali per superare la decisione di un Tribunale sulla possibilità di valutare prove sgradite all’imputato e che il 5 dicembre dello stesso anno il Senato approvasse, a maggioranza, una mozione in cui si denunciavano riunioni clandestine tra giudici e pm per trovare il modo di violare la predetta legge sulle rogatorie, bocciando l’interpretazione che ne era stata data dai collegi giudicanti milanesi (lo ha ricordato Edmondo Bruti Liberati ieri su questo giornale)?

Tempi andati? Certo, ma qualcuno vorrebbe che ritornassero. Assistiamo anche ad altri strappi dei principi costituzionali, come quello di proporre e promuovere azioni disciplinari per decisioni che, pur non incorrendo in violazioni di legge, non sono condivise da componenti dell’Esecutivo.

E perché, poi, promuovere commissioni di inchiesta politica allo scopo non di arricchire per tutti i cittadini gli elementi di conoscenza su fatti rilevanti, ma per sovrapporne le conclusioni ai giudizi della Magistratura?

Ed ancora, se la nostra Costituzione prevede (art.10) che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”, come è possibile - visto ciò che afferma l’Europa e le convenzioni sovranazionali - pensare di abolire il reato di abuso d’ufficio o di chiudere i porti alle navi che soccorrono i migranti naufraghi o di prevedere un permesso “ad hoc” perché una nave che abbia effettuato un salvataggio in mare possa effettuarne un altro mentre si dirige verso un luogo di approdo? E come è accettabile che la stessa maggioranza politica, a seconda dei casi, attacchi i pm accusandoli di muoversi per finalità politiche o i giudici rei di non essersi conformati alle richieste dei pm?

Molto altro potrebbe essere detto, ma è bene chiudere, da un lato, citando altre parole del Presidente Mattarella secondo cui “Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento, usato parallelamente o, peggio, in conflitto con l’azione della Magistratura” mentre “È una doverosa esigenza quella della normale e virtuosa logica della collaborazione istituzionale”, secondo cui “Ciascuno deve fare la parte propria!” Dall’altro, bisogna augurare che il ventaglio usato dal Capo dello Stato, ancora una volta da ringraziare, continui a funzionare e rinfreschi tutti noi: lo fa meglio di un condizionatore d’aria di massima potenza.